Il Friuli Venezia Giulia è stato la prima Regione italiana a dotarsi di uno strumento di pianificazione territoriale d’area vasta, con il Piano Urbanistico Regionale Generale (PURG) del 1978.
Si trattò, per allora, di un piano d’avanguardia: basti dire che venivano di fatto prefigurati, con il sistema delle aree protette (76 “ambiti di tutela ambientale”, a tutela delle parti più preziose del territorio regionale e 14 parchi naturali regionali a rappresentare il “connettivo” tra i primi), i “corridoi ecologici” che soltanto molti anni più tardi alcuni strumenti di pianificazione avrebbero cominciato ad individuare.
Purtroppo, questa esperienza avanzata fu ben presto contraddetta dalla pratica urbanistica degli anni successivi, appiattita sulla gestione – spesso assai discutibile - delle scelte a livello comunale.
Abortito ben presto il disegno ambizioso del sistema delle aree protette, immiserito in una miriade di “piani di conservazione e sviluppo” parcellizzati e totalmente inefficaci dal punto di vista protezionistico (produttivi quasi soltanto di “parchi di carta” e di più o meno laute parcelle agli estensori), per quasi un trentennio di piani d’area vasta non si parlò più, e tanto meno a quella scala si pianificò.
Venne persa, per precisa ed esplicita volontà della classe politica e della struttura tecnica regionale, anche l’occasione offerta dalla legge “Galasso” n. 431 del 1985: si riuscì infatti a far accettare al ministero dei beni culturali la tesi che il PURG del ’78 avesse valenza di piano paesaggistico e non era pertanto necessario procedere alla stesura di un piano ad hoc.
Caso certamente unico di preveggenza in campo urbanistico-territoriale, che con un piano del ’78 si potesse attuare una legge del 1985!
La legge urbanistica n. 52 del 1991, delegando da un lato l’approvazione dei piani regolatori ai comuni medesimi, immiseriva ulteriormente il ruolo pianificatorio della Regione, pur prevedendo che il PURG venisse sostituito da un Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG), il quale peraltro – malgrado una considerevole mole di studi ed analisi preliminari, non fu mai adottato.
Il mondo nel frattempo cambiava e anche in Friuli Venezia Giulia si affacciavano nuovi fenomeni e pressioni sul territorio, spesso ingigantiti da una gestione urbanistica ristretta (politicamente e culturalmente) entro l’orizzonte dei confini comunali.
Oltre alla macroscopica proliferazione dei centri commerciali e delle zone produttive industriali-artigianali, in molte aree della pianura e della costa si manifestavano sempre più aggressive le spinte alla villettizzazione disordinata, preferibilmente lungo le vie di comunicazione.
A tutto ciò, negli ultimi anni si sono aggiunti i progetti di infrastrutture di trasporto ed energetiche di grandi dimensioni, con i conseguenti rilevanti problemi nei rapporti con le comunità locali, a livello di enti (comuni in primis) ma ancor più di cittadinanza organizzata in comitati ed associazioni.
Una delle critiche principali avanzate dagli oppositori (comuni, associazioni ambientaliste, comitati di cittadini) delle tante grandi opere pubbliche e private, ad elevato impatto ambientale, proposte negli ultimi tempi in Friuli Venezia Giulia, è infatti la mancanza di un quadro di riferimento programmatico, di un piano che le prevedesse e ne dimostrasse la necessità. E questo tanto a livello statale, quanto a livello regionale.
Così per la nuova linea ferroviaria ad alta velocità Venezia-Trieste-Lubiana (parte del “Corridoio 5” Lisbona-Kiev), per i terminali di rigassificazione del GNL (due progetti proposti in Friuli Venezia Giulia), per gli elettrodotti di importazione da Austria e Slovenia, per la nuova autostrada prevista tra la Carnia e il Cadore, e così via.
Il PTR di Illy
Ora il “quadro di riferimento” c’è: è il Piano Territoriale Regionale (PTR), adottato dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia nell’ottobre 2007, e “figlio” della nuova legge urbanistica regionale n. 5/2007 che ha definitivamente soppiantato la vecchia 52/1991.
