Passano i giorni le settimane e i mesi; per l’Unione il tempo di presentarsi apertamente agli elettori con un progetto contraddistinto dalla differenza in ogni campo non dall’inesistente progetto della Cdl ma dall’esistente realtà dovuta alla sua diavolesca opera sta scadendo. Tempo perduto negli scontri fra e dentro i partiti, litigi messi in vetrina ad arte o trattenuti senz’arte nello scuro visibile dei retrobottega, tempo impiegato malamente da onesti e imprudenti a cercar di agguantare scivolose pesciformi sirene capitaliste, come a mostrare di essere moderni, innovativi, competitivi (ah! le indecenti parole da vietare nella sinistra), tempo disatteso delle dichiarazioni nette e convincenti circa l’obiettivo di governare svuotando il carbone dalla calza della befana berlusconiana e rivoltarla per riempirla di buoni doni. Ma cos’hanno nella testa i nostri? Che dirigenti abbiamo se non fanno caso ai diversi commentatori politici – quelli seri e amici – quando li avvisano che la vittoria elettorale non è scontata se non risolveranno fin d’ora i conflitti fra le forze principali dell’alleanza? C’è una verità di fondo che non possiamo ignorare. Le divisioni, rapportabili anche a disegni politici altrui e alla propaganda giornalistica (es. Michele Salvati sul Corriere, contraddetto da Furio Colombo domenica scorsa sull’Unità, quel Salvati che ci innervosiva quando scriveva su Repubblica – e oggi vi si aggiunge Mario Monti) in favore della costituzione del CENTRO, sono tali che dovremmo perfino correggere le definizioni. Vi ricordate la diatriba (apparentemente ridicola) su centrosinistra e centro-sinistra (col trattino)? Vinse il primo, quale insegna di formazione unitaria costituita da due anime tuttavia capaci di ritrovare una ragione comune. Oggi dovremmo ritornare al trattino, anzi, più correttamente, alla locuzione centro e sinistra. Cosa designa? Una effettiva divisione culturale, per ora, e politica in prospettiva: là una buona parte delle bianche brattee della Margherita, l’intero inapparente biancofiore martelliano e un bel mazzo di fronde della Quercia; qua il resto dei vegetali, o a dire dei vegetanti. Vorrei solo verificare il modellino in relazione al problema che sta al centro del dibattito in Eddyburg: urbanistica paesaggio ambiente.
Ricordiamolo: la nuova legge urbanistica ultra-reazionaria è passata alla Camera per azione comune di Forza Italia e Margherita, assente, disinteressata, se non furbescamente appartata e consenziente, una sinistra la cui cultura dovremmo poter collegare a una nobile tradizione dell’analisi sociale - territoriale e della pianificazione pubblica per l’interesse della comunità. Qualcuno può citarmi un alto dirigente nazionale del Pds o dei Dl a cui sia scappata per una volta, in un discorso politicoimportante, la parola urbanistica? Come se tutto il discutere di economia, di gran lunga predominante ai piani alti della politica e dell’informazione, potesse approdare a una qualsiasi conclusione astraendo dalle questioni e soluzioni territoriali, alias urbanistiche, così connesse sia per cause che per effetti a economia e società, benché non esclusivamente, contando a pari grado la cultura e la politica. (Nei titoli degli otto capitoli del Progetto dell’Unione l’ambiente appare di straforo nel quinto sub specie di “nuova qualità ambientale”, fortunatamente mescolata a “nuova economia” e “nuova società”). Al contrario, ai piani inferiori, più vicini alla percezione dei cittadini, presidenti e sindaci parlano e soprattutto agiscono anche troppo. Si dirà che da sempre in Italia il livello comunale ha rappresentato la condizione appropriata al progetto urbanistico. La storia dell’urbanistica fino a pochi anni fa si identificava quasi esclusivamente con la storia del piano regolatore comunale. Non è questo il punto. Preoccupano i nuovi eccessivi poteri assegnati dalla riforma di qualche anno fa ai sindaci, ai presidenti, alle giunte…, insieme al privilegio del maggioritario, insomma poteri ampi e controllo consiliare debole. Pericoli e danni, di frequente è proprio il decisionismo urbanistico ed edilizio a provocarli. Abbiamo citato nel sito molti esempi, a partire dal mai abbastanza deprecato caso milanese anticipatore delle modalità previste dalla nuova legge urbanistica: ossia le scelte degli interventi spettano agli imprenditori e agli speculatori immobiliari; i sindaci potenti, i presidenti, i governatori convalidano senza rendere conto a nessuno, contrattano, se va bene, qualche presunto beneficio per la comunità, non obbligando ad alcunché se non già messo in conto dai padroni del territorio; urbanisti e architetti compiacenti disegnano e motivano scrivendo saggini in coerenza e convenienza. Piani non ne esistono, idee di città e di assetti territoriali l’ente pubblico non ne ha né vorrebbe enunciarle. Gli urbanisti che ne abbiano sono tenuti fuori dal salotto buono. Si