Piccoli e grandi abusi edilizi. Stati di necessità e maxi-speculazioni. Disperata fame di case nei centri urbani e mega-lottizzazioni in cale esclusive. Mini-ampliamenti in aziendine familiari nel profondo entroterra e saccheggi sistematici lungo le coste. In Sardegna, mai come oggi, appaiono stridenti le diverse facce della diffusa illegalità nelle costruzioni. Gli ordini di demolizione a raffica disposti dalla magistratura nuorese mettono il dito su questa piaga multiforme. Facendo riflettere su un universo di violazioni normative capillari e incresciose ma spesso di lieve entità: terrazzini, box, balconi, verande. E rilanciando il più ampio tema degli interventi spesso inadeguati contro gli scempi sui litorali devastati da ecomostri.
Se naturalmente la legge è uguale per tutti, di tutto c’è pure in questo mondo cementificato. Ingenui. Smaliziati. Furbetti fai-da-te. Volpi professioniste condono dopo condono. Ignoranti colombe. Insaziabili falchi. Imprudenti per caso. Principi, re, imperatori e vassalli del mattone selvaggio. Perciò è importante delineare il quadro degli abusi nell’isola, accompagnato da carenze, omissioni, abbattimenti mancati o disposti in ritardo. Una situazione grave. Con dati che negli ultimi decenni (come dimostrano le statistiche della Regione per il più recente periodo settembre 2006-ottobre 2007) indicano una mole impressionante d’irregolarità. In tutto quasi 60mila, stando a calcoli prudenziali. Ma al di là del numero fa riflettere la tipologia.
Dal dopoguerra ci sono stati interi territori che hanno cambiato connotati. Con una forte accelerazione dovuta all’industria delle vacanze ed enormi scempi provocati da alberghi, residence, seconde case, camping, villaggi turistici. Con la complicità di tanti amministratori e troppi dirigenti sindacali nel tollerare industrie inquinanti quando la massiccia disoccupazione portava a chiudere tutti e due gli occhi sui contraccolpi. Le storie di Pittulongu, proprio in questi giorni al centro di un’inchiesta su intrecci con la ’ndrangheta, sono significative. E con questioni che ora si spostano inevitabilmente dal piano della semplice legalità ai danni comunque subìti - autorizzati o no, sanati o no - dal paesaggio. Qualche esempio per capire meglio? Eccolo. Il riferimento è a casi come La Marmorata a Santa Teresa o Rocca Ruja a Stintino. Ripeterli oggi non sarebbe neppure immaginabile. Anzi, proprio oggi in tutta la loro prorompente regolarità giudiziaria, ricordano le strade da evitare per non compromettere l’ambiente. Concetto che riporta al «consumo senza ritorno del territorio» caro a Renato Soru e alla sua legge salvacoste. E concetto che, nella fase più vicina a noi, ha visto lo sviluppo di una moderna coscienza ecologista. In campo, su questo fronte, le maggiori associazioni per la difesa della natura. Dal Wwf a Italia Nostra. Dal Gruppo d’intervento giuridico agli Amici della terra. Da Marevivo a Legambiente. È spesso grazie alla loro vigilanza che le aspetti preoccupanti sono tenuti sotto osservazione. È sempre grazie a loro, oltre che all’assessorato all’Urbanistica e alle amministrazioni locali più sensibili, che l’entità di un abusivismo senza freni si è contratta sebbene faccia ancora paura suscitando sempre allarmi e timori.
