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Paolo Cacciari
"Farsi" una crociera a Veneza
23 Settembre 2013
Venezia e la Laguna
Partecipando con Paolo alla manifestazione contro le Grandinavi mi ha interessato molto una sua riflessione che andsva oltre oltre l’eventoe il tema. Gli ho chiesto di scrivere un pezzo. Eccolo. Per sconfiggere i mostri è necessarioun lavoro di lunga lena, a partire dalle teste.

Partecipando con Paolo alla manifestazione contro le Grandinavi mi ha interessato molto una sua riflessione che andsva oltre oltre l’eventoe il tema. Gli ho chiesto di scrivere un pezzo. Eccolo. Per sconfiggere i mostri è necessarioun lavoro di lunga lena, a partire dalle teste.

Sono stato dentro una “grande nave” solo una volta, più di dieci anni fa, alla Fincantieri di Marghera in occasione del varo di un nave da crociera della Disney. Mi impressionò il kitsch degli arredi. Davvero inimmaginabili. Il Titanic al confronto era un esempio di sobrietà. Lampadari finti Murano anche nei bagni, specchi e quadri ad olio fatti a mano in serie con cornici massicce d’oro, maniglie, cerniere, passamani, viti… d’ottone in ogni dove, moquette blu, arancio, gialle con esplosioni di disegni floreali. Palestre fitness con biciclette con vista sul mare. Saune stile Trentino con legno di plastica. Cinema, teatrino, negozi. Ma soprattutto slot machine dappertutto. Mi spiegarono che una grande nave ha due gioielli: uno è il casinò (due, tre, quattro a seconda della grandezza della nave), l’altro la sala comandi di sicurezza, collocata in un caveau inaccessibile ed inespugnabile nel ventre basso della nave, che entra automaticamente in funzione in caso di attacco terroristico.

Non si va in crociera, si “fanno”. Ascoltate le conversazioni tra i frequentatori: “Quest’anno ho fatto Istanbul e Cairo”. “Io invece ho fatto Algeria e Marocco”. “Il prossimo anno mi faccio le Maldive”. Non si va in un luogo. Non si visita una città. Non si viaggia. Ci “si fa” un viaggio. Lo si compra in agenzia, lo si colleziona e lo si confronta con quello dell’anno precedente: con quale compagnia si mangia meglio, c’é gente migliore, ci si diverte di più. Lo scopo è stare in una nave più giorni possibile spendendo di meno. La nave è un parco divertimenti galleggiante da frequentare in famiglia, con gli amici o da soli in cerca di avventure.

In una delle ultime manifestazioni del comitato contro le Grandi navi abbiamo cercato di bloccare gli accessi alla Marittima. C’era da avere più paura dei crocieristi inferociti che arrivavano al Tronchetto da Piazzale Roma e dalla Stazione trascinandosi dietro valige, bambini e nonni, che non della polizia. Avevano paura di arrivare tardi all’orario dell’imbarco.

Ho avuto allora la precisa sensazione che la battaglia contro le grandi navi (che vorrei fuori dal Bacino di San Marco, dalla Laguna, dall’Adriatico e da ogni mare) fosse perduta in partenza. Come quella contro la droga, il gioco d’azzardo o la prostituzione. Inutile sperare di eliminare gli spacciatori, i biscazzieri o i procacciatori di schiave sessuali fino a quando esisterà – in un mondo dominato dal libero gioco del mercato – una domanda incontenibile di questo tipo di “beni e servizi”.

Anche nel nostro caso, la questione giusta da porsi è allora questa: cosa spinge centinaia di migliaia di persone a spendere tutti i sudati risparmi di un anno per fare una crociera su una supernave? Cosa ci trovano tante brave e comuni persone in quel tipo di “vacanze”? Quali modelli culturali e comportamentali colonizzano le menti del consumatore di crociere? Chi e come riescono ad indurre simili gusti e preferenze “di massa”? Io credo che l’origine di tutto ci sia la televisione. (Ricordate che una delle campagne elettorali di Berlusconi iniziò in una “grande nave” in Bacino San Marco?). Si entra in una crociera come se si entrasse in un set di un reality show. Per una settimana si diventa i protagonisti di “Scherzi a parte”, “I pacchi”, “Saranno famosi”… e di non so quali altri spettacoli televisivi vengono inoculati quotidianamente da tutte le reti ad ogni ora del giorno e della notte.

Mi torna alla mente il grandissimo Aldous Huxley de Il mondo nuovo (scritto nel 1932), in cui si immagina un “governo centrale”, un “super stato” e una “superorganizzazione” che riescono ad ottenere “l’abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta clinicamente, a dosi regolari, l’ortodossia martellata in capo alla gente” (Ritorno al mondo nuovo, Arnaldoo Mondadori, 1991). Si ottiene così un controllo su tutto e su tutti, inducendo ogni individuo ad una condotta prestabilita. Gli individui, avviliti e delusi, in stato cronico di ansietà, perdono la capacità di ragionare, diventano suggestionabili. Il risultato è la creazione di “creature subumane”, disindividualizzate, in uno stato di “amenza frenetica” e di “idiozia morale”. Sempre Huxley cita Erich Fromm: “La nostra società occidentale contemporanea, nonostante il progresso materiale, intellettuale e politico, è sempre meno capace di condurre alla sanità mentale, e tende a minare la sicurezza interiore, la felicità, la ragione, la capacità d’amore nell’individuo; tende a trasformarlo in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre più grave infermità morale, con la disperazione che si cela sotto la frenetica corsa al lavoro e al cosiddetto piacere”.
Venezia, 23 settembre 2013

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