Ciò che è realmente in ballo nella trattativa in corso a Bruxelles sul debito della Grecia non sono i soldi, ma chi vincerà nello scontro tra chi vuole un'altra Europa e chi accetta la sottomissione alla Deutche Strasse. Da che parte sta l'Italia?Il manifesto, 18 febbraio 2015
È un doppio pressing quello con cui deve fare i conti Alexis Tsipras, alle prese sia con l’ultimatum dei partner europei, che gli stanno imponendo l’estensione dell’attuale programma di risanamento, sia con gli avversari interni a Syriza, che non sono d’accordo con un eventuale compromesso con il resto dell’Ue.
Il governo greco mira a una soluzione vantaggiosa per tutte le parti, ma a parte il movimento di solidarietà che si è espresso nelle piazze del mondo, in seno dell’ Eurogruppo il suo ministro delle Finanze è rimasto solo contro i «18». Nonostante alcuni, come l’Italia e la Francia, sarebbero pronti a dare una mano. Yanis Varoufakis è rimasto solo non perché sprovvisto di una proposta ben articolata da presentare ai suoi colleghi, come hanno scritto alcuni opinion makers, bensì per il fatto che ha messo in evidenza le politiche catastrofiche dell’austerity e il modo di funzionare delle istituzioni europee (Commissione, Eurogruppo, Bce) che fanno il gioco dei mercati e del paese economicamente piú forte, la Germania, contro i principi fondativi dell’Unione europea.
Atene è rimasta sola perché Berlino ha rischiato di essere messa con le spalle al muro. Il gioco delle parole — l’estensione del programma attuale, come vogliono Bruxelles e Berlino, o l’«emendamento» a cui punta Atene — in realtà rispecchia uno scontro ideologico. Ed è quello che ha fatto fallire la riunione dell’Eurogruppo.
La Germania ha deciso di mostrare i denti alla Grecia non solo perché la soddisfazione di una parte delle richieste elleniche potrebbe «stimolare l’appetito» di altri paesi europei intenzionati a perseguire una politica anti-austerity. Né perché si sono confrontati due principi etici diversi: il primo basato su un razionalismo rigido secondo il quale «i debiti comunque vanno pagati»; l’altro basato sulla solidarietà, che rifiuta lo strangolamento economico di chi si trova in condizione di bisogno. Berlino ha cercato di screditare la politica del nuovo governo greco perché una soluzione a favore di Tsipras potrebbe mettere in dubbio la germanizzazione del vecchio continente e aprirebbe uno spiraglio a una rifondazione su basi diverse dell’Ue e delle sue istituzioni. Un’Europa rinnovata, dove saranno i popoli a decidere.
Non dimentichiamo che Alexis Tsipras è il primo leader europeo di sinistra — dopo il cipriota Dimitris Christofias, leader di Akel — che propone un modello diverso di Europa. Syriza, la sinistra radicale greca, nell’arco di poche settimane è riuscita da una parte a riunificare la maggioranza dei cittadini, restituendo loro speranza e un pezzo della dignità che il memorandum gli aveva strappato, e dall’altra a mobilitare le piazze europee «per un’altra Europa».
Non a caso, nel momento in cui il ministro delle Finanze greco esprimeva la sua disponibilità a firmare il comunicato finale dell’Eurogruppo che gli ha presentato in forma di bozza il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici — dove si parla di un piano intermedio, non di una semplice estensione — è intervenuto il ministro delle finanze tedesco per stoppare il tentativo di compromesso francese. «Il neo governo greco è irresponsabile» ha sottolineato Wolfgang Schauble poche ore prima della riunione dell’Eurogruppo. Che equivale a dire ai partner europei: «Non date fiducia ai greci, cercano di fregarvi».
Ora tocca alla Bce, che ha il potere assoluto sulla politica monetaria dell’Ue e che sfugge a qualsiasi controllo politico, stabilire oggi se bisogna chiudere i rubinetti del finanziamento di emergenza (Ela) che tiene in piedi le banche greche. A sentire i soliti media che non si stancano ogni giorno di riproporre gli scenari apocalittici del «Grexit», se entro venerdì non si raggiungerà un accordo tra Eurogruppo e governo ellenico, la Bce non potrà che fermare il finanziamento degli istituti di credito greci. Diverso, invece, sembra che sia per il momento il parere di Mario Draghi.
Alexis Tsipras sarebbe pronto a un compromesso, ma senza ricatti: «Il memorandum ha provocato una crisi umanitaria e l’ economia si trova in una via senza uscita. Il suo annullamento è l’ unica scelta dettata non solo dal risultato elettorale, ma dalla logica» ha affermato ieri il portavoce del governo, rispondendo così anche a chi fa notare che entro venerdì il governo greco deve decidere se essere o meno abbandonato a se stesso. Ottimista su un accordo — «nei prossimi due giorni, perché non vogliamo arrivare a un punto morto» — si è detto anche il ministro Varoufakis.
E ieri sera fonti del goveno confermavano la notizia giunta da Bruxelles: Atene chiederà l’estensione di 6 mesi non del memorandum, ma del «contratto di prestito» con i creditori internazionali; come a dire, rispettiamo il programma attuale, ma non ulteriori misure restrittive della troika. La domanda però resta la stessa: come superare le ossessioni di Berlino