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Domenico Patassini
Contorta: note sulla valutazione di impatto ambientale (Via)
21 Ottobre 2014
Venezia e la Laguna
Ecco cosa direbbe il Piano morfologico della Laguna di Venezia se avesse concluso il suo iter approvativo e se fosse corredato di una struttura adeguata di tecnici ed esperti per la sua gestione e monitoraggio. 16 ottobre 2014, con postilla (m.p.r.)

Ecco cosa direbbe il Piano morfologico della Laguna di Venezia se avesse concluso il suo iter approvativo e se fosse corredato di una struttura adeguata di tecnici ed esperti per la sua gestione e monitoraggio. 16 ottobre 2014, con postilla (m.p.r.)

Note sulla valutazione di impatto ambientale (Via) e allegati relativi a «Adeguamento dell’attuale Canale Contorta S. Angelo e suo impiego da parte delle navi da crociera per raggiungere la stazione Marittima dalla Bocca di Malamocco»

Premessa
La presente nota, dopo una breve riflessione sull’utilità dell’esercizio valutativo, commenta gli elaborati prodotti in sede di Valutazione di impatto ambientale (Via) commissionata dall’Autorità Portuale di Venezia (Apv) a diversi esperti. Circa l’utilità dell’esercizio si rileva come esso sia più ancorato a strategie pregresse che a scenari di lungo periodo, operi in un limitato dominio comparativo e non sia dotato di sufficienti gradi di indipendenza.

Il commento degli elaborati si limita agli aspetti più rilevanti. Inizia con le simulazioni delle frequenze di accesso e degli effetti idrodinamici e morfologici, realizzate con modellistica specifica per ottimizzare tracciato e geometria del canale e minimizzare i rischi. Prosegue con gli impatti ambientali per matrice e propone alcuni rilievi su pianistica, paesaggio e potenziale/rischio archeologico.

Scenari, tempo e terzietà
Per consentire una valutazione informata del Progetto, la Via dovrebbe operare all’interno di scenari di riferimento plausibili, con funzioni valutative articolate e rispetto a diverse dimensioni temporali. Queste prerogative sono dovute al fatto che la Via ha una ‘missione’ diversa dal Progetto, proprio in ragione del suo ruolo ‘costruttivo’.

La Via dovrebbe osservare il Progetto da una ‘posizione’ terza, nell’ottica del contrasto ai processi di erosione e di depauperamento degli habitat lagunari. Su questi processi esiste un notevole archivio, alimentato da ricerche, monitoraggi tematici o di accompagnamento a progetti morfologici e/o ambientali. Si tratta di documentazione spesso di rilevante valore scientifico che non può essere trascurata. Date le caratteristiche del progetto, la Via dovrebbe assumere due stati di riferimento: uno precedente la costruzione del canale Malamocco-Marghera e uno attuale (al 2014, con e senza Mose).

Rispetto a questi due stati di riferimento (il secondo declinabile in opzione A e B) dovrebbero essere simulati gli effetti del Progetto per evidenziare natura, intensità, interazione, spazialità e temporalità degli impatti ambientali che, com’è noto, riguardano componenti naturali e artificiali della laguna. Per trattare la dimensione temporale degli impatti occorre andare oltre le due fasi canoniche riconosciute in questi casi (nella fattispecie, le fasi di cantiere e di esercizio), assegnando all’esercizio una dimensione temporale di breve, medio e lungo periodo. E ciò per due ragioni. La prima rinvia ai feedback dell’esercizio, in certa misura trattabili come impatti cumulati; la seconda, agli scenari di riferimento.

Nel caso della laguna di Venezia il lungo periodo è essenziale in quanto connaturato alla sperimentalità. Ma è importante anche perché i trend relativi all’innalzamento del medio mare, al deficit sedimentario e alla erosione degli ambienti intertidali sembrano alludere a comportamenti non lineari, se non a vere e proprie biforcazioni. Per queste ragioni è ineludibile la costruzione di uno o più scenari allineati alla fine del XXI secolo, assumendo incertezza e margine d’errore come spunto precauzionale e non come speditiva confutazione.

