Il Veneto messo a rischio da tre mega-progetti immobiliari: Motor City, con uno shopping center di 195 mila metri quadrati, Euroworld, che propone l'Europa in miniatura stile Eurodisneyland e Veneto City, la «fiera delle fiere». La denuncia di Legambiente
Ecomostri, l'ultima evoluzione del cannibalismo immobiliare. Mega-progetti che alimentano la bulimia del «modello veneto». Cattedrali di cemento & affini che cancellano ogni altra linea d'orizzonte. E' il Veneto messo in cantiere dalla giunta Galan, ma anche dai Comuni che fanno cassa con il territorio. Tre operazioni concepite con la suggestione anglosassone: la New City del Veneto dopo il terremoto nei capannoni a Nord Est. Euroworld, vecchio continente in miniatura sul Delta del Po. Veneto City, super-fiera delle vanità nella Riviera del Brenta. E Motor City che fa rombare con l'autodromo anche il più mastodontico centro commerciale d'Europa, a cavallo tra Verona e Mantova. Sono l'ultimo capitolo del «saccheggio senza fine» che Legambiente ha denunciato con forza.
Il Veneto già monopolizza la classifica dei volumi edilizi (residenziali e non) autorizzati dai Comuni. Vanta poi una crescita disordinata che spaccia per sviluppo il moltiplicarsi di villette disegnate da geometri, ipermercati in stile americano, contenitori giganteschi per piccole imprese, torri e regine della cementificazione selvaggia. Oltre l'indistinta melassa dell'ex miracolo economico incombe l'ombra di tre mostruosità urbanistiche. Destinate a marchiare a fuoco il Veneto, che paga il conto salato di tre condoni edilizi in vent'anni. E' l'immobiliare che si fa stato permanente degli affari, con la politica (non solo berlusconiana) che appalta territorio e futuro. «Con il risultato che non c'è più differenza tra edilizia legale e abusiva» riassume Michele Bertucco, presidente di Legambiente Veneto, che sul tavolo offre il dossier «Cancellare il paesaggio» con i tre simboli di un incubo.
Una vera catastrofe annunciata. In pratica, il vero collasso dell'area area centrale del Veneto. E' il 25,7% del territorio e accoglie il 50,7% della popolazione nel 47,2% delle abitazioni della regione (sono ben 930 mila, di cui 80 mila senza inquilini). «Una nebulosa insediativa senza logica apparente se non quella del profitto immediato dei proprietari delle aree, con l'avvallo di amministrazioni locali compiacenti, sempre pronte ad approvare varianti e variantine al piano regolatore» sintetizzano a Legambiente.
Il quadro più impressionate lo fornisce la fotografia della provincia di Vicenza: in 50 anni la "macchia" urbanizzata è aumentata del 342%, con un incremento di popolazione limitato al 32%. Tradotto, significa che i volumi urbani della «città diffusa» sono passati da 8.647 ettari a oltre 28 mila: il cemento si è quadruplicato. Non fa differenza nemmeno Padova con il sindaco Flavio Zanonato, «sceriffo rosso» che deve aver perso di vista le leggi fisiche dello sviluppo sostenibile: «Anticipando la stessa legge regionale - con una variante di Prg approvata con i voti del centrodestra e del centrosinistra - si sono trasformati oltre 4,7 milioni di metri quadri di aree destinate a verde pubblico in aree di perequazione, delegando ai privati il progetto delle nuove lottizzazioni ed ottenendone in cambio uno spezzatino di aree di verde pubblico in mezzo o ai margini dei nuovi caseggiati» ricorda Sergio Lironi che ha seguito per cinque anni le sedute della Commissione urbanistica, presieduta dall'ex assessore socialista Sandro Faleschini.
Scelte miopi quanto dannose. Eppure, diventano perfino marginali rispetto ai tre ecomostri che fanno scandalizzare Legambiente, e non solo. In Veneto la catena di montaggio vera parte con i «cavatori» e arriva ai costruttori. Nel mezzo, l'economia del mattone va a braccetto con la politica dello sviluppo a senso unico. Una regione immobile in perenne adorazione del totem immobiliare. Con interessi speculativi che si dilatano, nutriti da progetti sempre più mastodontici.