Va detto che l’urbanistica non compariva affatto nel programma di Riccardo Illy, eletto presidente della Regione nel giugno 2003, né per quanto concerne la riforma della legislazione in materia, e tanto meno per quanto riguarda la predisposizione di un piano generale d’area vasta.
L’esigenza di occuparsi di questa materia sorge improvvisamente agli inizi del 2005 e poterà alla fine di quell’anno all’approvazione della L.R. 30/2005, che sancisce alcuni principi “ideologici” fondamentali: in primo luogo l’”equiordinazione” tra finalità prettamente economiche (nel senso di uno “sviluppo” del tutto tradizionale, naturalmente) e finalità di tutela del territorio e del paesaggio.
Cuore autentico della legge era però da un lato l’introduzione di norme per il recepimento d’imperio, negli strumenti urbanistici comunali, dei progetti di nuove opere ed infrastrutture “di interesse regionale” (dichiarato tale da un atto politico della Giunta), dall’altro dichiarava essere la pianificazione territoriale – anche sovracomunale! – competenza del Comune, in nome dei principi di “sussidiarietà e adeguatezza”.
Che cosa avesse spinto la Giunta Illy a dotarsi di un simile strumento legislativo appariva ben chiaro dalla prima formulazione del disegno di legge, poi diventato la L.R. 30/2005, laddove si citavano esplicitamente alcuni dei progetti di “interesse regionale”: la tratta di TAV compresa nel “ Corridoio 5”, alcune strade, ecc.
La nuova legge, tuttavia, non sostituisce ancora la vigente normativa urbanistica (L.R. 52/1991), pur annunciandone una futura revisione/sostituzione, così come indica alcuni contenuti ed elementi del Piano Territoriale Regionale, nonché la procedura per la sua approvazione. Il tutto condito da ripetuti riferimenti alla procedura VAS e alle metodologie di Agenda 21.
Comincia così la stesura del documento preliminare del PTR, divulgato nella primavera 2006, di cui il WWF produce un’ampia disamina, assai critica.
Su questo documento viene imbastito un cosiddetto “processo partecipativo”, dal quale scaturiscono alcuni obiettivi (e conseguenti azioni di piano), che si vorrebbe fossero stati assunti poi alla base della stesura del PTR vero e proprio. Il che non è, se non in minima parte, vuoi per la genericità di tali obiettivi, vuoi per il fatto che alcuni contenuti fondamentali del PTR non trovano alcun riferimento negli indirizzi, bensì derivano da input di altra natura (di cui non peraltro difficile individuare l’origine nella stessa Giunta regionale e nei gruppi di interesse economico dalla stessa rappresentati).
Il PTR dovrebbe altresì avere valenza di piano paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (con il che viene implicitamente ammessa l’autentica truffa compiuta quando fu dichiarata la valenza paesistica del PURG del 1978…). A tal fine, nel dicembre 2006 era stata stipulata un’Intesa interistituzionale tra la Regione ed i ministeri dei beni e attività culturali e dell’ambiente.
Quanto alle scelte strategiche, va detto subito che il PTR contiene tutto, ma proprio tutto quello che vogliono i “poteri forti”, cioè le categorie economiche (industriali in testa).
Cominciando dalla montagna, sono previsti, per citare soltanto gli elementi principali:
1. un elettrodotto di importazione – una cosiddetta merchant line - tra l’austriaca Wurmlach e Somplago, caldeggiata da tempo da alcune importanti industrie friulane;
2. una moltitudine di impianti di risalita, piste da sci e strutture ricettive, di cui peraltro non si precisano le caratteristiche (il PTR recepisce infatti automaticamente i programmi di sviluppo della società a controllo regionale “Promotour” per i poli sciistici di Piancavallo, Forni di Sopra, Sella Nevea, Ravascletto-Zoncolan e Tarvisio ed inoltre il progetto di sviluppo infrastrutturale e ricettivo per il polo di Pramollo-Nassfeld, deciso in base ad un accordo diretto tra Illy ed il governatore del Land Carinzia, Jörg Haider);
3. l’autostrada di collegamento tra l’A 23 e l’A27, cioè tra la Carnia e il Cadore (frutto di un accordo politico stipulato nel 2004 tra Illy, Galan e Lunardi).