Anche (e non soltanto) a seguito del previsto innalzamento del medio-mare (vedi IPCC 2013 e altre fonti più recenti), è molto probabile che la laguna tenda a perdere la sua unitarietà, aumenti la sua artificializzazione e richieda una gestione per parti corrispondenti ai tre bacini principali. A questa gestione dovrebbero contribuire opportune difese a mare e/o operazioni di confinamento.

Se questo è lo scenario di riferimento di lungo periodo, diventa strategico riconoscere il ruolo della portualità. E qui si possono contrapporre due opzioni che, per semplicità, potremmo definire ‘pesante’ e ‘leggera’ (con possibili declinazioni intermedie). La prima (ribadita da Apv e dai recenti piani operativi triennali) considera Venezia come nodo portuale europeo con eccezionali capacità competitive. La seconda interpreta con più modestia vincoli e opportunità. La presenza delle attività portuali (merci e passeggeri), pur continuando a caratterizzare il bacino centrale, potrebbe essere significativamente ridimensionata da un sistema logistico ‘alto adriatico’ e/o mediterraneo. Il primo coinvolgerebbe il porto di Venezia (opportunamente riorganizzato in una sezione interna e in una esterna), il secondo lo escluderebbe dai grandi flussi delle merci.

In sintesi, se la Via non si misura ‘liberamente’ con questi temi rischia di essere poco efficace. Fatte queste premesse, già critiche rispetto all’impianto generale della Via commissionata da Apv, si ritiene utile procedere con considerazioni specifiche e più aderenti al testo dei rapporti.

Comparazione limitata
Che si debba costruire un canale delle dimensioni e caratteristiche previste da Apv per fermare l’erosione nella laguna centrale è un evidente paradosso. Nella storia di Venezia ciò non è mai accaduto, perché l’adozione di un approccio sperimentale e precauzionale tendeva a favorire processi lenti e monitorati di riassetto morfologico e di gestione adattativa del rischio. Questo approccio non sembra essere messo in discussione neppure dagli effetti attesi alla fine del XXI secolo a seguito dell’innalzamento del livello del mare dovuto ai cambiamenti climatici. Semmai, esso andrà adattato ad un ‘sistema lagunare’ che potrebbe essere molto diverso dall’attuale.

Il progetto Apv è di tutt’altra natura e si misura soltanto con due opzioni simili per logica e strategia, anche se nella valutazione comparativa esse risultano dominate per accessibilità, erogazione di servizi, commistione del traffico nautico, sicurezza o impatto ambientale. La valutazione comparativa non confronta alternative, ma varianti di uno stesso modello di accesso ritenuto valido nel medio-lungo periodo.

Ciò sarebbe consentito dal D.M. del 2/3/2012 (Clini-Passera) recante ‘Disposizioni generali per limitare o vietare il transito delle navi mercantili per la protezione di aree sensibili nel mare territoriale” ove vengono fissati limiti rigorosi al transito vicino alle aree protette nazionali e a siti particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale.

In particolare, per la Laguna di Venezia l’art. 2 comma 1 punto b) dispone il divieto di transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda.

Il progetto ritiene che per garantire l’eccellenza di home port crocieristico sia necessario soddisfare tre requisiti: l’adeguata accessibilità via terra ai passeggeri, con vicinanza ad uno scalo aeroportuale, ferroviario e disponibilità di parcheggi; l’adeguata accessibilità via terra per le merci e il rifornimento delle navi; l’adeguata accessibilità nautica. Si ritiene che l’importanza di questi requisiti cambi a seconda degli scenari logistici che potrebbero interessare non solo l’area veneziana, ma anche la nuova ‘città metropolitana’, i rapporti commerciali con l’Europa centrale e orientale e la portualità nell’Alto Adriatico. E di questo non si fa cenno.

