il manifesto, 8 settembre 2017 (m.p.r.) con riferimenti
Come si può esprimere tutta l’indignazione e la rabbia per la triste conclusione (perché di questo si tratta con il ritorno dell’ambasciatore in Egitto) del caso Regeni, ovvero del martirio di un nostro giovane ricercatore? Non si può.
Il grido di dolore e insieme di sdegno resta nella gola, soffocato; tanto è lo sgomento per le ciniche parole del ministro Alfano. Ma in questa tristissima vicenda Alfano non è solo. Si chiama realpolitik, spirito del tempo, realismo e si pronuncia con assassinio di Stato. Perché i rapporti «ineludibili» tra Egitto e Italia, le cosiddette «ragion di Stato», hanno ancora prevalso cinicamente di fronte alla difesa di una vittima innocente, o meglio, colpevole di svolgere un dottorato di ricerca con una indagine sul campo in un paese dove vige una dittatura.
Diciamolo con chiarezza: l’Egitto è un paese governato da un dittatore, amico di un altro degno rappresentante della democrazia: Putin. In quale altro paese democratico si uccide così barbaramente un giovane studioso? E dove giornalisti (Abdallah Rashad non ultimo) vengono sequestrati dai servizi segreti senza che se ne sappia più nulla? Un delitto degno dello Stato più reazionario. Era già successo; succede sempre, e ancora questa volta (nutrivamo qualche speranza!) abbiamo assistito al prevalere degli interessi economici su quello delle persone, cittadini italiani inermi.
Guai a trovarsi in situazioni simili! Si scoprirà che il tuo Paese non ti difende, che hai la disgrazia di essere nato in Italia. Così va il mondo: è il neoliberismo bellezza!! E il silenzio dell’università di Cambridge? Quello della Francia? Gli affari sono affari e una persona è una persona. Questo rattrista e ci riempie di sdegno: se il mondo perde di vista l’umano, ovvero lo mette in second’ordine rispetto al business, niente ha più senso. Il sacrificio di una giovane vita vale assai meno di un affare. Così aumentano le esportazioni egiziane verso il nostro paese: 29% in più, pari ad un valore di 761 milioni di dollari e guai a comprometterle per un banale caso di omicidio.
Questo paese sa solo fare la voce grossa con i migranti, con i «dannati della terra», con quelli che non hanno diritti, ma si inchina perfino ai più biechi dittatori che promettono commesse in cambio del silenzio su un assassinio. Questo mercimonio non ha neppure la dignità di quella tragedia che anteponeva le ragion di Stato invocate dal Re Creonte a quelle dell’amor filiale di Antigone. Nel caso di Giulio Regeni non c’è alcuna tragedia: era tutto scontato che si concludesse così, con una farsa, anzi, una beffa, e dove le «ragion di Stato» si chiamano fare affari. In soccorso al prode Alfano è arrivato un altro alfiere della democrazia: Casini, che ha detto che tutto questo clamore sul caso non è altro che uno sciacallaggio per bieche opportunità politiche. Ben detto, da un esperto di queste cose.
Si prova solo vergogna ad essere cittadini italiani in casi come questo. Non erano le ragioni dei migranti che mettevano in serio pericolo la tenuta democratica del Paese. Il ministro Minniti è nudo: non si è accorto, o non ha voluto vedere, che quella tenuta democratica a rischio non veniva da fuori del Paese, ma dal suo Parlamento, da quella scelta scellerata di far rientrare l’ambasciatore in Egitto. Una decisione che ha inflitto una ferita profonda nella fiducia dei cittadini a essere tutelati nei loro diritti (e nella loro incolumità) da un Paese che si dice democratico. E su tutte pesa il silenzio imbarazzante dell’Ue troppo attenta a non compromettere gli equilibri di quei paesi, al di là del Mediterraneo, che, come la Turchia di Erdogan, hanno dato la loro parola (di dittatori) per contenere (massacrare) i profughi in fuga.
Così, a seppellire le ultime speranze di far luce su questo assassinio, le parole di Alfano: «Contro l’oblio vorremmo fosse intitolata l’Università italo-egiziana la cui istituzione è un progetto che auspico troverà nuova linfa con l’invio dell’ambasciatore Cantini. A Giulio sarà intitolato anche l’auditorium dell’Istituto di cultura italiana al Cairo e saranno organizzate cerimonie commemorative nella data della sua morte nelle sedi di tutte le istituzioni italiane in Egitto». Amen.
riferimenti
eddyburg con attenzione ha seguito la triste vicenda nella sezione eventi 2016: Giulio Regeni assassinio di stato. L'auspicio era di ottenere giustizia per un delitto orrendo. Il ritorno dell'ambasciatore in Egitto e le parole del ministro Alfano, le "ragion di stato", ci dicono purtroppo che giustizia non sarà fatta.