Il Fatto Quotidiano on line, 21 dicembre 2015
L’azienda fino a poco prima dell’accordo con il governo federale ha trattato con la Malabu Oil & Gas Ltd di Etete, ex ministro del petrolio. Lo scambio di posta dimostra che il colosso sa bene che solo una piccola parte dei soldi vanno al governo per strade, ospedali o scuole. Il resto va al vero venditore: la società dell’ex ministro
Ci sono alcune mail dei manager dell’Eni della primavera del 2011 che svelano le verità finora nascoste sull’affare nigeriano da un miliardo e 92 milioni di dollari dell’acquisto del blocco petrolifero Opl 245. L’Eni - come si legge nelle mail - fino a pochi giorni prima dell’accordo con il governo federale della Nigeria del 29 aprile 2011 ha trattato con la Malabu Oil & Gas Ltd del nigeriano Dan Etete, l’uomo che nel 1998, quando era ministro del petrolio, si era auto-assegnato la concessione petrolifera per pochi milioni.
Quelle mail dimostrano ciò che Eni non ha mai ammesso: nell’aprile del 2011 quando firma l’accordo con la Nigeria sa benissimo che solo 207 milioni di dollari vanno al governo per strade, ospedali o scuole. A parte questo piccolo bonus (in cambio del timbro di legalità sull’acquisto) il miliardo e 92 milioni pagato per la concessione petrolifera più promettente della Nigeria (si stima possa contenere più di 9 miliardi di barili, un quindicesimo di tutte le riserve dell’Iraq) vanno al vero venditore: Malabu Oil & Gas dell’ex ministro Etete.
Eni sapeva che il suo bonifico miliardario al governo Nigeriano sarebbe stato seguito da un secondo bonifico a Malabu. Sulla destinazione finale di questa enorme somma sono aperti vari procedimenti. La Southwark Crown Court di Londra, il 15 dicembre, ha respinto la richiesta di Etete di sbloccare 84 milioni di dollari sequestrati su richiesta della Procura di Milano che indaga l’ex numero uno di Eni, Paolo Scaroni e il suo braccio destro che poi ne ha preso il posto, Claudio Descalzi, con altri due ex manager Eni e con Luigi Bisignani e Gianluca di Nardo. I pm Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale sospettano che parte della mediazione promessa da Etete a un altro nigeriano in grado di arrivare tramite la filiera De Nardo-Bisignani-Scaroni al sì dell’Eni, cioè Emeka Obi, sarebbe poi stata destinata ai retro pagamenti per non meglio precisati manager italiani.
La decisione della corte inglese di mantenere il sequestro è dovuta alle carte americane che mostrano “pagamenti per un totale di 523 milioni di dollari, tramite percorsi molto tortuosi giunti a Abubakar Aliyu”. Secondo gli investigatori “le società di Aliyu sarebbero collegate al presidente (ora ex presidente nigeriano, Ndr) Jonathan”. Anche l’agenzia anti-corruzione nigeriana (EFCC) sta indagando e ha ascoltato Etete e Aliyu mentre una commissione del Parlamento nigeriano ha chiesto al governo di annullare la concessione all’Eni.
Al di là del profilo penale ed economico resta una questione politica: Eni nel 2011 sapeva di trattare con un ex ministro che si era impadronito delle risorse del suo popolo e che era stato condannato nel 2007 per riciclaggio in Francia. Le mail interne di Eni sono state pubblicate dal giornalista del Sole 24 Ore Claudio Gatti sul suo sito Gradozeroblog dopo la trasmissione Report di Milena Gabanelli di domenica scorsa. Gatti si è inserito nel dibattito scatenato sul web dalla scelta di Eni di ribattere, durante la trasmissione, ai contenuti del servizio di Luca Chianca “La trattativa” con una serie di tweet.
Mentre i giornali italiani si dedicavano al dito della ‘svolta comunicativa’ dei tweet di Eni, Gatti ha continuato a concentrarsi sulla luna dell’affare miliardario scovando le mail interne a Eni che, a quanto si apprende da fonti investigative, sono confluite nel fascicolo dei pm milanesi. Le mail pubblicate da Gatti e non smentite da Eni dimostrano l’ipocrisia della società petrolifera guidata da Descalzi.