Il progetto sottolinea, invece, che la loro considerazione nella valutazione comparata sia condizionata da fattori economico-finanziari: ricreare un altro terminal passeggeri equivalente all’attuale stazione Marittima implicherebbe l’impiego di ingenti risorse pubbliche, nonché tempi di approvazione e realizzazione molto lunghi. Apv riferisce, inoltre, che tale ipotesi non sarebbe prevista dal Decreto Clini-Passera.

Interventi di mitigazione e compensazione
Impropriamente definito di ‘adeguamento’, per i previsti interventi di ricalibratura e risagomatura, il progetto prevede un riassetto morfologico della fascia interessata con barene, velme e argini di protezione per superare il test di fattibilità e non certo per rivitalizzare una parte della laguna centrale in condizioni precarie dal punto di vista idrodinamico, ecologico e di inquinamento di acque e sedimenti. Si tratta, infatti, di interventi di mitigazione.

Negli ultimi 50 anni la laguna centrale ha registrato una perdita di eterogeneità morfologica, un costante approfondimento dei bassifondi ed un interrimento dei canali, con significativa erosione delle strutture morfologiche. Ciò ha favorito una progressiva e rapida evoluzione da sistema di transizione ad ambiente con caratteristiche marine. L’appiattimento e l’approfondimento del fondale hanno provocato la diminuzione della variabilità dell’habitat. Questi fattori hanno accentuato il degrado della laguna centrale e sono principalmente dovuti al traffico portuale e al fetch che agisce da fattore di amplificazione su ampi specchi d’acqua privi di ostacoli.

Gli interventi morfologici previsti dal progetto sono ancillari e non contribuiscono certo ad aprire un tavolo negoziale sulla portualità in alto Adriatico, componente strategica per il futuro della laguna di Venezia. Semmai, tendono a chiuderlo su se stesso.

Una prova in tal senso viene dalle misure di compensazione. Oltre alla creazione di velme a protezione del nuovo canale, il progetto prevede la realizzazione di circa 400 ha di barene in Laguna sud, ad integrazione di quanto sta già avvenendo da anni soprattutto lungo il crinale che divide la laguna aperta dalle valli da pesca. La localizzazione delle nuove strutture morfologiche non è motivata, non si confronta con le proposte del Piano morfologico in standby, né si presenta come esito di simulazioni ad hoc. Non è da escludere che questi interventi alludano ad un più intenso utilizzo del porto di Chioggia con effetti significativi sugli assetti futuri della laguna sud.

I citati interventi di mitigazione e compensazione comportano una consistente movimentazione di sedimenti (6.5 milioni di mc) in classe A, B e C. Nella fase di cantiere è prevista la rimozione, il trasporto e il conferimento a sito di recapito dei materiali escavati, con destinazione diversa a seconda della classificazione del Protocollo 1993. I sedimenti classificati come idonei saranno destinati alla realizzazione delle velme lungo il canale e/o alle opere di ricostruzione morfologica, mentre i sedimenti considerati non idonei dal punto di vista qualitativo verranno conferiti al sito delle Tresse. Su quest’ultimo conferimento lo studio non va oltre, non cita le capacità ‘residue’ del sito, le modalità di monitoraggio e gestione (dopo la fine della gestione commissariale nel Dicembre del 2012), né i dispositivi di trattamento dei sedimenti conferiti

Traffico e interferenze: simulazione delle frequenze di accesso e strategie pregresse
Nonostante la crisi economica, per i prossimi anni Apv prevede che il traffico commerciale lungo il Canale Malamocco-Marghera aumenti per effetto del traffico traghetti che, già dal 2014, si serve del nuovo terminal in corso di realizzazione a Fusina. A questo si dovrebbe aggiungere il traffico commerciale afferente alle nuove aree logistiche previste nell’area ex Montefibre. Nell’ipotesi che il traffico crociere raggiunga Marghera vi sarebbe un'interferenza del 100 % col traffico commerciale-industriale, in quanto il canale dovrebbe essere percorso nella sua totalità. Come possibile soluzione lo studio prevede l’allargamento della cunetta navigabile. Questo intervento, oltre a non risolvere il problema delle interferenze tra modalità di traffico, verrebbe a costare più di 400 milioni di euro, con rimozione di 20 milioni di metri cubi di sedimenti di diversa qualità, e adeguamento dei sotto-servizi. L’allargamento della cunetta richiederebbe ulteriori interventi sul versante laguna con effetti pesanti sulla morfologia.

