Il manifesto, 3 maggio 2014
La legge che precarizza definitivamente il lavoro doveva pur passare per le mani dell’Ncd, che ha presentato al Pd la propria cambiale elettorale: otto emendamenti governativi in Commissione Lavoro al Senato – frutto di un accordo nella maggioranza – hanno sostanzialmente peggiorato il testo (tranne che per la formazione pubblica dell’apprendista, come vedremo). Ora il testo passa al voto dell’aula, per poi ritornare alla Camera: dove quasi certamente verrà rimessa di nuovo la fiducia, perché il decreto deve essere convertito entro il 19 maggio (il che fa anche gioco per le elezioni).
Nella confusione della propaganda elettorale si è anche inserito un emendamento Mussolini-Berlusconi, per estendere gli sgravi fiscali e contributivi destinati ai neoassunti anche ai disoccupati di lunga durata: la senatrice di Fi ha firmato a penna la sua proposta con il nome di Berlusconi, pur essendo tecnicamente impossibile visto che il Cavaliere è decaduto. Tra Ncd e Forza Italia è stato un rimpallarsi di accuse: i secondi hanno accusato i primi di aver sostanzialmente accettato un «Cgil Act», cioè di aver varato un testo frutto del “ricatto” proveniente dalla sinistra Pd e dalla Cgil.
Nulla di più falso. Anche perché la Cgil continua a essere contraria all’impianto della riforma, in quanto si azzera la causale per tutti i tre anni del contratto a termine, sostituendolo di fatto alla centralità del rapporto a tempo indeterminato.La sinistra Pd, dal canto suo, è piuttosto divisa, e ha via via accettato correzioni sempre più profonde, come quella a cui più teneva Sacconi: ovvero la sostituzione con una multa dell’obbligo ad assumere a tempo indeterminato, per tutte quei casi in cui l’azienda sfora il tetto del 20% di contratti a termine.
Per Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, «questa sanzione rappresenta un buon deterrente: aveva già il nostro ok», spiega. Diverso il parere di Stefano Fassina, che invece alza gli scudi e – al contrario del collega Damiano – fa immaginare una riapertura del dossier alla Camera: «La trasformazione della sanzione prevista per lo sforamento del tetto del 20% e il ridimensionamento della quota di apprendisti da stabilizzare sono passi indietro – dice Fassina – Rimettere in discussione l’equilibrio del testo sancito con il voto di fiducia alla Camera implica riaprire la discussione alla Camera prima del varo definitivo del decreto». Il tutto, va detto, mentre lo stesso Ncd annuncia di voler ulteriormente «limare» il testo per modificarlo. La multa equivale al 20% della retribuzione per ogni mese o metà mese lavorato se il tetto si sfora solo di un addetto; sale al 50% per ogni addetto in più per cui si sfora.
Le altre novità introdotte: si restringe la platea di imprese a cui si applica l’obbligo di stabilizzare il 20% degli apprendisti, passando da quelle superiori a 30 dipendenti a quelle oltre i 50. Ancora, ed è l’unica modifica positiva: sparisce la norma per cui, passati i 45 giorni in cui le Regioni devono comunicare il piano formativo, l’impresa veniva assolta dall’obbligo formativo. Quindi l’obbligo non cessa dopo i 45 giorni, ma le imprese guadagnano su un altro fronte: la formazione pubblica potrà essere svolta anche presso di loro, basta che si attengano agli standard regionali.
Tornando ai contratti a termine, un altro emendamento dispone che sono esentati dal tetto gli enti di ricerca (potranno avere un numero infinito di precari). E si inserisce nel preambolo – quindi una pura dichiarazione programmatica – la citazione dell’«adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente».
Insomma, si lega questa legge alla delega che contiene appunto il «mitico» contratto unico a tutele crescenti, ma che è fissata in un imprecisato futuro (al minimo nel 2015). Il relatore Pietro Ichino aveva provato a far passare il suo modello, ma non c’è riuscito per lo stop del Pd e del ministro Poletti.
«Sicuramente ora dobbiamo pensare al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti – dice Damiano – La versione Ichino, con il risarcimento se interrompi il contratto nel periodo di prova, può pure andare bene, ma solo a patto che: 1) alla fine del periodo di prova maturi tutti i diritti, articolo 18 incluso; 2) se le imprese ricevono gli incentivi solo se e quando assumono il lavoratore, e non prima».
Damiano fa capire che, per quanto gli concerne, il Pd non ostacolerà l’iter del dl Poletti: «In Senato non è stato stravolto quanto avevamo già licenziato alla Camera. Unico dato negativo, il restringimento della platea di imprese per la stabilizzazione degli apprendisti: ma numericamente, la platea si restringe in modo marginale». Annunciano battaglia, invece, i Cinquestelle: «Diventeremo tutti “cinesi”, super cocoprò – commentano – Nuovi “Sacconi” di precariato grazie al Pd di Renzi».