In pianura invece:
1. la linea TAV Venezia-Trieste-Divaccia (parte del “Corridoio 5” Lisbona – Kiev);
2. gli elettrodotti tra Redipuglia e Udine Ovest e tra Redipuglia e Divaccia (quest’ultimo verrebbe inserito all’interno del “cunicolo esplorativo” scavato sotto il Carso per le gallerie della TAV);
3. un mega-centro golfistico tra Bicinicco, Castions di Strada e Mortegliano;
4. un parco tematico attrezzato (stile Eurodisney, par di capire) a Latisana.
Quanto alle infrastrutture energetiche, interessante l’indicazione relativa ai terminali di rigassificazione: dovranno essere collocati “negli ambiti portuali industriali individuati ai sensi della L. 84/94”. Il che equivale a dire Trieste (l’unico progetto di terminale GNL presentato in un porto industriale è quello di Gas Natural a Trieste-Zaule), ma dev’essere mancato il coraggio.
Semplicemente, le previsioni di una pluralità di soggetti, pubblici, privati o misti che siano, sono inserite nel PTR e per ciò stesso diventerebbero “legge”: ai Comuni il compito di adeguarsi, ai cittadini quello di accettare.
Altre perle: sono 21 (ventuno!) le “espansioni della grande distribuzione commerciale” previste, di cui sette intorno a Udine, ma tra queste non appare – stranamente – il mega-centro previsto dalle Coop nell’ex Silos presso la stazione centrale di Trieste.
Ancora: vengono consentite sia l’apertura di nuove cave, sia l’ampliamento di quelle esistenti all’interno di SIC e ZPS (aree di grande importanza naturalistica, individuate in ottemperanza a Direttive europee).
Gli aspetti naturalistici sono, dal canto loro, ridotti alla mera ricognizione dei perimetri delle aree protette esistenti (senza che non ne venga proposta alcuna nuova), mentre i “corridoi ecologici” sono ridotti ad un’indicazione quanto mai sommaria riferita per di più alle “direttrici” di tre sole specie faunistiche (capriolo, orso e lince), rinviandone l’individuazione puntuali a studi specifici da produrre a livello di pianificazione comunale (!).
E si potrebbe continuare a lungo.
Sconcerta soprattutto che la necessità e la sostenibilità della congerie di opere e insediamenti previsti siano date per scontate a priori, ancorché la giustificazione – possibilmente argomentata con dati oggettivi - delle scelte compiute sia ovviamente il cuore di un qualsiasi piano. Lo prescrive del resto la specifica Direttiva europea 2001/42/CE, sulla Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) di piani e programmi: le previsioni in questi contenute – e le possibili alternative - devono essere motivate e analizzate nelle loro conseguenze ambientali. Il tutto deve avvenire nell’ambito di un processo partecipato con i cittadini, che deve cominciare prima dell’adozione del piano, proseguire fino all’approvazione e coinvolgere anche gli Stati e le Regioni confinanti.
Nulla di tutto ciò nel PTR: il Rapporto Ambientale per la VAS, malgrado le sue 672 (!) pagine, non analizza affatto le conseguenze sull’ambiente delle previsioni di piano e men che meno le alternative, neppure accennate. Inoltre la procedura V.A.S. è stata avviata soltanto dopo l’adozione del piano, né vi è traccia del coinvolgimento di Veneto, Carinzia e Slovenia.
Alla faccia delle tante chiacchiere sulla trasparenza, la democrazia partecipata e l’integrazione con i vicini nell’Euroregione: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare!
Il PTR ribadisce ad ogni piè sospinto, infatti, l’obiettivo di contenere il consumo di suolo e promuovere lo “sviluppo sostenibile”, salvo non mettere in campo nessuna misura concreta per contrastare il primo fenomeno e ridurre il secondo a mero slogan. Basti dire che da un lato si afferma la necessità di disincentivare gli insediamenti industriali-artigianali isolati, ma dall’altro viene ammessa l’estensione delle zone produttive (già troppe e irrazionalmente disperse sul territorio) “anche se non contigue all’esistente”. Non molto diverse le previsioni per le zone residenziali, di fatto lasciate all’arbitrio dei Comuni.
Va detto che il PTR incorpora anche uno schema della Rete di Ciclovie di Interesse Regionale, indicandone i tracciati di massima. Visto il quadro complessivo, è probabile che – se saranno realizzate – queste consentiranno istruttivi giri turistici … tra una selva di capannoni e villette.