Accantonata questa ipotesi, Apv ha commissionato alla Università di Cà Foscari la predisposizione di un modello matematico per la ottimizzazione delle sequenze di accesso. Sulla base della schematizzazione della morfologia portuale, delle ordinanze e delle regole di navigazione, il modello propone la migliore sequenza di accesso compatibile con le richieste di movimento, le condizioni meteo marine di marea, le precedenze e le normative. L’ottimizzazione riguarda sia la localizzazione del Porto Crociere a Porto Marghera, sia l’arrivo in Marittima attraverso la Bocca di Malamocco e via Canale Vittorio Emanuele III (in tal caso si sottolinea una ulteriore criticità dovuta alla necessita di effettuare in spazi ristretti una curva di oltre 90°).

Le simulazioni sulle interferenze tra traffico commerciale e crocieristico svolte nello scenario di approdo o passaggio per Marghera e nello scenario di approdo a Marittima via canale Contorta-S. Angelo, evidenziano sostanziali differenze nei disagi causati alla navigazione a causa della commistione dei traffici. I convogli dovrebbero essere gestiti nell’arco di 18 ore, nel caso in cui le navi da crociera “sviassero” per il Canale Contorta-S. Angelo. Dedicare tutto il canale Malamocco Marghera al transito dei convogli merci e passeggeri, comporterebbe la perdita del 33% di capacità di traffico del canale (un convoglio in entrata e un convoglio in uscita).

Sotto il profilo del congestionamento del traffico, e quindi dei suoi effetti sull’operatività commerciale e passeggeri del porto, lo studio ritiene che l’alternativa migliore di collegamento del Canale Malamocco-Marghera con Marittima sia quella del canale Contorta-S. Angelo.

Va tuttavia rilevato che il modello matematico e le simulazioni per la valutazione delle alternative, nel rispetto del decreto “anti inchini”, sono stati calibrati sui movimenti del 2011. Lo studio segnala una certa sottostima dovuta in primo luogo al fatto che nel 2011 la crisi internazionale ha ridotto del 20% i flussi standard del traffico commerciale (rispetto al trend sino al 2008). In secondo luogo, i dati del 2011 non sono comprensivi dei futuri traffici da e per il nuovo terminal traghetti di Fusina e neppure del traffico da e per il nuovo terminal container previsto in area ex Montefibre. La stima di questa componente non è riportata nello studio, ma è certo che la fattibilità dei due terminal non può che basarsi su stime ottimistiche.

Si tratta di due fattori che, insieme, generano effetti cumulativi di grande momento. Quelli connessi al progetto di nuovo canale si aggiungeranno, nel medio-lungo periodo, a quelli dovuti agli investimenti già effettuati da Apv. Si attende, infatti, che il traffico commerciale lungo il canale Malamocco-Marghera aumenti per l’effetto congiunto del traffico traghetti, del traffico commerciale afferente alle nuove aree logistiche previste nell’area ex-Montefibre e di quello di riconversione industriale.

Lo studio ritiene che alla luce delle simulazioni e delle decisioni strategiche pregresse di Apv, si possa concludere che il canale Malamocco-Marghera abbia potenzialmente la capacità di assorbire il transito di ulteriori navi, ma a condizione di sfruttare al massimo la capacita dei canali. In caso contrario, l’inserimento di un movimento in senso contrario al flusso dominante in determinati periodi della giornata potrebbe causare notevoli ritardi, anche di 2 ore.

