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Sandro Roggio
Costa Smeralda. L’avvertimento di Barrak
26 Maggio 2011
Sardegna
All’ombra del Cappellacci, gli squali stanno arrotando i denti per strappare altri brandelli alle coste della Sardegna. La Nuova Sardegna, 26 maggio2011


Costa Smeralda è tra le più note imprese turistiche europee. Deve tutto al paesaggio sardo e i sardi le devono qualcosa. Ma non si dica - per favore - che l’isola è stata scoperta per caso e per amore: gli affari sono affari e l’amore non c’entra nulla. Auguri comunque. Costa Smeralda compie 50 estati il prossimo anno. Ma non è festosa, nonostante il deejay, la piazza di Arzachena: nella manifestazione contro le sentenze che respingono le tesi del Consorzio in un tribunale della Repubblica. C’erano tutti la settimana scorsa nel corteo strapaesano, le autorità in prima fila, “dal commissario al sagrestano” - come nella canzone di De Andrè. Barrack, il sindaco, il presidente, il parroco: schierati contro le toghe del Tar che hanno dato torto a Costa Smeralda (in un contenzioso tra confinanti ha vinto la dura lex del Ppr). Si protesta non nel merito del giudizio, ma in modo generico contro le vessazioni dei giudici, secondo la nota lezione di politicanti in declino. Sinistro l’avvertimento di Barrack: «Il mio compito è quello di tenere il sorriso sulle vostre facce e su quelle dei vostri bambini... ma se non ci saranno le condizioni, andrò a investire altrove» (Karim lo faceva dire ad altri che si esprimevano con più eleganza). Curiosa la predica del parroco (sui mercanti buoni) immemore degli strali di papa Wojtyla sui villaggi turistici anticipati nell’enciclica Sollicitudo rei socialis. Chiarissimo il messaggio del presidente della Provincia («Nel 2009 la Regione si era impegnata a stracciare il Ppr, ancora aspettiamo»). Toni accesi - come si vede - in vista dell’ incerto ricorso all’art.12 del piano casa, capolavoro di ambiguità che dovrebbe dispensare centinaia di migliaia di metri cubi per via della qualità autocertificata della proposta. Scrivi parco ecologico-ambientale e metti volumi a piacere.

La manomissione delle parole. I 200 in piazza (pochi) sono uniti «per la tutela della Costa Smeralda». Tutela sta per potestà extra legem. E non come sembrava nell’ articolo di Guido Piga («La Nuova» del 15 scorso) del suo patrimonio edificato: linea interessante per quanto mossa dalla preoccupazione di consolidare il marchio, nello sfondo il «credo stilistico».

Ora è tutto più chiaro: si vuole impedire qualche trasgressione al privato regolamento edilizio, mentre si patrocinano le crescite di volume dentro gli ambiti di tutela stabiliti dal Ppr. La tutela magnificata si limiterà a impedire un colore stonato o una essenza alloctona (inopportune le perplessità sulla presenza tra i custodi del bon ton del progettista di villa Certosa con finto nuraghe, finto anfiteatro, finto vulcano?).

Sul “credo stilistico”, evocato con fervore, è bene dire qualcosa. Specie per le implicazioni al di là dell’enclave. Il format Costa Smeralda è un malinteso, frutto di un racconto fuorviante (ancora si legge della casa contadina sarda che lo avrebbe ispirato). Si è diffuso alimentando, come per la moda, i sogni dei vacanzieri istranzos come delle famiglie di ogni contrada sarda. Un equivoco tentacolare e resistente. Come in ogni espressione pop ciascuno ha adattato la sua casa al modello prediletto, e non c’è marina, campagna o periferia urbana dell’isola dove questi modi non siano stato declinati con gli arrangiamenti che il pop ammette e sollecita. Il fiero popolo sardo ha generato un grammelot invadente. Costa Smeralda non ha responsabilità della mascherata collettiva, tantomeno degli sviamenti (sarebbe come dare la colpa a Elvis perché i giovani italiani imitavano Little Tony). Il fatto è che la messinscena è ormai nei vecchi centri, mediante restauri finti che imitano le case fintamente invecchiate di villaggi-vacanze. Governare l’uso del territorio, e tutelare i paesaggi, è un compito delle pubbliche amministrazioni che vorremmo attrezzate e critiche, mai subalterne sul piano culturale, neppure di fronte a un condominio di alto lignaggio. Arzachena che guarda al futuro con un piano urbanistico vecchio di almeno 30 anni rischia di dipendere da progetti e modelli che chiunque può pensare di imporle.
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