Come Motor City che sboccia nel 1999 grazie ad una legge regionale che abbozza la necessità di un autodromo. E arriva il piano di Quadrante Europa che individua tra Vigasio e Trevenzuolo (Verona) il terreno ideale per il circuito. Sulla carta, superficie non edificabile per il 70% e gran parte dell'area destinata a parco regionale. Due anni dopo nasce la società Autodromo del Veneto: tra i soci Veneto Sviluppo, la finanziaria della Regione, e successivamente rombano anche i comuni. Nel 2004 i lavori vengono affidati a Draco Spa: nella lista dei costruttori c'è anche Earchimede SpA, finanziaria di Brescia "indagata" dalla magistratura insieme all'ex presidente Emilio Gnutti dopo la scalata di Bpi ad Antonveneta. Lo scandalo dei "furbetti del quartierino" spinge Gnutti alle dimissioni, ma «con l'entrata in scena dei soci privati inizia il turbine di varianti di leggi della Regione» ricostruiscono a Legambiente.
Dal dicembre 2004 al marzo 2005, le varianti urbanistiche trasformano l'autodromo in un "mostro" di 4,5 milioni di metri quadri, con un' area industriale di 50 ettari e il polo commerciale più grande d'Europa (altri 104 ettari), senza nemmeno coinvolgere la Provincia, I dieci centri commerciali del Veronese occupano 139.490 metri quadri. A Motor City, si immagina uno shopping center che da solo concentra a Vigasio 195.000 metri quadri pari al 140% delle superfici occupate nell'intera provincia.
Nel 2006, Earchimede viene sostituita da Coopsette di Reggio Emilia. Due anni dopo a Vigasio e Trevenzuolo vengono approvate varianti su richiesta di Autodromo del Veneto. Risultato: l'altezza delle costruzioni passa da 12 a 35 metri.
Ma ecco il secondo mostro: Euroworld che si candida a competere con Venezia come attrattiva turistica, a giudicare dalle stime di 30 mila visitatori al giorno. L'Europa in miniatura stile Disneyland che si fa strada con la "bonifica ambientale" delle valli da pesca: paludi del Delta del Po trasformate in «divertimento acquatico», con gli immancabili campi da golf, campeggi e park. Le piatte golene del Po di Maistra come base per un campus in stile universitario.
«Tutto in palese violazione della legge regionale 394/91 che ha "consegnato" il futuro della zona al parco del Delta del Po per gli alti valori naturalistici ed ambientali del territorio. L'effetto devastante sulla flora e la fauna appare scontato: la miriade di costruzioni accessorie a Euroworld modificheranno per sempre gli equilibri idraulici del territorio, tagliando le già precarie connessioni ecologiche. L'Europa in miniatura rischia di far scomparire il sistema agricolo ancorato con i cicli del fiume. E di allontanare per sempre le specie che vivono nelle garzaie, le aree stanziali per gli animali fondamentali per la tutela del territorio» prevede Legambiente.
Ultimo ecomostro, ma ancor più devastante, è Veneto City. Di fatto, la "fiera delle fiere" che cancellerebbe ogni prospettiva per le attuali strutture espositive di Verona, Padova e Vicenza. Ma anche una sorta di "mega vetrina" della produzione a Nord Est, che metterebbe spalle al muro i commercianti all'ingrosso e gli artigiani di nicchia. Un milione e 700 mila metri quadri edificabili, a metà strada fra Venezia e Padova. Un centro servizi polifunzionale capace di attirare nella Riviera del Brenta 70 mila veicoli al giorno. Uno show room del Veneto formato megalopoli dove ora si vedono ancora i campi intorno a Dolo.
«Veneto City è grande 17 volte la Fiera di Padova. Prevede centri direzionali, quartieri generali, poli di rappresentanza di enti amministrativi e aree espositive promozionali. Ma anche l'auditorium, il museo d'arte contemporanea, farmacie, banche e sale cinema. Insomma, una vera e propria città artificiale con 40 mila persone di giorno e completamente disabitat««««a di notte» sintetizza Legambiente. Il faraonico progetto della "nuova città" del Veneto è opera dell'ingegner Luigi Endrizzi che ha già trasformato il quadrante di Padova Est nel concentrato di ipermercati intorno alla filiale dell'Ikea. Al suo fianco nell'impresa, i trevigiani Giuseppe Stefanel e Fabio Biasuzzi con altri investitori minori come Olindo Andrighetti. Veneto City è nel crocevia dell'autostrada, della ferrovia e dell'innesto del nuovo Passante. Contempla un "satellite ricettivo" con mille stanze alberghiere più la torre telematica (alta 150 metri) per governare tutto il traffico della regione.
Tre ecomostri per il Veneto che ha perso la testa. E non è un videogioco...
(pdf del Dossier Legambiente scaricabile direttamente da qui)