Nel caso dell’utilizzo del canale Contorta S. Angelo, le simulazioni evidenziano che, pur mantenendo le criticità dovute alla commistione dei traffici commerciali e passeggeri nel primo tratto del canale Malamocco-Marghera, i ritardi accumulati sono inferiori. Ciò è dovuto al fatto che le navi passeggeri occuperebbero il Canale di Malamocco solo nella zona dove possono navigare più velocemente in quanto in quel tratto la rete dei canali ha maggiore capacità. Va rilevato che la commistione richiede una particolare attenzione (non evidente nel progetto e negli studi Via) sul punto di biforcazione tra il canale di Malamocco e il Canale Contorta. Esso andrebbe strutturato in modo da potere permettere l’incrocio di navi da crociera. Lo studio conclude che, sotto il profilo del congestionamento del traffico e quindi dei suoi effetti sull’operatività commerciale e passeggeri, la migliore alternativa di collegamento del Canale Malamocco-Marghera con Marittima è quella rappresentata dal canale Contorta S. Angelo, ma che la soluzione non è priva di criticità. Di queste, la meno valuta nello studio Via riguarda gli effetti idrodinamici e ambientali dovuti all’utilizzo massimo della capacità del canale.

Moto ondoso
Studi e rilievi sul moto ondoso sono stati commissionati alla ditta Protecno. L’ultimo, del 2009, ricostruisce il campo di moto ondoso con tecnica stereo-fotogrammetrica. Le misure eseguite evidenziano in modo discutibile come il moto ondoso nel canale della Giudecca sia caratterizzato da parametri (principalmente periodo ed altezza) non attribuibili a navi e traghetti, bensì alle imbarcazioni, pubbliche e private di piccola stazza e veloci. Ciò porta a riconoscere come effetto principale la variazione del piano medio dell’acqua (dalla chiglia della nave) con valori delle velocità delle correnti generate entro i valori prodotti dalla marea.

Effetti idrodinamici e morfologici: rilievi sull’impiego del modello Mike21
Per valutare i potenziali impatti in fase di esercizio è stato effettuato uno studio morfologico con il modello Mike21 (Danish Hydraulic Institute di Copenhagen). La base delle simulazioni é la carta delle batimetrie della laguna di Venezia pubblicata dal Magistrato alle Acque nel 2002. La carta è aggiornata con le recenti strutture morfologiche realizzate da Mav-Cvn.

Il modello idrodinamico delle correnti di marea rende conto degli effetti di risospensione e trasporto dei sedimenti all’interno dei canali lagunari principali. Il modello di moto ondoso da vento genera gli sforzi tangenziali al fondo che regolano il verificarsi di questi fenomeni nelle rimanenti superfici lagunari. Ciò ha consentito due blocchi di simulazioni: il primo fornisce un’interpretazione sedimentologica delle dinamiche del trasporto, il secondo un modello morfologico. Dal primo si ricavano rappresentazioni istantanee della capacità di trasporto, mentre il secondo consente di apprezzare le tendenze erosive e di deposizione conseguenti ad un certo evento meteorico.

Oltre a questo studio, è stata realizzata una ulteriore analisi sugli effetti idrodinamici e morfologici del transito di natanti, in ingresso ed uscita dalla stazione Marittima di Venezia. Anche tale studio ha impiegato il modello matematico Mike21.

Le simulazioni evidenziano come le perturbazioni del pelo libero e del campo di velocità siano limitate nell’area compresa tra il canale e le velme. Nelle aree esterne non si verificherebbero modificazioni di rilievo e il transito della nave presenterebbe i caratteri idrodinamici tipici del fenomeno: una scia dietro la poppa e una corrente di ritorno esterna lungo alveo e sponde. Inoltre, secondo le simulazioni, le variazioni di livello del fondo dovute al passaggio di natanti risulterebbero contenute nella zona interna alle velme, senza modifiche nei bassofondi esterni. Le velme sarebbero interessate da variazioni morfologiche molto leggere, con tendenze erosive ai loro bordi e depositi attorno ad esse e nei varchi verso il bassofondo. Le analisi concludono che il transito dei natanti genera leggere variazioni al regime idrodinamico, comunque contenute all’interno delle due serie di velme.

