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Ronny Mazzocchi
Economisti che fanno flop
9 Ottobre 2011
Articoli del 2011
Dopo gli economisti, anche i politici faranno guidare le proprie azioni dagli astrologi e dai cartomanti? L’Unità, 9 ottobre 2011

All’interno della crescita esponenziale che ha caratterizzato l’industria finanziaria mondiale negli ultimi 30 anni, un posto di rilievo è sicuramente rappresentato dai cosiddetti derivati finanziari. Si tratta di strumenti che hanno permesso e ancora oggi permettono – di trasferire in misura massiccia i rischi da una persona ad un’altra.

Il meccanismo è semplice: un soggetto si impegna a compensare un altro soggetto nel caso in cui un debitore si trovi per una serie di motivi predeterminati nella condizione di non poter onorare il proprio debito. Quando a metà degli anni Ottanta i derivati cominciarono a diffondersi, la Banca dei Regolamenti Internazionali aveva subito avvertito che in questo modo il rischio poteva finire nelle mani di soggetti assai poco attrezzati per valutarlo e gestirlo adeguatamente e, soprattutto, non sottoposti ad una adeguata vigilanza.

Eppure proprio coloro che avrebbero dovuto padroneggiare la materia meglio di chiunque altro la complessa e intricata galassia degli economisti finanziari non sembrava particolarmente preoccupato. Vi era anzi una fiducia pressoché totale nel fatto che, proprio grazie all’uso dei derivati, il sistema finanziario e creditizio avrebbe avuto la possibilità di aumentare la propria efficienza e favorire una crescita economica duratura. A provarlo è un questionario che l’International Swaps and Derivatives Association ha sottoposto nel febbraio del 2004 a 84 professori di finanza appartenenti alle 50 migliori business school mondiali fra cui la Columbia University, il MIT, l’Università di Chicago e anche la nostra Bocconi.

A leggere oggi le risposte a quelle domande c’è da restare quasi increduli: il 98% degli intervistati sosteneva che i derivati avrebbero consentito alle imprese di aumentare stabilmente il valore azionario. Addirittura il 100% sosteneva che l'uso dei derivati avrebbe aiutato le aziende a gestire meglio il rischio finanziario. Più della metà di chi ha risposto al questionario sosteneva che i derivati non avrebbero creato nuovi rischi. Ma il bello viene alla fine: il 99% degli intervistati credeva che l’impatto dei derivati sul sistema economico globale sarebbe stato positivo e oltre l’80% era sicuro che i rischi associati all’uso dei derivati fossero stati sovrastimati.

LA REALTÀ E LA TEORIA

A giudicare da come sono andate le cose viene da pensare che avesse ragione Josiah Bartlet, il presidente degli Stati Uniti e Nobel per l'economia della celebre serie televisiva The West Wing, quando diceva che «gli economisti servono solo per dare credibilità agli astrologi». Con la mente oscurata da modelli matematici sempre più complessi e da ipotesi sempre più ardimentose, gli studiosi di finanza avevano perso di vista la realtà delle cose, ovvero il fatto che l’innovazione finanziaria stava cambiando il rapporto fra produttori e finanziatori, con tutti le conseguenze che questo stava portando con sé.

La dissociazione fra realtà e teoria è un errore che è stato ripetuto anche negli ultimi mesi in Europa. Con il supporto di economisti e commentatori in gran parte vicini alle forze politiche conservatrici, le istituzioni europee hanno insistito nell’affermare che per rilanciare la crescita economica era necessario impostare sempre più gravosi piani di austerità per ridurre rapidamente l’indebitamento.

L’idea di fondo è che a fronte dell’impegno dei singoli governi a ridurre la spesa pubblica e successivamente le tasse, le famiglie si sarebbero attese “razionalmente” di poter beneficiare in futuro di un crescente reddito disponibile e quindi avrebbero aumentato i propri consumi sin da subito rilanciando così la domanda.

A giudicare dai risultati finora ottenuti, non sembra che questa bizzarra teoria avrà maggiore fortuna di quella che aveva portato a decantare le lodi dei titoli derivati. Proprio l’altro ieri l’Economist confermava la revisione al ribasso delle stime di crescita per i prossimi mesi già preannunciate dalla JP Morgan dieci giorni fa. Essere accostati agli astrologi è una cosa che certi economisti hanno loro malgrado imparato ad accettare. Non vorremmo invece che i politici europei finissero per prendere l’abitudine di essere le uniche persone che ancora credono a maghi e fattucchiere.

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