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Carlo Di Foggia
Crisi dello spread nel 2011, Deutsche Bank indagata
7 Maggio 2016
Critica
Trani, la Procura accusa DB di manipolazione del mercato. Gli effetti devastanti del finanzcapitalismo pesantemente criticati da coloro che lo difendono a spada tratta. Chi semina vento raccoglie tempesta.

Il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2016 (p.d.)

Sarà forse la giustizia penale a far luce sull’ultimo tassello, o meglio il primo, della crisi dello spread che avvolse l’Italia nel 2011, causando la fine prematura del governo Berlusconi. E l’attore è sempre lo stesso: la Procura di Trani. Deutsche Bank è infatti indagata per manipolazione del mercato per la “massiccia” vendita “nel brevissimo termine”, di 7 degli 8 miliardi di euro di titoli di Stato italiani che deteneva all’inizio del 2011. Sotto inchiesta sono finiti gli ex vertici del primo istituto tedesco: l’ex presidente Josef Ackermann, gli ex co-ad Anshuman Jain e Jürgen Fitschen (quest’ultimo è co-amministratore delegato uscente della Banca), l’ex capo dell’ufficio rischi Hugo Banziger, e Stefan Krause, ex direttore finanziario ed ex membro del board.

Le indagini sono coordinate dal pm Michele Ruggiero, che nei giorni scorsi ha fatto perquisire, sequestrando atti e mail, la sede milanese della banca, ascoltando come testimone il responsabile per l’Italia, Flavio Valeri, estraneo alla vicenda. Poi toccherà a Romano Prodi e all’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti essere sentiti come testimoni. Fu Prodi, infatti, il primo ad avanzare l’ardita ipotesi che fu quell’operazione ad avviare la tempesta sull’Italia.

Secondo l’accusa, gli ex vertici, mentre a febbraio e marzo comunicavano ai mercati che il debito italiano era sostenibile, nascondevano, anche al Tesoro italiano, che si stavano liberando e in fretta dell’esposizione sui mercati non regolamentati. Per Ruggiero, la vendita fu poi “falsamente” giustificata a posteriori con la necessità di ridurre la sovraesposizione sull’Italia dopo l’acquisto di PostBank. In quel periodo Deutsche Bank acquistò anche 1,4 miliardi di Credit default swap (Cds), cioè assicurazioni sul rischio di perdite. Secondo Ruggiero, mentre la banca rassicurava i mercati, si copriva e vendeva a mani basse, e questo ha alterato la formazione del prezzo dei titoli sia prima - quando il mercato sarebbe stato all’oscuro - sia dopo, lanciando “un chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito italiano”. È l’ultimo atto della procura tranese che ha già trascinato a processo per manipolazione del mercato le agenzie di rating Fitch e Standard & Poor’s per il declassamento del rating dell’Italia tra il 2011 e il 2012.

Per la banca si tratta di “un’indagine priva di fondamento”, ma la notizia ha scatenato ovvie reazioni. Per Renato Brunetta (Fi) “avevamo ragione: fu un complotto. È assordante il silenzio di Renzi. Serve una commissione d’inchiesta”. Stessa tesi di Adusbef e Federconsumatori. Abbraccio e baci tra Renzi e Merkel mi hanno fatto schifo”, ha attaccato Matteo Salvini. Stando a quanto apprende il Fatto, la vicenda è connessa alle indagini - poi trasmesse a Roma - sui derivati di Stato, sottoscritti anche da Detusche Bank.

Vicenda complessa. Il 26 giugno 2011, la banca rivelò di essere passata in 6 mesi da 8 miliardi a 997 milioni di euro di titoli italiani (-87,5%). Krause spiegò agli analisti che questo era avvenuto perché l’istituto aveva consolidato a bilancio anche l’esposizione di Postbank, acquistata nel novembre 2010. Fece lo stesso anche con altri Paesi periferici ma in misura molto più ridotta. La cosa colpì il Tesoro perché la banca era una specialista di titoli di Stato italiani di cui contribuiva a farne il prezzo nelle aste. Stando ai bilanci, Postbank era esposta per 4,6 miliardi nel 2010, cifra che però rimane uguale nel 2011, per poi scendere a 3,4 miliardi nel 2012. DB, invece, passa nel 2011 da 8 a 1,7 miliardi. Fino al 2012, il valore teorico dell’esposizione è negativo (3,9 miliardi), ma viene compensato in parte da quello in “derivati” verso l’Italia che però cresce nel tempo (+2,3 e +3,2 miliardi) fino diventare positivo nel 2013 (3,8 miliardi nel 2014). Probabile che la copertura dei Cds abbia ben più che attutito l’urto, e forse la banca con una mano ha venduto e con l’altra ha acquistato, guadagnandoci.

In questo meccanismo l’Italia è finita stritolata. Da luglio lo spread inizierà la sua cavalcata da 183 agli oltre 500 punti di novembre 2011, quando cadde Berlusconi. Sono mesi in cui il premier - spalleggiato anche da Brunetta - litigava con Tremonti, contrario ad allentare il rigore, screditando l’Italia. Ma le turbolenze iniziarono al vertice di Deauville dell’ottobre 2010, dove Francia e Germania dichiararono che i debiti sovrani dell’Eurozona potevano fare default. La successiva rottura dell’asse franco-tedesco spinse le banche a vendere i titoli dei Paesi periferici. Deutsche Bank ci andò giù pesante. Chi visse quel periodo ai massimi vertici del Tesoro rivela: “Il problema era ed è sempre stato la Grecia. L’Italia si oppose a usare il fondo Salva Stati per salvare Atene in una modalità che avrebbe aiutato le banche tedesche e francesi, pesantemente esposte. In quel caso, i contributi al Fondo dovevano essere calcolati non sul Pil ma sul rischio delle banche. Lì inizio la fine del governo. E l’operazione Deustche fu forse solo uno dei sistemi di pressione, culminati con la lettera della Bce di Agosto. Poi arrivò Monti e diede l’ok”.

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