Combattiva ancora oggi, con sulle spalle il «peso meraviglioso» di oltre mezzo secolo di appelli e battaglie in nome della cultura e in difesa del paesaggio, sempre più aggredito, nei decenni, da asfalto, cemento, speculazioni, condoni. Sos continui per il Bel Paese, i suoi, cominciati ancor prima di quel 1955, anno di nascita ufficiale di Italia Nostra, associazione che lei fondò insieme con gli amici di una vita Elena Croce, Umberto Zanotti Bianco, Giorgio Bassani, Pietro Paolo Trompeo e Hubert Howard, marito di Lelia Caetani. Ai quali si aggiunsero fin da subito Antonio Cederna e tanti altri tra letterati, archeologi, critici d'arte, artisti, urbanisti. Tutti diversi per generazione, stili di vita e idee politiche (liberali, liberalsocialisti, azionisti, monarchici, di sinistra): Ma tutti accumunati da una sorta di aristocrazia dei pensiero e nel nome di una battaglia di civiltà che ai tempi nessuno conduceva.
«Si trattava di ribellarsi agli sventramenti che nel dopoguerra continuavano come e più di prima, si trattava di salvare i centri storici dalla cosiddetta ricostruzione selvaggia, si trattava, ad esempio a Roma, di battersi contro l'ennesimo scempio annunciato, un'arteria parallela al Corso a partire da piazza di Spagna. E si trattava di salvare l'Appia Antica, che senza il nostro impegno sarebbe oggi uno stradone cementificato come tanti altri». A parlare è una delle cofondatrici di Italia Nostra, ultima sopravvissuta tra i protagonisti di quel lontano pomeriggio del 29 ottobre '55. La prima associazione ambientalista e di tutela in Italia nacque proprio in casa sua, piazza Cairoli, nel palazzo di famiglia dove ancora oggi vive la contessa Desideria Pasolini dall'Onda, casato nobile dal XIII secolo. Desideria, classe 1920, una miniera di ricordi e una vita spesa in prima linea in difesa del patrimonio artistico e delle bellezze naturali, accoglie ancora adesso il visitatore nella biblioteca del Palazzo, sugli stessi divani rivestiti in velluto cilestrino dove sedettero Bassani, Croce (anche don Benedetto era di casa, Elena, sua figlia, abitava al piano di sotto) e tanti altri protagonisti tra Otto e Novecento: «Vede, lei è seduto proprio dove si metteva sempre Cederna, amico meraviglioso, strambo e geniale. Bassani invece usava quell'altra poltrona». Sprizzante energia, lucidissima, impegnata con l'ennesimo lavoro (in queste ore sta preparando una conferenza proprio sulle origini di Italia Nostra) l'indomita Desideria — nei cui discorsi ricorrono senza enfasi bellissime parole quali intellettuale, impegno, etica, tutela — è stata pochi giorni fa insignita della presidenza onoraria del «Comitato perla bellezza» presieduto da Vittorio Emiliani, altro amico e sodale di battaglie in nome della Cultura.
Nella motivazione anche un breve profilo biografico di Donna Desideria, che pur in sintesi racconta l'eccezionale esistenza di questa nobile signora (aristocrazia di studi e pensiero, prima che di sangue) che fu allieva di Pietro Toesca e Cesare Brandi, studiosa di letteratura inglese, traduttrice di Stevenson e della Woolf. Da Italia Nostra, di cui la Pasolini fu presidente, è polemicamente uscita in seguito alla vendita della villa di via Porpora ai Paioli, lasciata in eredità all'associazione, per farne la sede nazionale, da Maria Luisa Astaldi, scrittrice e moglie di Sante, industriale e fondatore del gruppo (ferrovie, acquedotti) che ancora porta il suo nome: «Ribadisco, quella vendita fu un grave errore. Si trattava di un bene morale e culturale. Problemi di bilancio si potevano risolvere con un mutuo o affittando l'immobile». Che quella non fosse una casa qualunque c'è d'altronde una lunga storia a testimoniarlo. In quelle stanze passarono tanti grandi nomi del Novecento, artisti, letterati, architetti, principi del giornalismo: De Chirico, Savinio, Praz, lo stesso Bassani, Levi, Campigli, Argan, la famiglia Cecchi, Palma Bucarelli, Paolo Monelli... Ché gli Astaldi, è noto, furono anche mecenati: «Maria Luisa — ricorda Desideria — fu una delle prime a finanziare l'associazione». Ma prima di lei a sostenere il gruppo fu il leggendario banchiere-mecenate Raffaele Mattioli: «Ogni tanto ci portava a cena in trattoria. La prima volta lo contattai io chiedendo un appuntamento. Speravo in un piccolo contributo, invece firmò un assegno da tre milioni».
La brillante conversazione con Desideria scivola via tra pensieri sull'integrità dei centri storici come unicum («Fummo i primi a porre il problema), auspici per il futuro («Che la scuola torni a formare l'amore per la conoscenza») e i mille ricordi di una vita degna di una biografia: le ascendenze del casato (sua madre è una Borghese, Desideria tra i suoi avi conta il Cardinal Scipione e Paolina Bonaparte), gli incontri del suo bisnonno nella villa di Montericco con Minghetti, Ricasoli, Capponi, un'altra bisnonna, Antonietta Bassi, aristocratica milanese autrice di una raccolta sull'architettura sparita, Croce che la spinge a riscrivere parte della tesi («Aveva ragione lui») e sé stessa bimba in quei martedì quand'era ospite fisso in casa Pascarella: «Sì, una vita bellissima. Stanca? Per niente. Ho lo stesso spirito ribelle di quand'ero giovane. Paesaggio, periferie, giardini, c'è ancora tanto fare. E il vento che soffia oggi non è dei migliori».
La nomina
In questi giorni il Comitato per la Bellezza, al quale aderiscono le principali associazioni ambientaliste e dedite alla tutela, ha deciso unanimemente di attribuire a Desideria Pasolini dall'Onda, componente del Comitato stesso, la presidenza onoraria. Una attribuzione che avviene in spirito di amicizia, si legge nel comunicato, “riconoscendo all'indomita Desideria di condurre una battaglia, più che cinquantennale e senza sosta, per la tutela del paesaggio, con particolare attenzione a quello agrario (che considera quasi una sua "fissazione'), e del patrimonio storico-artistico della Nazione”. Si tratta «di una piccola cosa., ha commentato il presidente Vittorio Emiliani, che però tutti noi attribuiamo con grande piacere e calore a Desideria Pasolini.