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Andrea Fabozzi
Ecco la Costituzione di palazzo Chigi
10 Marzo 2015
Articoli del 2015
Avanti verso il passato. Una riforma che gli italiani aspettavano da tempo. Abbiamo di nuovo un potere concentrato in una mano sola (la destra), e invece del Senato abbiamo il Consiglio della corona.

Il manifesto, 10 marzo 2015
La legge di revi­sione costi­tu­zio­nale che oggi sarà appro­vata dalla camera modi­fica 47 arti­coli sui 134 che com­pon­gono l’attuale Costi­tu­zione. Più del 35%: l’intera seconda parte (Ordi­na­mento della Repub­blica) e un solo arti­colo, il 48, della prima parte (Diritti e doveri dei cit­ta­dini). Il dise­gno di legge porta la firma di Mat­teo Renzi e Maria Elena Boschi ed è stato gestito come un affare di stretta com­pe­tenza del governo (con una sorta di que­stione di fidu­cia: «Se il par­la­mento non fa le riforme va a casa») attra­verso tempi con­tin­gen­tati, «can­guri» (emen­da­menti can­cel­lati a bloc­chi) e una seduta fiume alla camera. Dovrà tor­nare al senato — che però potrà discu­tere solo i 10 arti­coli modi­fi­cati dalla camera — e, dopo la pausa di rifles­sione di tre mesi, dovrà pas­sare per il voto con­forme a mag­gio­ranza asso­luta dei due rami del par­la­mento. Poi il refe­ren­dum con­fer­ma­tivo, con il quale si chie­derà ai cit­ta­dini un voto pren­dere o lasciare su tutta la riforma. Non ci sarà cioè quel refe­ren­dum «omo­ge­neo» per mate­ria pre­scritto dalla Corte Costi­tu­zio­nale e con­si­de­rato ormai un punto fermo dai costi­tu­zio­na­li­sti, al punto da essere stato pre­vi­sto nella pre­ce­dente ipo­tesi di riforma «lar­ghe intese» (governo Letta).

Le prin­ci­pali modi­fi­che alla Costi­tu­zione pos­sono essere rias­sunte in otto punti; tre invece sono le parole d’ordine scelte dal governo: fine del bica­me­ra­li­smo, sem­pli­fi­ca­zione, rispar­mio. Tre slo­gan finiti in un solo arti­colo, il nuovo 55 della Costi­tu­zione, che cre­sce da 5 a 35 righe: d’ora in poi solo i depu­tati «rap­pre­sen­tano la nazione» men­tre il nuovo senato «rap­pre­senta le isti­tu­zioni ter­ri­to­riali». Secondo Renzi l’abolizione del senato elet­tivo e delle pro­vince pro­durrà un taglio di spesa di un miliardo, secondo la Ragio­ne­ria gene­rale dello stato rispar­mie­remo solo 49 milioni.

1 — Senato non elet­tivo. In luogo di 315 sena­tori eletti da tutti i cit­ta­dini che hanno com­piuto 25 anni, a palazzo Madama sie­de­ranno in 95 scelti dai con­si­glieri regio­nali all’interno dei con­si­gli e tra i sin­daci della regione. Altri cin­que sena­tori potranno essere scelti «per altis­simi meriti» dal pre­si­dente della Repub­blica per un inca­rico di sette anni. Le moda­lità di ele­zione all’interno dei con­si­gli regio­nali sono tutte da scri­vere: una buona simu­la­zione è rap­pre­sen­tata dalla recente sele­zione dei dele­gati per l’elezione del pre­si­dente della Repub­blica: il Pd da solo si è aggiu­di­cato circa il 60% dei posti. La com­po­si­zione del senato cam­bierà con il suc­ce­dersi delle con­si­lia­ture regio­nali, e anche il numero totale dei sena­tori potrà aumen­tare o dimi­nuire in caso di novità nei cen­si­menti. Il senato non vota la fidu­cia al governo.

2 — Pro­ce­di­mento legi­sla­tivo. L’articolo 70 della Costi­tu­zione è attual­mente di una sola riga: «La fun­zione legi­sla­tiva è eser­ci­tata col­let­ti­va­mente dalle due camere». Il nuovo è di oltre cin­quanta righe. Pre­vede in sin­tesi quat­tro pro­ce­dure: 1) Le leggi costi­tu­zio­nali sono appro­vate da entrambe le camere. 2) Sulle leggi ordi­na­rie il senato può even­tual­mente espri­mersi dopo che la camera le abbia appro­vate, ma la camera ha l’ultima parola a mag­gio­ranza sem­plice. 3) Per alcune leggi com­prese in un elenco di mate­rie (tutela dell’interesse nazio­nale) se il senato si esprime a mag­gio­ranza asso­luta la camera può igno­rare la deli­be­ra­zione ma votando anche lei a mag­gio­ranza asso­luta. 4) Il senato può pro­porre una legge alla camera votan­dola a mag­gio­ranza asso­luta, ma la camera può igno­rare la pro­po­sta a mag­gio­ranza sem­plice. Su even­tuali, pre­ve­di­bi­lis­simi, con­flitto di attri­bu­zione tra le due camere «deci­dono i pre­si­denti delle camere d’intesa tra loro». Nulla si dice nel caso di man­cata intesa.