Il PTR non è un piano paesaggistico ma solo un “piano delle opere”
E il paesaggio? Il PTR non rispetta le disposizioni fondamentali del D. Lgs. 42/2004. Non vengono infatti perimetrate le aree ex art. 142 del decreto (cioè le aree vincolate “ex Galasso”), mancano norme di salvaguardia, né vengono adeguatamente individuati i fattori di rischio paesaggistico (neppure una parola, ad esempio, sulle devastanti previsioni di molti piani regolatori comunali), sono del tutto insufficienti le prescrizioni per la tutela dei beni paesaggistici, ecc.
Il PTR “scarica” in sostanza la materia ai Comuni, ai quali impartisce soltanto alcune vaghe e lacunose “prescrizioni”, che tali poi non sono, per i Piani Strutturali Comunali, attraverso i quali dovrebbero effettivamente attuarsi le disposizioni a tutela del paesaggio (ma anche quelle sul recepimento delle nuove infrastrutture, ecc. essendo tutte queste finalità “equiordinate”!).
Finirà che ogni Comune sarà di fatto padrone assoluto sul proprio territorio (fatti salvi naturalmente i grandi interventi di cui sopra, che la Regione gli impone di accettare).
Viste le esperienze recenti, con le tante porcherie ammesse – e spesso fortemente volute – dai piani regolatori comunali, è lecito aspettarsi il peggio, cioè l’assalto indiscriminato al territorio. Anche perché dalle cementificazioni, com’è noto, arrivano tanti soldi nelle casse municipali: attraverso l’ICI e gli oneri di urbanizzazione (ora destinabili per il 75 per cento alla copertura delle spese ordinarie dei Comuni).
Di conseguenza, il PTR del Friuli Venezia Giulia, lungi dall’essere (ad onta della mole di elaborati che lo compongono) un vero strumento di pianificazione d’area vasta, e tanto meno un piano paesaggistico, si rivela in definitiva una sorta di “piano delle opere”, infrastrutturali e non, che politicamente la Giunta ha deciso essere “strategiche” per lo “sviluppo” della Regione.
Insomma, il PTR persegue – sepolto sotto un diluvio di parole – il vecchio disegno di uno “sviluppo” identificato con la mera crescita economica (del PIL), alla quale il territorio ed i suoi valori vengono tranquillamente sacrificati.
Ormai da tempo c’è chi mette in discussione questo modello distorto di sviluppo e l’uso ipocrita e strumentale del termine “sostenibile”: c’è per esempio chi, anche a livello accademico, parla di decrescita. Tutto ciò, però, non ha avuto diritto di cittadinanza nel nutrito gruppo di lavoro che ha redatto il PTR (dove spicca – con un ruolo determinante - l’ing. Ondina Barduzzi, ex assessore all’urbanistica ai tempi di Illy sindaco a Trieste) e tanto meno nella Giunta regionale che lo ha adottato.
La (brutta) politica vincerà di nuovo?
Adottato dalla Giunta regionale nell’ottobre 2007, il PTR è stato fatto oggetto di numerose osservazioni, sia pure nei limiti alquanto restrittivi previsti dalla nuova legge urbanistica regionale, che legittima a presentare osservazioni (cfr. art. 10, c. 5)soltanto alcuni soggetti: a) enti e organismi pubblici; b) associazioni di categoria e soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi; c) soggetti nei confronti dei quali le previsioni del PTR adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
Merita sottolineare che la Giunta regionale procederà all’approvazione definitiva del PTR “tenuto conto delle osservazioni di cui al comma 5” (art. 10, c. 6), senza cioè che vi sia neppure l’obbligo di controdedurre puntualmente ai contenuti delle osservazioni stesse, come peraltro prevede la stessa legge citata per le osservazioni sui piani comunali….