Dice Vincenzo Tiana, presidente sardo di Legambiente: «Le cifre fornite in questi giorni dalla Regione confermano che la gran parte delle violazioni si riscontra in aree agricole. Così la nostra isola si avvicina sempre più al Nord Italia e sempre meno ai disastri che continuano registrarsi sui litorali in Sicilia e in Campania. Tutto perché sono stati fatti moltissimi passi avanti». Specialmente se si riflette sulle sanatorie del passato. «Durante una prima fase, negli anni ’80, sono sorti d’incanto interi rioni: a Olbia Pittulongu e Murta Maria, a Quartu si è andati da un piano di risanamento all’altro fino a collezionarne sette - prosegue Tiana - Nel ’94, con il condono voluto da Berlusconi, c’è stato un proliferare di singoli abusi costieri. Adesso, al contrario, con l’Osservatorio regionale che raccoglie le segnalazioni dei Comuni e l’aiuto della Forestale, la vigilanza è stata notevolmente rafforzato. L’unico scandalo resta il rione illegale di Testimonzos a Nuoro».
Finora in Sardegna sono state eseguite su richiesta dei Comuni qualcosa come 1.100 ordinanze di abbattimento per violazioni non condonabili. Tutte in aree tutelate da vincoli d’inedificabilità assoluta. Con la conseguente demolizione di 300mila metri cubi di volumetrie illecite. «In gran parte si è agito fra il 1986 e il 1987 - ricordano i responsabili del Gruppo d’intervento giuridico - Con una breve ripresa fra il dicembre 1994 e il gennaio 1995». Da allora, ogni anno, vengono emessi almeno un migliaio di nuovi provvedimenti di abbattimento. Ma, sottolineano gli stessi ambientalisti, quasi nessuno viene eseguito dai trasgressori. «Sono tuttora giacenti decine di richieste comunali di personale e mezzi regionali per procedere: inutilmente, perché da anni non si bandiscono neppure le gare d’appalto», rimarcano gli Amici della terra. Proprio in questi giorni, però, l’assessore Gianvalerio Sanna ha reso noto che numerose squadre di demolitori sono a disposizione per i casi nei quali si ravvisa la necessità di un aiuto da parte della Regione.
Soltanto nel 2007 in Costa Smeralda sono state sequestrate una trentina di ville abusive. Interventi analoghi a Monte Ricciu, poco distante da Alghero, in un hotel di Orosei e, appena qualche giorno fa, in 16 alloggi non lontano da San Teodoro. Ma le ruspe nella residenza del ministro Antonio Gava a Palumbalza, vicino a Porto Rotondo, o a Punta Cardinalino, non lontano da Palau, rimangono un ricordo vago.
Gli abusivismi insanabili cumulati negli anni sono ora stimati in 4500, la gran parte lungo i litorali. I nuovi monitorati dall’Osservatorio 1.694, relativi però al 48,28 % dei Comuni. Dati, quindi, parziali e numeri ragionevolmente raddoppiabili perché molte amministrazioni ritardano nell’informare la Regione. Ancora malessere a Quartu, che detiene sempre il record sardo negativo. Oltre che sulla Riviera del corallo: 140 i nuovi casi accertati dal Comune, più di 80 gli avvisi di garanzia.
Molte le storie clamorose. Come 185 edifici nell’oasi di Molentargius. I 26 complessi (campeggi con bungalow e roulotte fissate al suolo) nell’area protetta di Porto Conte. I sigilli a un’intera lottizzazione di Punta Lu Cappottu, vicino a Porto Torres. Cinquanta tra pontili e villette irregolari nel parco della Maddalena. Una baraccopoli con 13 unità abitative a Capo Ceraso. Una quarantina di strutture fuori norma nell’isoletta di Corrumanciu, stagno di Porto Pino. I contestatissimi lavori per il campo da golf sulle sponde dello stagno di Chia, prima sequestrati e poi dissequestrati per permettere, sotto vigilanza, il ripristino ambientale. Valanga di abusi a Pula, Baia delle ginestre, non lontano da Teulada, a Carloforte, Olbia, Golfo Aranci. E l’elenco, quasi senza fine, potrebbe continuare: si calcola che ogni giorno nell’isola si commettano non meno di dieci abusi. Di qui le conclusioni del portavoce del Gruppo d’intervento giuridico, Stefano Deliperi: «Tanti casi scottanti non possono venire lasciati incancrenire: contro l’abusivismo si deve fare di più».