IO NON SONO UN MODERATO!
di Dario Fo
Se cercate un moderato state attenti a votare per me,
perché con me si rischia!
Ma veramente volete un sindaco moderato?
Il moderato è forte con i deboli e debole con i forti.
Il moderato finge di risolvere i problemi senza
affrontarli!
Il moderato chiude un occhio sulle speculazioni edilizie.
Il moderato caccia gli inquilini dalle case in centro
e poi le rivende ai magnati della speculazione.
Il moderato trasforma in ghetto la periferia.
Il moderato accetta una scuola per ricchi e una per i
poveri.
Il moderato lascia intristire la città, e applaude ai
grattacieli.
Il moderato teme di dispiacere ai cittadini che contano
E non concede la parola a quelli che non hanno voce.
Il moderato non cambierà mai nulla.
Il moderato non risolverà il problema dell’inquinamento
di Milano, non salverà i polmoni da settantenni dei
bambini di 5 anni.
Il moderato non vi libererà dal traffico, dal milione
di automobili spernacchianti che hanno trasformato la
città in una camera a gas.
Oggi sembra che non essere moderati sia un difetto o un
delitto; oppure che sia un privilegio dei giovani.
Ma ci vogliono tanti anni… per diventare veramente
giovani!
Milano, se la mi musica è troppo forte, allora vuol dire
che stai diventando troppo vecchia.
Nessun moderato ha mai fatto la storia,
e nessun moderato ha mai preso un Nobel.
Io non sono un moderato!
Sarò un sindaco che rischia.
Perché credo che il rischio del cambiamento sia l’unica
risposta corretta per chi investe il suo voto in un
progetto per Milano.
Se scegliete di votare per me, rischiate molto… rischiate persino di trovarvi finalmente a vivere in una
città migliore!
Coraggio Milano!
Corriere della Sera
LA SINISTRA ANARCHICA, IL PCI, GRILLO
«Alle fine dell’ultima Guerra mondiale, nel giorno della Liberazione, ci fu una festa come questa. C’era tanta gente come voi, felici, pieni di gioia. Credevano che si sarebbe rovesciato tutto, ma noi non ci siamo riusciti. Fatelo voi, per favore».
Era il tardo pomeriggio del 19 febbraio 2013, piazza del Duomo era piena che non ci stava neanche uno spillo. Quel comizio, e quella folla, furono il segnale di ciò che sarebbe accaduto alle elezioni politiche. Dario Fo aveva già manifestato la sua simpatia per il movimento creato dall’amico Beppe Grillo. «Ci conosciamo da quarant’anni» ripetevano entrambi, anche se nessuno dei due ricordava l’anno esatto del primo incontro. «In fondo siamo due giullari, fatti per capirsi» ripeteva spesso il Premio Nobel.
L’enfasi di quel discorso fatto dal palco a ridosso della statua di Vittorio Emanuele II non fu dettata solo dall’entusiasmo del momento. L’estremismo declinato come completo abbandono alla causa sposata di volta in volta è sempre stato la cifra del suo impegno politico. Nell’ideologia di Fo c’erano ingredienti diversi e spesso non amalgamabili tra loro.
Anticlericalismo e antiautoritarismo, democrazia diretta, anarchismo, maoismo. Un rapporto di amore e odio con il Pci, più il secondo del primo. Si spese molto, con studenti, operai, movimenti extraparlamentari. Sbagliò altrettanto, a cominciare dalla campagna denigratoria contro il commissario Luigi Calabresi, definito commissario Cavalcioni con esplicito riferimento alla finestra dalla quale precipitò l’anarchico Giuseppe Pinelli. Nel 1974 fondò Soccorso rosso, associazione nata per dare assistenza legale ai militanti ma spesso accusata di aiutare personaggi in odor di terrorismo, compresi i tre autori del rogo di Primavalle.
La sua Milano rappresentò ancora una volta il debutto ufficiale di una nuova passione politica. Fino a quel momento aveva oscillato seguendo i propri umori e mai una linea precisa. Nel 2005 si presentò alle primarie milanesi del centrosinistra contro il candidato ufficiale del Ds, Bruno Ferrante. A sostenerlo c’era anche il gruppo «Amici di Beppe Grillo», un embrione di M5S.
Persino in quel 2013 il suo sostegno venne diviso a metà con la Rivoluzione civile di Antonio Ingroia. La matrice della militanza pentastellata di Fo è sempre stata chiara. In alto a sinistra, talvolta salutava così i giornalisti che lo disturbavano al telefono. «Non sono un moderato e non lo sarò mai» era un altro dei suoi tormentoni. Le sue poche uscite pubbliche in disaccordo con Grillo sono avvenute su quelle che lui stesso definiva come scivolate a destra del comico ligure, a cominciare dalla questione dello ius soli . «Compagno Dario, che ci facevi su quel palco?» gli chiese il disegnatore Vauro dopo il Vaffa day genovese del dicembre 2013, durante il quale Grillo parafrasò Mussolini con un «Vincere, e vinceremo».
Il successo dei Cinque Stelle alle politiche del 2013 lo prese alla sprovvista. Fo si era sempre trovato su posizioni minoritarie. «Adesso scopro che siamo quasi maggioranza. La mia prima volta, a 87 anni...». Negli ultimi tempi, dopo il passo di lato fatto da Grillo e la morte di Casaleggio, un uomo che lo ha sempre incuriosito molto, era diventato un punto di riferimento per consiglieri comunali e regionali lombardi che gli chiedevano lumi e consigli. Aveva organizzato una vendita dei suoi quadri per sostenere i candidati alle ultime elezioni comunali.
La sua ultima uscita in pubblico con Grillo risale allo scorso 6 agosto a Cesenatico. I Cinque Stelle organizzavano una serata in spiaggia per parlare di Costituzione. Lui era reduce dalla presentazione di Darwin, la mostra delle sue opere recenti. Era stanco. Si era comunque seduto tra il pubblico sorbendosi fino all’ultimo tre ore buone di dibattito. Fo ha rappresentato l’anima di sinistra del Movimento. M5S non perde soltanto il suo volto più conosciuto nel mondo, ma un pezzo della sua identità.