«Con l’introduzione della cosiddetta autorizzazione unica, le società estrattive non sarebbero state costrette a pagare alla Regione e agli enti locali le compensazioni ambientali necessarie». Il Fatto Quotidiano, 5 aprile 2016 (m.p.r.)
Lo ha detto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: Renzi non può dare la colpa alle Regioni e accusarle di essere d'ostacolo alle strutture strategiche italiane “di pubblica utilità”, non può accusare le amministrazioni di bloccare opere pubbliche che danno lavoro e favoriscono lo sviluppo economico. Non può farlo perché, almeno nel caso di Tempa Rossa e dell’adeguamento delle strutture della raffineria di Taranto per lo stoccaggio del greggio proveniente dalla Basilicata, non è vero.
Il ruolo della Regione
«Ti hanno detto male, Matteo, se ti hanno riferito che la Regione Puglia si opponeva a Tempa Rossa - ha detto il governatore pugliese nel suo intervento in Direzione Pd, lunedì pomeriggio - la Puglia quel progetto lo ha approvato». In effetti, è stato autorizzato nel 2011, rispettivamente con l'esito positivo della Valutazione d'impatto ambientale (la cosiddetta Via) e con quello dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia). Perché allora la necessità dell'emendamento sblocca Tempa Rossa inserito nella legge di Stabilità, che rende strategiche tutte le opere connesse all’attività estrattiva come gasdotti, porti, siti di stoccaggio?
L'interesse delle aziende
Una delle risposte è che sia per evitargli problemi con gli enti locali e altre spese. Il governatore della Puglia lo spiega alla fine dell'incontro: Renzi lo ha fatto perché così le società (con l’introduzione della cosiddetta Autorizzazione unica) non sarebbero state costrette a pagare alla Regione e agli enti locali le compensazioni ambientali necessarie quando si realizzano infrastrutture di elevato impatto ambientale, come oleodotti o impianti di stoccaggio. Compensazioni che la Regione discute con le aziende coinvolte e che gli permette o di ottenere in cambio servizi e nuove opere, o di mettere da parte soldi per far fronte a eventuali incidenti come contrappeso del rischio e dell’eventuale inquinamento.
Compensazioni
Nel 2011, ad esempio, la Regione Puglia - a quel tempo governata da Nichi Vendola - aveva elaborato una proposta di deliberazione che prevedeva, come contrappasso, compensazioni per l'inquinamento dovuto al traffico navale, per il rischio di inquinamento delle coste circostanti “a forte vocazione turistica ed elevato pregio ambientale” in caso di incidenti di navigazione o avarie. Inoltre, si proponeva un potenziamento nel vicino Parco delle Gravine con la realizzazione, a carico di Eni, di impianti fotovoltaici (con devoluzione in conto energia) su ospedali, università e centri di ricerca della Regione. Un dialogo che quando un'opera diventa strategica, come è successo nel caso degli oleodotti e degli impianti di stoccaggio grazie all’emendamento Guidi, non è più necessario perché decide tutto il governo. Le aziende possono fare ciò che vogliono senza dover trattare con le Regioni.
L'Ilva
A ostacolare il progetto di adeguamento delle raffinerie di Taranto, tra il 2011 e il 2014, in realtà è stato il timore che al disastro ambientale dell ’Ilva si sommasse Tempa Rossa. La pressione e lo scontento dei cittadini e degli ambientalisti ha reso cauti gli enti locali, tanto che a settembre del 2014, la Regione Puglia chiede il riesame del parere di Via sul progetto Tempa Rossa, su suggerimento dell'Arpa, l'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale, che riteneva non fosse stato elaborato tenendo conto della vicinanza con l’Ilva.
Le opportunità
Quelle per il territorio, secondo i dati della stessa Total, sono molto limitate. Le royalty per la Regione (tra le più basse del mondo e in Europa) provenienti dai pozzi Tempa Rossa, a regime sarebbero pari a 180 milioni di euro all’anno. Dato calcolato su un prezzo medio di 100 dollari a barile. Oggi, che il petrolio è sui 37-38 dollari, spiegano i Verdi, si scende a 68 milioni l’anno. E quanto incassa la Total? Con un investimento di 1,6 miliardi di euro, prende un miliardo di euro all’anno a prezzo di barile. E va in profitto nel giro di due anni mentre in Basilicata diminuisce il numero di residenti nelle città delle trivelle e il comparto agricolo si riduce (dati Corte dei conti 2014).