In generale e in merito agli effetti idromorfologici, si evidenzia “una modifica locale dell’andamento delle correnti che porta ad un leggero aumento delle aree di bassofondo caratterizzate da basse velocità e una concentrazione del flusso verso il canale S. Leonardo-Marghera e il canale della Giudecca. Queste modifiche sono comunque di poca entità e si notano solo negli istanti di bassa marea." Si può rilevare che il modello opera in condizioni normali, escludendo le condizioni estreme, e con granulometria uniforme del sedimento. Le simulazioni riguardano l’altezza d’onda, la velocità della corrente e la capacità di trasporto solido. La capacità di trasporto indica la propensione alla movimentazione dei sedimenti.

E’ discutibile che nella zona interessata dalle opere in progetto e con pieno utilizzo della capacità si raggiungano altezze significative massime di circa 0.25 m, addirittura minori di quanto riscontrato nello stato attuale. L’effetto di attenuazione del moto ondoso sarebbe dovuto alla presenza delle velme, contro le quali si ha frangimento con riparo del nuovo canale dalle onde da vento. In altre parole, l’idrodinamica della laguna nel suo insieme sarebbe simile a quanto riscontrato in stato attuale.

Variazioni significative interesserebbero le correnti. Il nuovo canale è interessato da velocità variabili, con istanti a velocità quasi nulla fino a 50 cm/s. La porzione settentrionale del nuovo canale, che entra nel canale della Giudecca, è interessata dalle velocità maggiori. L’intensità della corrente è accentuata proprio nei varchi tra le velme. In generale, si alternano fasi a capacità di trasporto quasi nulla a fasi in cui tutto il canale presenta una elevata movimentazione di sedimenti. La porzione settentrionale del nuovo canale che entra nel canale della Giudecca è interessata da una capacità di trasporto solido in aumento nel verso del flusso e quindi ad una tendenza all’asportazione di materiale.

Contrariamente ai commenti conclusivi sui risultati del modello, il confronto con lo stato attuale evidenzia differenze significative, soprattutto per quanto concerne la seconda configurazione.

L’idrodinamica generale della laguna centrale è influenzata dall’effetto barriera del nuovo canale che contribuisce a ridurre la velocità delle correnti nelle aree a sud e a nord del canale in progetto, soprattutto nelle fasi di marea crescente.

Lo studio rileva: ‘La successione delle velme previste in fregio al canale costituisce uno sbarramento che attraversa, dal Canale S. Leonardo Marghera alla Stazione Marittima, l’intera zona di spartiacque fra i bacini di Lido e di Malamocco. Questa interruzione si fa sentire nelle fasi di flusso e riflusso della marea, costringendo la corrente ad aggirare l’ostacolo concentrandosi nel Canale S. Leonardo-Marghera e all’imbocco del Canale della Giudecca’.

L’effetto-barriera è rafforzato dal fatto che la corrente trova vie alternative per defluire da sud verso nord, con un aumento delle velocità nella zona tra il Canale Contorta S. Angelo e il canale della Giudecca. Ciò potrebbe accelerare fenomeni erosivi non solo in alveo ma anche lungo i varchi tra le velme. Dalle stime, il nuovo canale appare interessato da velocità variabili, con istanti a velocità quasi nulla fino a 40 cm/s. Capacità di trasporto più alte si localizzano nei punti in cui la corrente è più veloce: nella zona tra il Canale Contorta S. Angelo e il canale della Giudecca, sopra le velme negli istanti in cui sono sommerse e tra i varchi della stesse negli istanti in cui sono emerse.