3 — Voto a data certa. Il governo potrà chie­dere alla camera di votare in maniera defi­ni­tiva entro set­tanta giorni una legge che con­si­dera «essen­ziale per l’attuazione del pro­gramma». Il ter­mine include i tempi neces­sari per l’eventuale esame del senato. Il nuovo isti­tuto non sosti­tui­sce i decreti legge, per i quali ven­gono solo pre­vi­sti in Costi­tu­zione quei limiti per mate­ria (leggi costi­tu­zio­nali, leggi elet­to­rali e altre) che già sono pre­vi­sti oggi dalla legge ordi­na­ria.

4 — Giu­di­zio pre­ven­tivo di costi­tu­zio­na­lità. È pre­vi­sto solo per le leggi elet­to­rali, com­presa quella che sarà even­tual­mente appro­vata (Renzi se lo augura) nelle legi­sla­tura in corso (l’Italicum). Un terzo dei sena­tori o un quarto dei depu­tati potranno chie­dere alla Con­sulta di valu­tare la legit­ti­mità delle nuove norme elet­to­rali una volta con­cluso l’esame delle camere e prima che la legge venga pro­mul­gata dal capo dello stato. Si dovreb­bero così evi­tare nuovi casi «Por­cel­lum».

5 — Stru­menti di demo­cra­zia diretta. Il governo ha detto di volerli age­vo­lare, le modi­fi­che vanno nel senso oppo­sto. Per una legge di ini­zia­tiva popo­lare occor­re­ranno il tri­plo delle firme (da 50mila a 150mila), viene enun­ciato il prin­ci­pio che il par­la­mento deve garan­tirne l’esame, rin­vian­dolo però ai rego­la­menti par­la­men­tari. Ven­gono citati in costi­tu­zione i refe­ren­dum pro­po­si­tivi e di indi­rizzo, ma anche in que­sto caso c’è un rin­vio: a una pros­sima legge costi­tu­zio­nale. Infine cam­biano i numeri del refe­ren­dum abro­ga­tivo: se la pro­po­sta è sot­to­scritta dagli attuali 500mila elet­tori con­ti­nuerà a essere richie­sta la par­te­ci­pa­zione del 50% più uno degli aventi diritto al voto per­ché il refe­ren­dum sia valido. Se invece le firme saranno 800mila basterà il 50% più uno dei votanti alle ultime ele­zione per la camera.

6 — Deli­be­ra­zione dello stato di guerra. Passa dalla com­pe­tenza bica­me­rale e quella della sola camera, che dovrà deci­dere a mag­gio­ranza asso­luta. Ma la legge elet­to­rale in arrivo (Ita­li­cum) garan­ti­sce quella mag­gio­ranza a un solo par­tito. Resta pre­vi­sto che una legge sem­plice può pro­ro­gare la durata della camera in caso di guerra. E così, almeno in teo­ria, viene messo in mano a un solo par­tito lo stru­mento per rin­viare le ele­zioni poli­ti­che.

7– Ele­zione del pre­si­dente della Repub­blica. Perde buona parte della carica bipar­ti­san per effetto della dimi­nu­zione dei sena­tori e dell’abolizione dei dele­gati regio­nali. Sono pre­vi­sti tre quo­rum: due terzi dei com­po­nenti per i primi tre scru­tini, tre quinti dei com­po­nenti dal quarto scru­ti­nio e tre quinti dei votanti dal set­timo. A conti fatti (con l’Italicum) il primo par­tito potrebbe con­tare su 410 grandi elet­tori, doven­done met­tere insieme dal quarto scru­ti­nio appena 438.

8 — Titolo V. Viene sop­pressa la com­pe­tenza con­cor­rente tra stato e regioni, cre­sce rispetto alla Costi­tu­zione vigente l’elenco delle mate­rie di com­pe­tenza esclu­siva dello stato (l’articolo 117 mette in fila 21 grandi capi­toli, dalla poli­tica estera ai porti e aero­porti). Viene intro­dotta la «clau­sola di supre­ma­zia» in base alla quale il par­la­mento può legi­fe­rare anche in mate­rie di com­pe­tenza regio­nale «quando lo richieda la tutela dell’unità giu­ri­dica o eco­no­mica della Repub­blica ovvero l’interesse nazio­nale». Ma a deci­dere di far scat­tare la clau­sola potrà essere solo il governo.

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