La Repubblica, 21 aprile 2015
Maurizio Lupi non è più ministro delle Infrastrutture. Ma forse non lo è mai davvero stato. Lunedì a casa di Stefano Perrotti, l’asso pigliatutto da 15 anni delle direzioni dei lavori pubblici più ricchi, è stata trovata una bozza di lettera indirizzata a Luca Lotti della presidenza del Consiglio, su carta intestata del ministro, nella quale si sollecitava lo sblocco dei fondi per le Grandi Opere strategiche. Quelle che stavano a cuore, innanzitutto, non al Paese ma a Ercole Incalza e, appunto, al suo socio di fatto, Perrotti. Maurizio Lupi, insomma, ci metteva la faccia e l’abito. La sostanza — fosse il programma dell’Ncd, la risposta a una interpellanza parlamentare o, appunto, lo sblocco di fondi — era faccenda di cui si occupavano i veri padroni delle Grandi Opere. Che in trent’anni sono sempre stati gli stessi.
È storia di qualche settimana fa. Delle informative del febbraio scorso del Ros dei carabinieri. Di un passato che non passa, di cognomi antichi e zombie della Prima Repubblica. Signorile, Trane, Li Calzi, Pacini Battaglia. E storia, anche, di Anas, del «giro di mazzette» per il viadotto Scorciavacche crollato sulla Palermo-Agrigento.
Il ritorno di Signorile
Scrivono gli investigatori: «L’ex parlamentare socialista Claudio Signorile, come ministro dei Trasporti dal 1983 al 1987, ha avviato il progetto dell’Alta Velocità. Nel 1999 la Procura di Roma mandava a giudizio (conclusosi in primo grado per intervenuta prescrizione) per concorso in corruzione Rocco Trane, Claudio Signorile, Pierfrancesco Pacini Battaglia, Lorenzo Necci, Ercole Incalza ». Ebbene, cosa ne è, 15 anni dopo, di questi padri dell’Alta Velocità?
Ancora il Ros: «L’ex ministro Claudio Signorile e il figlio Jacopo, per vicende riguardati appalti pubblici, sono tuttora in rapporti, sia con Incalza che con Stefano Perotti ». Jacopo Signorile dirige la “Profert”, società di engineering ferroviario e stradale di cui è amministratore unico il padre, Claudio. E tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, quando per altro Incalza è formalmente ormai fuori dal dificio. castero delle Infrastrutture, traffica per entrare insieme a Perotti nella direzione dei lavori per la realizzazione dell’autostrada Roma- Latina (2,8 miliardi di euro).
L’opera ha l’odore dell’affare in famiglia e non più tardi del novembre scorso l’Authority Anticorruzione guidata da Cantone raccoglie i rilievi sollevati dai costruttori di Roma e segnala anomalie per un’evidente limitazione della concorrenza tra imprese. Ma i due non mollano. Il 22 gennaio scorso Claudio Signorile chiama Incalza con il tono non solo di chi ha una vecchia consuetudine, ma faccende in piedi di cui occuparsi. «Ercole... è Claudio …(ride)... Sei un fetente perché ti sei completamente inabissato (ride) ». L’ex ministro fissa una cena per il 27 gennaio, in via Alessandria, a Roma, alle spalle del Ministero delle Infrastrutture, nel ristorante che, per cabala o ironia, evoca evangeliche “divisioni” e porta il nome di “ Pani e Pesci”. E non è un pasto conviviale. Si discute di appalti.
L'ANAS e le tangenti
C’è di più. Lavorando sui Signorile e aprendo la scatola “Profert”, il Ros incrocia la società “Intercons”, che la partecipa e di cui è stato amministratore Claudio Bucci. L’uomo è poi diventato responsabile per le costruzioni dell’Anas in Sicilia e nelle intercettazioni viene definito «il capro espiatorio » per il crollo, a Capodanno, del viadotto sulla Palermo-Agrigento inaugurato sette giorni prima. Ebbene, nel pozzo degli ascolti che apre il capitolo Anas, viene catturata una frase “piena di senso”. La scandisce Salvatore Adorisio, ad della Green Field System, la società di Incalza e Perotti. Dice Adorisio: «Hanno anticipato la consegna del viadotto di tre mesi così l’impresa e i dirigenti prendevano il premio. E quindi hanno fatto ‘sta porcata e senza collaudo.... Non si capisce l’emergenza quale era. Anche perché lì gli hanno detto di fare così... Era più che ovvio perché c’era un giro di bustarelle che fa paura... E’ ovvio che i soldi che prende l’impresa ritornano in Anas da qualche parte. Sono le solite porcate».
Pacini e Trane
Del resto, solo i gonzi sembrano ignorare che, uscito il 31 dicembre del 2014 dalla porta del ministero, Ercole Incalza ne è rientrato dalla finestra, sistemandosi con il suo braccio destro Sandro Pacella in un ufficio da consulente che, coincidenza, è in piazza della Croce Rossa, sede delle Ferrovie dello Stato. E portandosi dietro — come mormora al telefono un altro suo spicciafaccende — «la borsetta... quella rossa con tutti i codici segreti». Già, il Grande Mandarino, ancora un mese fa, non solo non ha mollato (il ministro Lupi lo chiama di continuo), ma non ha intenzione di farlo, utilizzando come schermo la Green Field System. Non stupisce così che, proprio con Perotti, si materializzi un altro fantasma della Prima Repubblica, Francesco Pacini Battaglia, interessato a un incontro. A Roma o in quel di Bientina, dove “Chicchi” risiede. Né è una coincidenza che il consulente legale con cui Perotti cerca di vincere l’arbitrato da 50 milioni di euro con Fiat per la tratta Alta Velocità Firenze-Bologna (quella per la quale ne hanno già incassati 70 «per non fare un cazzo», come dicono ridendo al telefono) sia Pasquale Trane. Figlio di Rocco, scomparso il 2012 a Rimini. Coincidenza, durante un meeting di Cl. Che, fino a ieri, aveva un ministro. Maurizio Lupi.