1. Redigere la comunicazione richiesta implicava il rinvenire, e sommariamente valutare, l’insieme delle disposizioni presenti nell’insieme della produzione legislativa regionale riconducibili alla finalità di contenere al massimo l’utilizzazione del territorio non urbanizzato, sia in prevalente condizione naturale sia oggetto di attività agricola o forestale, per realizzarvi nuovi insediamenti di tipo urbano o ampliamenti di quelli esistenti, ovvero nuovi elementi infrastrutturali, nonché attrezzature puntuali, e comunque manufatti diversi da quelli strettamente funzionali all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale. Ho quindi verificato se la finalità dianzi enunciata è espressa come propria della legislazione regionale, ovvero dell’attività di governo del territorio dalla prima regolamentata, e se era stato previsto e approntato qualche strumento per assicurare il perseguimento della medesima predetta finalità. Ho inoltre esaminato se la legislazione delle diverse regioni avesse specificamente disciplinato le trasformazioni ammissibili nel territorio non urbanizzato e ho verificato se e in che misura le discipline dettate, ove lo fossero state, si allontanassero dal modello di disciplina che, compiendo la mia opzione certamente più soggettiva e quindi discutibile, ho qualificato (nei suoi elementi essenziali) come ottimale.
2. L’assunzione dell’ultimo criterio ora detto mi impone di provvedere, prima di procedere all’esposizione, secondo i suesposti criteri, di contenuti delle legislazioni regionali, a esplicitare quale sia, secondo il mio parere, quello che ho qualificato, per l’appunto, come ottimale modello di disciplina delle trasformazioni ammissibili nel territorio non urbanizzato. Ritengo che il principio che si deve assumere senza eccezione alcuna sia quello per cui nel territorio non urbanizzato possono definirsi ammissibili nuove costruzioni, demolizioni e ricostruzioni, consistenti ampliamenti, di edifici, solamente se strettamente funzionali all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale, nel rispetto di precisi parametri rapportati alla qualità e all'estensione delle colture praticate e alla capacità produttiva prevista, come comprovate da piani di sviluppo aziendali o interaziendali, ovvero da piani equipollenti previsti dalle leggi. Le predette trasformazioni devono essere assentite previa sottoscrizione di apposite convenzioni nelle quali sia prevista la costituzione di un vincolo di inedificabilità, da trascrivere sui registri della proprietà immobiliare, fino a concorrenza della superficie fondiaria per la quale viene assentita la trasformazione, nonché l'impegno a non operare mutamenti dell’uso degli edifici, o delle loro parti, attivando utilizzazioni non funzionali all’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, e a non frazionare né alienare separatamente i fondi per la parte corrispondente all'estensione richiesta per la trasformazione ammessa. Devono essere disciplinate altresì le trasformazioni ammissibili dei manufatti edilizi già esistenti con utilizzazioni in atto non strettamente funzionali all’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, limitandole a quelle di manutenzione, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia senza ampliamenti, ovvero con ampliamenti fortemente contenuti. Parimenti devono essere disciplinati i mutamenti dell’uso dei manufatti edilizi esistenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge. Nei casi di attivazione di utilizzazioni funzionali all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale devono valere le disposizioni attinenti le omologhe trasformazioni fisiche. Deve essere prevista la demolizione dei manufatti edilizi già utilizzati come annessi rustici, qualora perdano la destinazione originaria e per la parte in cui abbiano entità dimensionale eccedente le determinazioni delle leggi o degli strumenti di pianificazione, e siano privi di interesse anche soltanto storico-testimoniale. In ogni caso deve essere previsto che siano disposte ulteriori limitazioni, fino alla totale intrasformabilità, relativamente al territorio non urbanizzato, o a sue definite articolazioni, per ragioni di fragilità del territorio, ovvero per finalità di tutela del paesaggio, dell'ambiente, dell'ecosistema, dei beni culturali e dell’interesse storico-artistico, storico-architettonico, storico-testimoniale, del patrimonio edilizio esistente.