dirà che, ora, con tante amministrazioni di centrosinistra, è una bella fortuna che siano esse a decretare il destino del territorio e della città. Eh! No. Abbiamo verificato che non è affatto chiara la linea di confine fra politiche urbanistiche di destra e di sinistra, fra i comportamenti delle amministrazioni di opposto colore. Dire che l’urbanistica non può essere né di destra né di sinistra è un falso per giustificare lo sfasciamento del paese avvenuto grazie, appunto, ad azioni da noi ritenute di destra, anche se effettuate talvolta da governi locali nominalmente di sinistra. Distruggere paesaggi consolidati attraverso le cementificazioni denunciate già trent’anni fa da Antonio Cederna, violare con manufatti mostruosi per quantità e consistenza ambienti umani nella città e nel territorio depositari di memorie storiche e forme irripetibili, trasformare coste, monti, rive di laghi e fiumi, colline, pianure agricole attraverso lo scarico di milioni e milioni di metri cubi edili, tutto questo è stato per così dire amministrato; non fare piani regolatori a tempo debito o farli perfettamente adatti agli scopi della rendita fondiaria ed edilizia rappresentano i due corni del binomio regolatore del massacro conveniente a pochi – forse non sempre e dappertutto a pochi. Il primato spetterà sicuramente alle amministrazioni di destra, ma a noi di Eddyburg è capitato più volte di denunciare malefatte di amministratori di centrosinistra. Conterà anche il fascino del potere per se stesso. Di qui il decisionismo, spesso arrogante, rivolto a opere inaccettabili. Un decantato Illy alleato della sinistra: come immaginarsi, prima, che avrebbe concertato con sante immobiliari (vedi nel sito il mio articolo di Ferragosto) e un sindaco di An una repellente edificazione cosiddetta turistica in uno dei pochi e bellissimi tratti di costa italiana restati quasi intatti, la Baia di Sistiana? Non scrivemmo qui una dura lettera di protesta e di proposta per la conservazione del luogo? Ci saremmo mai aspettati di dover intervenire anche noi frequentatori di Eddyburg, alla fine del 2003, contro l’amministrazione provinciale di Napoli per farla recedere dal sorprendente progetto di ridimensionamento del magnifico spazio agrario storico? Un Ptcp che consentiva l’edificazione su due quinti delle aree agricole dell’intera provincia! E quando sentimmo il dovere, trenta professori del Politecnico di Milano, di inviare una lettera all’amministrazione comunale di Campo nell’Elba che intendeva tagliare cento grandi pini a ombrello per “migliorare” il transito su certi marciapiedi, non è a un sindaco dei Ds che dovemmo rivolgerci? Non fu il Comune di centrosinistra a de-regolare, sconquassare la struttura edilizia storica di Venezia concedendo indiscriminati mutamenti di destinazione degli edifici residenziali e ristrutturazioni dei loro begli spazi, a puro servizio di speculatori e di acquirenti alloctoni e a puro danno dei veneziani pregati di accomodarsi in terraferma? Non ci opponemmo con le nostre firme alla logica berlusconiana adottata dagli insospettabili sindaco e giunta di Ravello, cioè modificare la legge del piano approvato per poter far costruire ad ogni costo il famoso auditorium niemeyeriano? (“Sono spaventato, perché la logica è quella stessa di Berlusconi”, Edoardo Salzano, 19 gennaio 2004). Cosa spinge lo stimato presidente della Toscana, Martini, a condividere col ministro Lunardi la decisione di costruire la variante autostradale tirrenica, salvo la preferenza per un tracciato un po’ meno lacerante il territorio collinare? Perché ignora l’unica soluzione plausibile, “di sinistra” nella misura in cui appare logica e leggera dal punto di vista paesaggistico e funzionale, l’adeguamento dell’Aurelia senza eccessi dimensionali (il traffico previsto da calcoli attendibili sarà in ogni caso molto contenuto)? Non abbiamo predicato per decenni la necessità, anzi l’obbligo direi morale di trasferire gl’investimenti primari dalla strada alla ferrovia?
Quanto potrei proseguire? Molto, ma mi fermo perché sento risuonare l’obiezione “tu elenchi certe colpe – se di colpe poi si tratta – e dimentichi i numerosi meriti della amministrazioni di centrosinistra”. Grazie tante. Nelle attuali circostanze politiche e nella personale speranza di ritrovare a breve un centrosinistra effettivo teso a distinguersi totalmente dalla destra e dal desiderato nuovo centro, mi sembra saggio, come consigliato dagli psicologi in ordine alla meditazione su di sé, discutere i difetti riposti piuttosto che vantare i pregi soleggiati.
Lo so, per un Illy che spiana la strada ai mostri abbiamo un Soru che li ricaccia. Spero che siano tutti della Cdl e annessi quei sindaci che offrono in osceno pasto belle terre sarde ancora intatte, come ci racconta Giorgio Todde nei suoi mirabili e agghiaccianti articoli. Lo spero, Body and Soul.
Lodo Meneghetti
23 agosto 2005