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Gaetano Azzariti
Escamotage nucleare
21 Aprile 2011
Articoli del 2011
Non è detto che riescano a mettere il bavaglio agli italiani, che sul nucleare voglio dire ancora una volta che cosa vogliono o non vogliono. Il manifesto, 21 aprile 2011

Spetterà all'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione stabilire se il referendum indetto per il 12 e 13 giugno sul nucleare potrà essere annullato dall'approvazione della nuova normativa che il governo ha intenzione di fare approvare dal Parlamento. La decisione che i giudici dovranno adottare è delicata e non può essere data per scontata. Non è infatti sufficiente l'abrogazione della normativa oggetto della richiesta di referendum. Sul punto la giurisprudenza della Corte costituzionale si è espressa in modo chiaro sin dal lontano 1978 (sent. n. 68 del 1978): la modifica legislativa intervenuta nel corso del procedimento referendario non è in grado di impedire lo svolgimento del referendum qualora l'abrogazione non colpisca «i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente» ovvero «i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti». In tali casi il referendum si effettua egualmente, sebbene «sulle nuove disposizioni legislative». Il linguaggio della Corte sarà tecnico, ma il senso è del tutto evidente. Ciò che si vuole evitare è che la maggioranza parlamentare introduca modifiche marginali ovvero adotti un escamotage normativo - come ben evidenziava l'intervento ieri del ministro per lo sviluppo economico Romani - al solo fine di impedire l'espressione della volontà popolare. È perciò che è stato assegnato a un giudice (l'Ufficio centrale) il delicatissimo compito di valutare la natura dell'abrogazione e se questa soddisfi o meno la pretesa dei promotori del referendum.

Per stabilire se l'abrogazione delle norme sottoposte al referendum del 12 e 13 giugno abbiano tale carattere l'Ufficio centrale dovrà prendere in considerazione gli effetti conseguenti all'intervento del legislatore. E il punto più delicato sembra essere il carattere definitivo o meno della scelta contraria alla produzione dell'energia tramite la costruzione delle centrali termonucleari. È questo infatti il «principio ispiratore» su cui si fonda l'iniziativa referendaria.

Può dirsi che la cancellazione delle specifiche norme oggetto del referendum comportino una rinuncia definitiva da parte del governo della scelta nucleare? Ovvero esse sono solo un modo per bloccare il pronunciamento popolare? Diversi indizi dovrebbero far ritenere che si tratta di uno stratagemma politico, dunque non in grado di impedire il referendum.

Anzitutto sono le stesse dichiarazioni del governo nonché gli atti precedentemente posti in essere, che evidenziano la volontà di sospendere solo momentaneamente le decisioni in materia di produzione energetica. La moratoria precedentemente stabilita, ma soprattutto l'espressa motivazione che sostiene la proposta di abrogazione dell'attuale normativa, non sembrano lasciare adito a dubbi. Una pausa di riflessione resa necessaria - si esplicita - «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea». Più chiaro di così. Un rinvio in attesa di tempi (politici, oltre che tecnologici) migliori.

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