3. Fatta questa indubbiamente lunga, ma non sopprimibile, premessa, vengo all’esame, sotto il profilo dei primi due caratteri assunti come significativi e dianzi enunciati, degli ordinamenti legislativi delle singole regioni, anzi delle leggi unitarie e organiche in materia di governo del territorio di cui si sono ormai dotate tutte le regioni italiane, tranne, tra quelle “a statuto speciale”, la Regione Sicilia, e, tra quelle “a statuto ordinario”, la Regione Molise, stante che è in questa tipologia di leggi che, constatamente, si rintracciano, laddove esistano, contenuti che, per l’appunto, si riferiscano ai suddetti primi due caratteri. Le Regioni Abruzzo, Basilicata, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna e Umbria non enunciano, nelle rispettive leggi, finalità di contenimento dell’uso del territorio non urbanizzato. Alcune tra loro, peraltro, prevedono che la pianificazione comunale, nel calcolare i fabbisogni di spazi per le diverse funzioni, sia tenuta a rispettare disposizioni dettate dalla medesima regione (Regione Puglia, Regione Sardegna), oppure dalla medesima regione e, in via specificativa, dalla pianificazione provinciale (Regione Lazio), oppure ancora dalla sola pianificazione provinciale (Regione Abruzzo, Regione Marche). Analogamente, le Province autonome di Trento e di Bolzano, pur non affermando nello strumento legislativo finalità di contenimento dell’uso del territorio non urbanizzato, deferiscono la disciplina dei dimensionamenti delle trasformazioni edilizie e urbanistiche all’attività pianificatoria, fortemente gerarchizzata, sovraccomunale e comunale. Al contrario, finalità di contenimento dell’uso del territorio non urbanizzato, formulate variamente e con assai diversa perentorietà, sono espressamente proclamate nelle leggi in materia di governo del territorio delle Regioni Calabria, Campania, Emilia – Romagna, Friuli – Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Tra di esse, alcune prevedono anche che la pianificazione comunale, nel perseguire la prescritta finalità, debba adeguarsi a più puntuali disposizioni dettate dalla medesima regione (Regione Friuli – Venezia Giulia, Regione Valle d’Aosta, Regione Veneto), oppure dalla medesima regione e, in via specificativa, dalla pianificazione provinciale (Regione Calabria, Regione Emilia – Romagna, Regione Liguria), oppure ancora dalla sola pianificazione provinciale (Regione Campania). Altre invece affidano interamente il rispetto della proclamata finalità alla pianificazione comunale (Regione Lombardia, Regione Piemonte, Regione Toscana).
4. Per concludere, cioè per assolvere il compito prefissomi, procedo ora a esporre se e in quali termini la legislazione delle diverse regioni abbia specificamente disciplinato le trasformazioni (fisiche e/o funzionali) ammissibili nel territorio non urbanizzato, e se e in che misura le discipline dettate si approssimino o si allontanino dal modello di disciplina che ho all’inizio di questa comunicazione qualificato come ottimale. Delle regioni che si sono dotate, in tempi più o meno recenti, di una legge unitaria e organica in materia di governo del territorio, o almeno di pianificazione, la Regione Friuli – Venezia Giulia, la Regione Valle d’Aosta, la Regione Basilicata e la Regione Puglia non vi hanno affrontato lo specifico argomento del quale si sta trattando, il quale non è, da tali regioni, normato neppure da specifici provvedimenti legislativi di settore. Lo specifico argomento del quale si sta trattando è invece direttamente affrontato nella legge unitaria e organica in materia di governo del territorio, o almeno di pianificazione, delle Regioni Abruzzo, Calabria, Liguria, Lazio, Lombardia, Emilia – Romagna, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto, nonché delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Gli elementi salienti del modello di disciplina che ho qualificato come ottimale sono peraltro presenti, in misura più o meno compiuta, ma accettabilmente soddisfacente, soltanto nelle leggi delle Regioni Calabria, Lazio, Piemonte, Umbria, e soprattutto in quelle delle Regioni Toscana e Veneto, nonché in quella della Provincia autonoma di Bolzano, mentre possono innestarsi quasi naturalmente (ma non vincolativamente) nelle disposizioni per il territorio rurale dettate dalla Regione Emilia – Romagna e, per contro, sono resi in termini parziali e quasi (verrebbe da dire) caricaturali, nella legge della Regione Lombardia. Due regioni non hanno affrontato lo specifico argomento del quale si sta trattando nelle rispettive leggi unitarie e organiche in materia di governo del territorio, ma ne hanno fatto oggetto di specifici provvedimenti normativi di settore: si tratta della della Regione Sardegna e della Regione Marche. In entrambi i casi sono presenti elementi del modello di disciplina che ho qualificato come ottimale, ma in termini assolutamente parziali e insufficienti. Costituisce un caso a sé la Regione Campania, che nella propria legge unitaria e organica in materia di governo del territorio, provvede, abrogando espressamente disposizioni di leggi previgenti, a far salvi, tra l’altro, alcuni elementi, presenti nella propria previgente legge più ricca di disposizioni sulla pianificazione comunale, che costituiscono, in sostanza, confusi lacerti del modello di disciplina che ho qualificato come ottimale.