Malgrado ciò, molte sono le osservazioni formulate, tra le quali quelle del WWF Friuli Venezia Giulia, che si possono riassumere nei punti seguenti:
1) contrasto tra l’impostazione del Piano e quella prescritta dal D.Lgs. 42/2004 per i piani paesaggistici, per la mancata individuazione delle aree vincolate ex art. 142 del D.Lgs., l’inadeguata individuazione dei fattori di rischio paesaggistico, l’insufficienza delle prescrizioni per la tutela dei beni paesaggistici contenute nelle schede degli AP, l’inesistenza di norme di salvaguardia in attesa dell’approvazione dei piani comunali di adeguamento al PTR;
2) disomogeneità e grave lacunosità della base analitica del PTR, rappresentata dal “quadro delle conoscenze e delle criticità”, scoordinata con le azioni di piano e le previsioni normative;
3) assoluta inadeguatezza – anche in termini di scala (1:150.000!) – e incompletezza dei supporti grafici;
4) contraddittorietà nell’impostazione delle Norme di Attuazione del PTR, tanto vaghe e generiche per quanto concerne le prescrizioni a tutela del territorio e del paesaggio, quanto precise e cogenti nell’imporre alla pianificazione subordinata il recepimento di scelte infrastrutturali, non motivate né valutate;
5) incompletezza delle schede degli Ambiti Paesaggistici, con la sistematica omissione dei fattori di rischio paesaggistico rappresentati dalle previsioni dei PRGC vigenti e la mancata considerazioni di molti elementi di grande valenza paesaggistica;
6) stravolgimento della procedura V.A.S. sul Piano, rispetto a quanto previsto dalla Direttiva europea in materia, con la contestuale inadeguatezza del Rapporto Ambientale e l’insufficienza degli indicatori per il monitoraggio.
Il WWF rileva altresì come il P.T.R. risenta, al pari della L.R. 5/2007 dalla quale discende, di un’impostazione di fondo culturalmente errata, in base alla quale obiettivi territoriali e paesaggistici – per di più spesso confusamente espressi e sviluppati – sono stati intrecciati ed “equiordinati” con finalità di ordine economico (lo “sviluppo”), laddove è pacifica da decenni anche a livello giurisprudenziale la superiorità gerarchica dei valori paesaggistici (e quindi della tutela degli stessi) rispetto ad ogni altro interesse che esprima attraverso gli strumenti urbanistici (cfr. anche la sentenza n. 367/2007 della Corte Costituzionale).
Valutazioni analoghe sono contenute anche nelle osservazioni formulate da Italia Nostra e Legambiente.
Invano ci si sarebbe attesi una presa di posizione su tale obbrobrio da parte delle forze politiche, comprese quelle della cosiddetta “sinistra radicale” (che peraltro sostengono la Giunta Illy, hanno quasi tutte compatte votato la pessima L.R. 5/2007 e si apprestano a rinnovare l’alleanza con Illy ed il PD alle elezioni regionali del prossimo 13 e 14 aprile).
Invano ci si sarebbe attesi una reazione critica visibile da parte degli “addetti ai lavori” (urbanisti singoli ed associati, ordini professionali, mondo accademico regionale, ecc.).
L’iter del PTR andrebbe sospeso e, previa completa rielaborazione, riavviato da capo in conformità alle disposizioni statali (sul paesaggio) ed europee (sulla V.A.S.) platealmente disattese. Il WWF, come altre associazioni ambientaliste, lo ha chiesto.
La Giunta regionale, invece, pare stia cercando di accelerare l’iter di approvazione del piano, per poterlo sbandierare nella campagna elettorale già iniziata.
Tuttavia, per il riconoscimento della valenza paesaggistica del piano, occorre come detto l’avallo statale (ministeri dell’ambiente e dei beni culturali). E’ lecito sperare che gli organi ministeriali facciano valere le proprie prerogative senza essere condizionati da ragioni politiche, come purtroppo in altri casi – si veda la sconsolante conclusione della vicenda della Baia di Sistiana - è accaduto.
Dario Predonzan è Responsabile settore territorio ed energia del WWF Friuli Venezia Giulia. Le osservazioni del WWF sul P.T.R. sono disponibili nel sito regionale dell’associazione, nella sezione “documenti”, mentre gli elaborati del Piano si trovano nel sito della Regione Friuli Venezia Giulia nella sezione “Urbanistica infrastrutture e trasporti”.
Un severo commento della Orribile legge urbanistica del Friuli - Venezia Giulia è, in eddyburg , tra gli scritti di Luigi Scano