UN PRESUNTO uomo di Stato, che ha avuto l’onore di guidare per tre volte il governo di un Paese democratico, ieri ha organizzato una gazzarra davanti al Tribunale di Milano schierando i deputati e i senatori Pdl contro la magistratura che lo indaga per reati comuni e portandoli addirittura a rumoreggiare di fronte all’aula del processo Ruby. La scena finale resterà nelle memorie peggiori del Paese, con i parlamentari in fila contro lo Stato come dei caimani in versione Lacoste, che purtroppo trasformano in piazza l’Inno di Mameli in una marcia antirepubblicana ed eversiva.
L’ordalia finale di un leader soffocato dalla sventura costruita con le sue stesse mani – nella dismisura degli abusi e della corruzione, all’ombra dell’impunità – ha travolto infine i sedicenti moderati della destra, cancellandoli in un’omologazione estremista che annulla ogni autonomia di destino per il Pdl, costretto all’identificazione fanatica col destino padronale, nella vita come nella morte politica.
Una scena con molti caimani, tutta la guardia scelta del padre-padrone. Marciano compatti verso il tribunale di Milano con l'intenzione di intimidire la magistratura nell'estremo tentativo di bloccare i processi contro Berlusconi, per evitargli, con le prossime sentenze, la probabile interdizione dai pubblici uffici (processo Mediaset e Ruby). I parlamentari del Pdl, in prima fila le facce note più richieste dai conduttori dei nostri talk-show, hanno occupato la scalinata del palazzo di giustizia, sono entrati dirigendosi in massa verso l'aula del pubblico ministero Boccassini, impegnata nelle battute finali del processo per prostituzione minorile (le cene eleganti con Ruby e le altre).
L'adunata milanese avviene in un momento di delicati passaggi istituzionali e di massima confusione politica. E' l'istantanea di un'Italia malata, umiliata per salvare le sorti giudiziarie di un politico. Si assedia un giudice e si tira in ballo il capo dello stato chiedendogli di salvare il paese «dall'emergenza democratica». Che di emergenza si tratti è davanti agli occhi della maggioranza degli italiani, come ha appena dimostrato l'esito delle elezioni. Ma per ragioni che nulla hanno a che vedere con i guai giudiziari di Berlusconi e molto con la crisi che coinvolge i due terzi delle famiglie italiane. E' di ieri il bollettino dell'Istat con la cifra di sette milioni di persone in difficoltà economiche. Una deriva sociale aggravata da una classe dirigente incapace di governo, complice di poteri corrotti. Il centrodestra, i vent'anni di berlusconismo lo confermano, ne porta la massima responsabilità.
Miracolato nelle urne dalla campagna elettorale di Berlusconi, il Pdl sa che il vecchio leader è l'unico, e perciò insostituibile, argine all'emorragia di più di sei milioni di elettori decretata dal voto. Per tenerlo politicamente in vita, i suoi avvocati lo hanno ricoverato tra le pareti dell'ospedale amico, mentre i suoi senatori e deputati tentano l'ultima difesa inscenando la gazzarra sulle scale del tribunale milanese, cantando l'inno nazionale, reclamando un incontro con Napolitano, come se il capo dello stato fosse la Cassazione.