Il miglior atto di responsabilità verso il Paese che la Cgil potesse assumere lo ha fatto proclamando lo sciopero generale e chiamando tutti alla mobilitazione.
Questa manovra del governo dev'essere profondamente cambiata, a partire dal ritiro dell'articolo 8 che cancella il diritto del lavoro, il contratto nazionale e lo Statuto dei Lavoratori. Non è sufficiente: un governo che con le sue leggi classiste sta attentando alla nostra Costituzione formale e materiale dev'essere mandato a casa. Di conseguenza, lo sciopero generale non può restare un momento a sé, per quanto fondamentale, ma deve segnare l'inizio di una mobilitazione straordinaria capace di durare il tempo necessario ad ottenere tutti questi risultati che non si esaurirebbero neanche con un cambiamento radicale della manovra. La Confindustria sta sostenendo apertamente le scelte del governo. Scelte che, con l'art. 8, promuovono l'odioso metodo della Fiat a Pomigliano e Mirafiori a legge dello stato, in violazione di altre leggi fondamentali.
Siamo di fronte ad un atto di una gravità senza precedenti che viola le più elementari regole di una democrazia costituzionale e che fa carta straccia persino dell'accordo interconfederale del 28 giugno, firmato dalla Confindustria insieme a Cgil, Cisl e Uil. Inoltre, la manovra non interviene sulle ragioni che hanno determinato la crisi, anzi fa pagare ancora una volta i lavoratori dipendenti, i pensionati ed i giovani, riproponendo gli stessi identici meccanismi e le stesse ricette che hanno gettato il mondo intero in questo marasma. Le risorse per uscire attraverso un'altra strada dalla crisi ci sono: vanno ricercate non tagliando lo stato sociale, i diritti e la dignità dei lavoratori e dei cittadini, ma introducendo una vera patrimoniale, tassando le transazioni finanziarie, colpendo l'evasione e la corruzione, riformando profondamente il sistema politico.
Il fatto ancor più grave è che questo tsunami che ci viene scatenato contro si sviluppa in assenza di una politica industriale pubblica capace di avviare un nuovo modello di sviluppo, socialmente ed ambientalmente sostenibile e rispettoso del pronunciamento popolare realizzato attraverso i referendum dello scorso giugno.
È in gioco la democrazia di questo paese, nei posti di lavoro come nella società. Anziché l'art. 8 del governo, è necessaria una legge sulla rappresentanza che sancisca il diritto dei lavoratori a votare sempre in modo libero sui contratti che li riguardano. L'unità del lavoro è un valore irrinunciabile, ma si costruisce con la democrazia, permettendo dunque, sempre, ai lavoratori di votare. C'è bisogno di unire intorno alle battaglie per il lavoro i giovani, gli studenti, i precari e tutti coloro che hanno subito e pagato la crisi. Solo attraverso questa unità è possibile determinare un reale cambiamento sociale, morale e politico.
L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, tale deve restare.
L'autore è Segretario generale della Fiom