Uno scenario inquietante e una possibile terapia: Roberto Biorcio e Paolo Hutter in una analisi complementare di prospettive e strategie.
Il manifestola Repubblica Milano, 20 febbraio 2013 (f.b.)
il manifesto La scommessa della Lega
di Roberto Biorcio
In Lombardia si gioca una sfida decisiva per queste elezioni, molto importante per le possibilità di governo del paese da parte del centrosinistra, ma soprattutto per il futuro del centrodestra e della Lega. Candidandosi alla guida della regione Maroni cerca di realizzare, approfittando delle difficoltà di Berlusconi, un obiettivo che appariva irraggiungibile in passato, anche nelle fasi di maggiori successi elettorali del Carroccio. Con l'obiettivo di ridisegnare profondamente il profilo e il ruolo del suo partito nella politica italiana. Nella Seconda Repubblica la Lombardia è sempre rimasta saldamente nelle mani del centrodestra. La regione rappresentava il perno del cosiddetto "asse del Nord", l'alleanza fra Bossi e Berlusconi, che ha avuto un ruolo decisivo nella politica italiana. La conquista della città di Milano nel 2011, da parte della coalizione guidata da Pisapia, aveva già aperto una breccia nell'egemonia del centrodestra, ma i rapporti di forza nella regione sono ancora in discussione. La geografia elettorale lombarda è d'altra parte molto cambiata rispetto alle regionali del 2010. Meno di due anni fa Formigoni conquistava per la terza volta la guida della regione con il 56% dei voti, mentre il Pdl otteneva il 32% dei consensi e la Lega il 26.
Oggi il partito di Berlusconi ha dimezzato il proprio consenso, almeno nelle intenzioni di voto (16%), mentre la Lega ha perso più di dieci punti. I voti persi da Berlusconi dopo la fine del suo governo sono stati recuperati solo in misura limitata con la nuova "discesa in campo" del Cavaliere e le sue performance televisive. La Lega aveva già perso molti voti nelle amministrative del 2012, dopo gli scandali che avevano investito anche la famiglia di Umberto Bossi. Il rilancio del partito tentato da Maroni con una forte opposizione al governo Monti aveva ottenuto solo un limitato recupero dei consensi. Il nuovo patto con Berlusconi ha in parte disorientato l'elettorato leghista.
Molti elettori che in passato votavano per il centrodestra sono ancora indecisi oppure si orientano verso altre scelte. Tra gli indecisi, gli ex elettori leghisti rappresentano il segmento più ampio. Gli elettori di centrodestra che scelgono altre liste si orientano su opzioni molto diverse. Non pochi si propongono di votare per la lista Monti, che può far rivivere le antiche opzioni democristiane, ancora popolari in diversi contesti territoriali. Altri scelgono Grillo, condividendo la feroce critica al sistema dei partiti, e la protesta contro le politiche del governo e delle banche. Le tendenze di voto in direzioni opposte mettono in evidenza le difficoltà a mantenere l'unità dell'area elettorale che in passato aveva votato per il Pdl o la Lega, spesso oscillando fra le due opzioni. Gli ex-elettori del Pdl sono relativamente più attratti dalla lista Monti, mentre gli ex elettori del Carroccio sono più sensibili ai richiami del comico genovese, promotore di una protesta che ricorda quella Lega di venti anni fa. E' così cambiato il profilo sociale dell'elettorato del Carroccio nella regione: rispetto al passato, i consensi si sono ridotti soprattutto fra gli operai, i commercianti e gli artigiani, i settori sociali che avevano garantito il maggiore sostegno al Carroccio nelle fasi di successo.
Non è un caso che oggi sia il Movimento 5 stelle ad ottenere i migliori risultati in queste aree sociali. La scommessa lanciata da Maroni, in una fase di declino comune delle due formazioni di centrodestra, è quella di ricreare un nuovo "asse del Nord" in grado di misurarsi con le politiche del prossimo governo, gestendo eventualmente l'opposizione dell'area territoriale più ricca e produttiva del paese. Un progetto che fa leva sulle stesse idee gestite in Europa da Angela Merkel e da diversi partiti autonomisti: di fronte alla crisi economica, ciascuno pensa per sé, mentre si può lasciare cadere ogni solidarietà nei confronti delle aree territoriali più in difficoltà. La proposta principale di Maroni è quella di lasciare il 75% del prelievo fiscale nelle regioni del Nord, trasformando la Lega in un «sindacato del territorio», come ha ricordato spesso la Padania. Le battaglie leghiste contro la "partitocrazia" non sono più credibili perché il Carroccio si è ormai omologato alle pratiche e ai costumi degli agli altri partiti. Vengono ancora proposte campagne e iniziative contro gli immigrati e i rom, ma con un rilievo minore rispetto al passato perché anche gli elettori leghisti sono soprattutto preoccupati per gli effetti della crisi.
