«Il PNR (Programma nazionale di riforme) propone un set di obiettivi da raggiungere riguardo temi rispetto ai quali i cittadini sono molto più sensibili: occupazione, povertà, istruzione terziaria e abbandoni scolastici, spesa in ricerca e sviluppo, emissioni, efficienza energetica ed energie rinnovabili. Si tratta della strategia per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, in arte "Europa2020"».
Sbilanciamoci.info, 13 maggio 2014 (m.p.r.)
Il Programma di Stabilità offre il quadro macroeconomico e stima l’impatto degli interventi previsti dal governo rispetto ai vincoli del patto di stabilità e alla finanza pubblica in generale. Il PNR presenta le misure che il governo intende introdurre, risponde alle osservazioni presentate dalla Commissione nell’Annual Growth Survey (il documento di partenza del “Semestre europeo”) e lo stato di avanzamento verso gli obiettivi di qualità della crescita fissati dalla strategia Europa 2020.
Ma che cos’è Europa 2020? Nel 2010, alla scadenza della precedente Strategia di Lisbona per la crescita e il lavoro, i governi dell’Unione hanno definito delle linee d’azione perché gli obiettivi di medio periodo della politica economica non siano limitati alla sola crescita economica ma estesi ad alcuni elementi fondamentali che caratterizzino il modello europeo. Nell’idea della Commissione si vuole “accrescere la competitività dell’Unione mantenendo il modello di economia sociale di mercato e migliorando l’uso efficiente delle risorse”.
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Target IT
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Target UE
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Spesa in Ricerca e Sviluppo in % PIL
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1,53
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3
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Quota di 30-34enni con istruzione terziaria
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26%
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40%
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Abbandoni scolastici
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16%
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10%
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Tasso occupazione 20-64enni
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75%
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75%
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Riduzione della popolazione a rischio povertào esclusione rispetto al 2005
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(-2.2 milioni)
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-20 milioni
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Riduzione delle emissioni gas serra rispetto al 1990
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20%
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20%
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Quota di energia rinnovabile sul consumo finale interno lordo
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17%
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20%
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Efficienza energetica (riduzione dei consumi di energia)
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20%
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20%
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Con Europa2020 l’Europa si è dotata di un percorso di medio periodo da seguire in modo da realizzare, in qualche maniera, un’idea di Europa. Questo è stato fatto attraverso un accordo politico tra i 27 governi che si sono impegnati a rispettarne la realizzazione. Gli obiettivi politici di ampio respiro (crescita intelligente, inclusiva e sostenibile) sono stati declinati in indicatori misurabili, quindi monitorabili e con obiettivi numerici ben definiti, rendendo i governi “accountable” di fronte ai cittadini e alla Commissione. Il fatto che siano pochi rende chiare le prorità e facilmente comunicabile la strategia nel suo complesso. In più tali obiettivi sono inseriti all’interno del semestre europeo per cui ogni governo si impegna a fornirne il monitoraggio annuale e a dichiarare, proprio con il PNR, in che maniera si propone di raggiungere gli obiettivi. Tra i pro, è da notare anche il fatto che la strategia si inserisce in un dibattito che sta avendo molta risonanza su scala internazionale, sulla necessità di misurare il progresso delle società, e il benessere dei cittadini, attraverso misure che vadano “oltre il Pil”. In Italia la concretizzazione di questo movimento è l’iniziativa CNEL-Istat per la misurazione del BES, il Benessere Equo e Sostenibile (si veda www.misuredelbenessere.it). Europa2020 non è il migliore set di indicatori di misurazione del progresso di una società, ma è la formale presa di coscienza da parte delle istituzioni europee che la crescita del Pil da sola non basta e che deve necessariamente essere dotata di caratteristiche qualitative che la rendano più giusta e sostenibile.
I contra e le proposte di riforma.
