la Repubblica, 21 gennaio 2017
Partiamo dal secondo. Tutto ciò che si identifica con protagonisti, sigle e parole chiave della politica degli ultimi vent’anni viene rigettato in blocco, d’istinto. C’è una insofferenza di pelle alla politica del passato. I sostenitori del M5S non fanno molta differenza tra i protagonisti di quella stagione - anche se non dimentichiamo che tra i dieci candidati alla presidenza della Repubblica gli iscritti grillini avevano inserito Romano Prodi - perché rappresentano tutti un “regime”. Non usano questa parola ma è insita nel modo con cui vivono una stagione di regole e prassi del passato che, a loro avviso, devono essere archiviate perché rappresentano una gabbia di ferro - un regime appunto. Le litanie che i leader pentastellati snocciolano quando vanno in televisione sono irritanti per la loro banalità e ripetitività ma se le decodifica appare evidente che dietro c’è un chiaro messaggio di alterità a tutto.
Il Movimento 5 Stelle si trova quindi a cavalcare da solo l’immenso territorio dell’insoddisfazione. Coglie il vento di quella sfiducia e persino rabbia, che da tempo cova nell’opinione pubblica da almeno un decennio. La contrapposizione tra centro-destra e centro-sinistra ingabbiava quei sentimenti perché convogliava, contenendole, le pulsioni “rabbiose” verso l’uno o l’altro schieramento. Lo sfarinamento di quella contrapposizione ha lasciato libero un elettorato pieno di frustrazioni che ha trovato in Beppe Grillo la sua icona. Nel settembre del 2007 il “vaffa day” raccolse centinaia di migliaia di persone in piazza, e altrettante firme per una serie di petizioni. La miccia era già accesa allora. Nessuno se n’è curato.
Comunque la vera sfida al M5S viene dal futuro. Che è il suo secondo pilastro. La voglia di novità, speculare al rigetto del passato, è una pulsione fortissima nell’elettorato pentastellato che, non a caso, è molto giovane. Il M5S viene visto come una forza proiettata nel futuro, anche per l’enfasi data alla rete. Ma fin qui è un futuro senza grandi contenuti. Al di là del reddito di cittadinanza, il M5S non veicola proposte mobilitanti. Buon segno, comunque, l’elaborazione di un poderoso documento sul futuro del lavoro affidato a un intellettuale indipendente come Domenico De Masi. La voglia di guardare avanti è insita nel Movimento e ne sostiene le fortuna; ma è una strada molto più impervia della protesta.