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Christian Raimo
Cultura, il fiasco di Ornaghi. E il nostro patrimonio muore
19 Novembre 2012
Beni culturali
Dietro il fallimento degli “Stati generali della cultura” la débacle del ministro e lo sfascio del Mibac. Pubblico, 16 novembre 2012 (m.p.g.)
Dietro il fallimento degli “Stati generali della cultura” la débacle del ministro e lo sfascio del Mibac. Pubblico, 16 novembre 2012 (m.p.g.)
Come è andata la giornata organizzata ieri dal Sole24ore a un anno dalla pubblicazione del Manifesto della cultura al Teatro Eliseo? Bene, pare. A parte il teatro pieno, il successo era quello di esser riusciti a mettere intorno a un tavolo a discutere di questo manifesto Profumo e Ornaghi, Barca e Giuliano Amato (in qualità di presidente della Fondazione Treccani), Andrea Carandini e Carlo Ossola... ma soprattutto Giorgio Napolitano, che avrebbe dovuto avere semplicemente il ruolo di imprimatur istituzionale. Quello che è accaduto è che il presidente non è stato a questo ruolo. Che è successo? Dopo l'inno nazionale suonato da un orchestra di ragazzi, Giuliano Amato ha fatto una lunga prolusione sul primato italiano nella tutela del patrimonio culturale: un bel discorso, in realtà una sintesi quasi tutta ricavata dal libro di Salvatore Settis, Paesaggio, costituzione, cemento (pubblicato da Einaudi due anni fa). Il fantasma di Settis, di quell'idea di "patrimonio culturale" non ristretto solo alle opere d'arte è tornato a manifestarsi quando Roberto Napoletano e il ministro Ornaghi hanno cercato di piegarlo a un concetto di "made in Italy", alle retoriche sempre vive della cultura "petrolio d'Italia" (fu in epoca craxiana che si inaugurarono).
Ci sono voluti prima Fabrizio Barca e poi Giorgio Napolitano a assumersi il compito di fare il ministro della Cultura e quello dell'Istruzione, essendo palese l'inadeguatezza di Ornaghi e Profumo. Barca ha prima spiegato cosa vuol dire usare le risorse pubbliche per la tutela dei beni culturali, conti alla mano. Giorgio Napolitano ha usato il consenso che gli veniva dalla platea per lanciare piccole critiche al governo per la mancanza di visione e per la mancanza di capacità di mettere la questione della formazione e della ricerca scientifica al primo posto. «Fare i ragionieri e ragionare non è la stessa cosa», ha detto, dopo aver poco prima riconosciuta ai tecnici una buona attitudine a far quadrare meglio i conti. Ma quello che è uscito con le ossa rotte da questo confronto pubblico è Ornaghi: contestato dalla platea, riusciva a balbettare soltanto di voler domande serie.
Se lo vogliamo ancora prendere sul serio, può cominciare a rispondere a queste:
1. Perché nel Decreto Sviluppo varato dal ministro Corrado Passera il 26 giugno 2012, si parla dei destini della Pinacoteca di Brera che forse finirà con l'essere gestita da una fondazione privata?
2. E’ giusto pensare che a gestire la cultura a Roma siano in pratica due monopoli, Civita e Zetema, che assommano 1600 dipendenti, con il risultato di affidare tutti gli incarichi 'in house', cioè senza gara?
3. Perché a Siena, la città che ha visto nascere già dal Basso Medioevo quel senso di cittadinanza moderno di cui parlava Amato, un'istituzione pubblica con 850 anni di età come l'Opera Metropolitana viene svenduta per 42mila euro sempre a Civita, togliendole di fatto «la centralità degli enti cittadini nella gestione del proprio patrimonio culturale e diminuendo attività e prestigio di una delle più antiche istituzioni italiane ed europee»?
4. Difende ancora la presidenza per il Maxxi di una persona come Giovanna Melandri che assume come credenziali quella di essere un ex-ministro? Non fa il paio di quella dello scrittore laureato in giurisprudenza Alain Elkann al Museo Egizio di Torino?
5. Perché come diceva Leo Longanesi, «alla manutenzione l'Italia preferisce l'inaugurazione»? Così per esempio, mentre tutta l'Italia colta parla, per qualche mese, della grande (e inutile) mostra sul Ritorno al Barocco, il vero Barocco di San Carlo alle Mortelle a Napoli se ne va per sempre, nell'indifferenza generale? Non sarebbe meglio fare opera di manutenzione delle opere d'arte in loco invece di spostare i Caravaggio e i Michelangelo da una mostra all'altra?
6. Perché, negli stessi giorni in cui l'Istituto per gli studi filosofici imballava i suoi libri per stiparli in un magazzino a Casoria, a dire una parola per fermare uno spreco del Forum delle culture, per cui Comune e Regione hanno acquistato per 4 milioni di euro il format e il brand da una fondazione di Barcellona è dovuto intervenire un sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura?
7. Cosa è diventata Venezia a suon di valorizzazione e privatizzazione? Una Benettown? La Punta della Dogana è stata, per esempio, trasformata da, multimilionario francese François Pinault, che l'ha trasformata in una supervetrina della sua collezione, Miuccia Prada ha appena comprato Ca' Corner della Regina dal Comune, e il Comune c'ha risanato il bilancio ordinario... La malgestione comporta un nuovo feudalesimo?
8. Perché insomma il valore civico dei monumenti è stato negato a favore della loro rendita economica, e cioè del loro potenziale turistico?
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