Un’analisi critica della genesi ed attuazione della strategia può fare riferimento alle diverse fasi dell’intero processo:
1. la definizione degli obiettivi e degli indicatori proposti è criticabile tanto nel metodo, mettendo in discussione la legittimità politica di una decisione di medio periodo presa a porte chiuse dal Consiglio europeo, come nel merito: sono stati inclusi tutti gli elementi rilevanti? sono misurati nella maniera più opportuna?;
2. il tipo di procedure che sono attivate per il monitoraggio dei risultati e l’opportunità di avere processi di infrazione anche su obiettivi esterni al Patto di Stabilità;
3. infine sul processo di comunicazione da parte delle istituzioni comunitarie e nazionali che estenda il controllo sui governi anche all’opinione pubblica.
Iniziamo dalla questione della scelta degli obiettivi. È chiaro che la definizione di accordi intergovernativi sia nelle competenze dell’Unione, ma quando si tratta di definire obiettivi strategici di lungo periodo sarebbe opportuno ascoltare fasce più ampie della cittadinanza, al di fuori dei ministeri nazionali e della tecnocrazia europea. La crisi della rappresentanza democratica degli eletti è messa in discussione da tutti i fronti, e in tutti i paesi, e ancor di più lo è quella della dirigenza ministeriale e della Commissione Europea. Non a caso la Commissione cerca in tutte le occasioni di aprire consultazioni pubbliche sulle principali direttive proprio per supplire il suo evidente deficit democratico. Europa2020 è frutto di un accordo a porte chiuse che elude da qualsiasi reale legittimità democratica. La sua riforma dovrà necessariamente fare in modo (e sembra che questo sarà fatto nei prossimi mesi) di tenere conto delle opinioni e delle priorità dettate dalla società civile e delle parti sociali europee.
Come detto il monitoraggio degli indicatori di Europa2020 avviene nell’ambito del cosiddetto Semestre Europeo assieme a diverse altre procedure di monitoraggio. Quello che abbiamo imparato a vedere è che rispetto agli obiettivi che l’Europa si è data, quelli macroeconomici hanno completamente eclissato quelli sociali, anche quando questi sono stati presentati come indicatori di qualità della crescita. Sebbene attraverso la crisi l’occupazione crollasse e la povertà e l’esclusione sociale esplodessero, questi segnali non hanno mai dato adito, da parte della Commissione, di alcuna richiesta d’azione per invertire tali tendenze che le politiche d’austerità, attente ossessivamente al 3% di deficit, hanno chiaramente aggravato.
Chiudiamo con la questione della diffusione.
Nel nostro Paese, e non solo, la strategia Europa2020 appare nota solo agli addetti ai lavori. In Italia il 9 aprile, dopo la pubblicazione del DEF, tutti i giornali vi hanno dedicato almeno una notizia, se non molte pagine; in alcuni casi si è citato il PNR; nessuno mi risulta abbia parlato di Europa 2020 e mostrato gli effetti delle misure presentate dal Governo sui nostri 8 indicatori presentati dal Governo. Una ricerca di news su Google, l’11 aprile, mostra una differenza nel numero di uscite tra Governo+DEF, e Governo+”Europa 2020” da 44900 a 138. È naturale e giusto il grande interesse della stampa per il DEF e le misure in esso contenute, ma nella attuale organizzazione dei documenti del semestre è inevitabile che Europa2020 scompaia.
La presidenza italiana.
La revisione di Europa2020 avverrà nel prossimo anno a partire da ora: entro fine 2014, proprio durante il semestre di presidenza italiano, avverrà la consultazione dei cittadini e delle parti sociali, nella prima metà del 2015 avverrà invece la trattativa istituzionale. Il Governo italiano può quindi giocare un ruolo cruciale nella promozione di un dibattito europeo che dovrebbe rilanciare il modello economico e sociale europeo. Nell’ambito delle attività della presidenza, ad ottobre si terrà a Bruxelles una nuova conferenza “Beyond GDP” (dopo quella molto influente del 2007) che speriamo possa riportare il nostro governo su posizioni avanzate rispetto al modello di sviluppo che l’Europa sceglierà. Le recenti dichiarazioni del primo ministro Renzi riguardo a “crescita e occupazione come valori costitutivi dell’Unione”, sebbene comprensibili per far fronte al quadro di solo rigore in cui ci troviamo, non tengono conto delle imprescindibili garanzie di equità e sostenibilità [1].
[1] Di fatto tornando indietro ai principi della Strategia di Lisbona.