Il 7 marzo 2011 un funzionario di Eni in Nigeria, Enrico Caligaris scrive a Roberto Casula, l’allora presidente di Nae, la società di Eni in loco: “Vi rimetto in allegato la versione (…) dell’Escrow Agreement (cioè l’accordo di garanzia sul pagamento, ndr) … Faccio presente che (…) la bozza allegata non disciplina ancora il pagamento a Fgn (governo federale nigeriano, Ndr) per Malabu in due tranche”.
Allegata alla mail c’è la bozza del contratto di garanzia che dimostra la consapevolezza di Eni sul fatto che il destinatario finale del pagamento fosse Malabu. La parte più interessante della bozza dell’Escrow Agreement (accordo di garanzia) sono i punti C e D. Nel primo si legge che Eni “ha l’obbligo di bonificare sul conto Escrow la cifra di XXX milioni di dollari Usa a favore del Fgn (governo nigeriano, Ndr)” e nel secondo si legge che “la suddetta cifra sarà rilasciata dall’agente Escrow (la banca, Ndr) a favore di Malabu per conto del Fgn”.
L’accordo non è stato firmato in questi termini troppo sfacciati ma la mail dimostra la consapevolezza di Eni sul reale destinatario finale del pagamento. In una mail del 30 marzo 2011 il responsabile delle contrattazioni di Eni, Guido Zappalà scrive: “È previsto che Fgn sia quello che paghi direttamente Malabu (…) Fgn (governo federale della Nigeria, Ndr) pagherà Malabu e il fatto che il denaro arrivi a Fgn da Nae (la controllata nigeriana di ENI, Ndr) è una questione separata”.
I due pagamenti Eni-Fgn e Fgn-Malabu e i due accordi dovevano restare divisi giuridicamente proprio per evitare tutti i problemi che ora Eni sta incontrando. Il 6 aprile 2011, il solito Casula di Nae scrive alla collega Donatella Ranco di Eni una mail con oggetto: “Sintesi incontri 245” in cui si legge: “Al di là di una informativa per Claudio (Descalzi, Ndr) trasmetto un aggiornamento sintetico sugli ultimi incontri con le Autorità Nigeriane”. Nella ‘sintesi degli incontri’ si legge che agli incontri tra Eni e governo dell’11, 24 e 28 febbraio e 14 aprile 2011 erano presenti anche i rappresentanti di Malabu. Il mattino del 28 aprile, cioé il giorno prima dell’accordo il manager Eni Guido Zappala scrive: “sarà presente anche Malabu? ”.
Eni replica al Fatto: “Le negoziazioni con gli advisor finanziari di Malabu non hanno avuto buon fine e si sono interrotte nel novembre 2010. Fu proprio Eni a bloccare la transazione. Le ultime comunicazioni email pubblicate da Claudio Gatti sul suo blog, a prescindere dal fatto che siano veritiere o meno e dalla lettura strumentale che ne viene data dal giornalista, sono riferite al 2011, anno in cui Eni e Shell da una parte e il governo nigeriano dall’altra sottoscrissero gli accordi commerciali relativi all’unica operazione effettivamente realizzata da Eni in merito al blocco Opl 245. Eni e Shell eseguirono il pagamento per una nuova licenza sul blocco su un conto del governo nigeriano. Il governo nigeriano, per rilasciare una nuova licenza per l’Opl 245, doveva necessariamente cancellare la vecchia licenza Opl 245 intestata a Malabu e risolvere l’annoso contenzioso tra governo, Shell e Malabu. È un fatto incontestabile che Eni abbia firmato accordi commerciali solo con Shell e il governo federale nigeriano e che Eni e Shell abbiano eseguito il pagamento per la nuova licenza Opl 245 su un conto intestato al governo nigeriano”.
L’organizzazione non profit Re-Common, che da anni conduce una battaglia sull’Opl 245, ha pubblicato una nota dal titolo: “mail ‘soffiate’ (leaked, Ndr) mostrano come Shell e Eni abbiano operato per nascondere il pagamento alla società dell’ex ministro per l’affare corrotto dell’Opl245”. In Italia i giornali e i siti non lo hanno ripreso preferendo rilanciare i tweet colorati di Eni.