La scommessa di Maroni è ottenere, con la vittoria in Lombardia, una leadership del Carroccio sull'intera area del centrodestra nelle regioni settentrionali. Berlusconi ha fatto non poche concessioni a questo progetto. Il "patto territoriale" firmato a Sirmione per promuovere la Macroregione del Nord è stato sottoscritto anche da esponenti del Pdl come il sindaco di Pavia Cattaneo e il governatore del Friuli Tondo.
In questo contesto il Pd, con un limitato aumento di consensi rispetto al 2008, è diventato il primo partito della regione. Le perdite di voti non trascurabili verso la lista Monti e il movimento di Grillo sono state compensate dal recupero di consensi da altri partiti di centrosinistra e soprattutto da quelli resi disponibili per la crisi della Lega e del Pdl. La conquista della regione Lombardia resta però una partita ancora aperta: le intenzioni di voto per Ambrosoli e Maroni risultano quasi in parità. Potranno essere decisive le eventuali scelte di "voto disgiunto" degli elettori di altre forze. Appelli al "voto utile" sono stati lanciati da candidati della lista Monti e da sostenitori della lista Ingroia, preoccupati per gli effetti che può avere la conquista della Lombardia da parte della Lega. Qualche preoccupazione serpeggia anche nell'elettorato di centrodestra se lunedì, a Milano, Berlusconi ha ribadito il sostegno a Maroni ricordando però che i governatori leghisti dipendono in ogni caso dal sostegno del Pdl. Indecisi Indecisi Tra gli ex elettori del centrodestra, quelli leghisti sono il segmento più ampio e sensibile ai richiami grillini.
la Repubblica Milano
Un voto disgiunto per cambiare la Lombardia
di Paolo Hutter
SI È fatta confusione: non tutti hanno capito cos’è esattamente il voto disgiunto? Eppure, applicato il concetto al voto regionale per la Lombardia, potrebbe essere l’arma decisiva per evitare il ritorno del fronte leghista-berlusconiano al Pirellone. Dare voti diversi per la Camera, il Senato e la Regione non è voto disgiunto, è articolazione del voto. Si chiama voto disgiunto, invece, una possibilità molto specifica, offerta dal sistema elettorale delle Regioni e dei Comuni, e solo da questi due, e cioè la possibilità di votare, sulla stessa scheda, per una lista al Consiglio regionale (eventualmente scrivendo il nome di un candidato, come preferenza) e per un candidato Presidente di uno schieramento diverso e concorrente rispetto a quella lista. In tal caso il voto al presidente può servire a farlo vincere, con la sua coalizione, invece il voto alla lista e al candidato consigliere serve a determinare il peso di quella lista nel Consiglio, e l’identità dei suoi eletti.
Applichiamo lo schema al caso in questione. Se un elettore lombardo vuole votare il Movimento 5 Stelle, perché si sente rappresentato da quel tipo di battaglia, o condivide la protesta, sa però anche che realisticamente a vincere saranno comunque o Ambrosoli o Maroni. Può decidere col voto disgiunto chi sarà a governare, senza togliere neanche un centesimo di forza al M5S. C’È UN’ALTRA cosa che molti non sanno. Il candidato presidente viene automaticamente eletto in Consiglio regionale solo se vince o arriva secondo. Dal terzo posto compreso in poi, il candidato presidente non viene eletto. Infatti la candidata di 5 Stelle, Silvana Carcano, che lo sa bene, è anche candidata consigliera. Il voto alla Carcano o ad Albertini come presidenti, stando alle previsioni dei sondaggisti, è inutile perché non determina chi vincerà. E non determina neppure chi sederà in Consiglio a rappresentare il M5S.
L’opportunità del voto disgiunto è sconosciuta ai più, e non viene propagandata dai partiti perché temono di perdere qualcosa. E invece hanno poco da perdere, quelli della coalizione Ambrosoli, e molto da guadagnare se almeno qualcuno tra gli elettori di 5 Stelle si ricorderà che Maroni e Formigoni sono l’opposto dei loro ideali. Per loro si tratterebbe solo di capire bene il meccanismo e, senza togliere un solo voto alla loro lista, potrebbero, votando Ambrosoli (o Maroni) scegliere anche a quale giunta fare opposizione. Certo questo interrogativo, questa sorta di secondo turno nello stesso voto sono un’operazione verità che comporta rischi per tutti: può esserci il 5 Stelle di destra che il voto disgiunto lo dà a Maroni, e ci saranno moltissimi che si rifiuteranno di scegliere. Ma, com’è accaduto per il ballottaggio di Pisapia, saranno più numerosi quelli che sceglieranno di favorire il cambiamento. Purché glielo si proponga.