In generale, gli studi riconoscono che ‘per lo stato di progetto il canale della Giudecca e il canale S. Leonardo-Marghera appaiono più vivaci, con tendenze evolutive più intensificate… Questo è spiegabile considerando che in queste due aree l’idrodinamica presenta velocità maggiori, poiché il flusso che in stato attuale occupava l’intera area di bassofondo trova in stato di progetto l’ostacolo delle velme e concentra quindi il suo passaggio nelle due aree che restano “accessibili”.

Lo studio evidenzia che in tutta la fascia delle velme e del nuovo canale si ottengono variazioni del fondo più intense che altrove, data la vivacità del flusso e la sua variabilità in intensità e direzione sopra le velme e tra i varchi.

Per quanto concerne la movimentazione dei sedimenti lo studio rileva quanto segue: ‘i sedimenti che vengono messi in movimento non provengono dall’esterno, ma da questa stessa zona in cui l’idrodinamica tende a ricondurre verso l’appiattimento del fondale erodendo le velme e depositando nei varchi e verso il canale i materiali così messi in sospensione’.

Aumentano le criticità con le simulazioni del modello morfologico completo, in cui i moduli idrodinamico, di moto ondoso e morfologico sono utilizzati in maniera accoppiata invece che a cascata. Con opportuni feedback il modello aggiorna le quote del fondo ad ogni passo. Si arriva così alla stima del bilancio fra accumulo ed erosione, con esito favorevole a quest’ultima. Questo esito tende ad aggravare lo stato sistemico in quanto il progetto si inserisce in un contesto in cui la tendenza evolutiva dei fondali delle ultime decadi ha condotto alla progressiva scomparsa della caratteristica eterogeneità morfologica e alla transizione verso un ambiente con caratteristiche sempre più marine. Sono stati significativamente ridimensionati gli ambienti caratterizzati da elevato trofismo, in genere colonizzati da macrofite capaci di assicurare stabilità del piano sedimentario e idonee condizioni alla vita ittica, così come al passaggio, all’alimentazione e alla riproduzione di specie ornitiche. Lo studio riconosce che la configurazione dell’habitat 1150 in fase post operam subirà una ulteriore frammentazione rispetto alla già precaria situazione attuale.

Per quanto riguarda la fase di esercizio del canale, sulla base delle informazioni fornite da indagini e monitoraggi dei progetti che hanno interessato nel recente passato la funzionalità del Canale Malamocco Marghera, lo studio ritiene che i transiti dei mezzi navali lungo il Contorta S. Angelo possano disturbare, in una fascia di circa duecento metri, la stabilità del piano sedimentario dei fondali in fregio. Come per la fase di cantiere, tali disturbi potrebbero manifestarsi con modificazioni nei normali tassi di trasporto, sedimentazione e risospensione negli ecosistemi acquatici.

Lo studio riconosce, inoltre, che gli effetti dell’alterazione dell’equilibrio del budget dei materiali trasportati e sedimentati possono essere elevati sulla fauna ittica e di fondo. Distingue gli effetti fisici da quelli di affossamento e soffocamento, che si sommano ad effetti indiretti legati all’attenuazione della radiazione luminosa o all’alterazione delle condizioni di fondo e delle relative capacità di alimentazione.

Proprio a partire da queste considerazioni, sarebbe utile approfondire l’affermazione secondo cui ‘in generale risulta ben difficile distinguere l’effetto della torbidità naturale, di fondo dell’ambiente lagunare, da quella ascrivibile al risollevamento da transito navale’. Una adeguata configurazione modellistica (o valutazioni su analoghi) potrebbero aiutare in proposito. E ciò, tenendo anche conto di eventuali ‘assuefazioni’ come nel caso in cui ‘le condizioni naturali di torbidità indotta da vento o dall’azione del moto ondoso dovuto al traffico marino ed in alcune zone dalle attività di pesca dei molluschi hanno… selezionato una comunità bentonica tollerante questo tipo di disturbo’. L’assuefazione potrebbe comunque non essere accettata come effetto inevitabile sulle comunità bentoniche per azione della torbidità indotta da dragaggi o da transiti di mezzi navali.

I diversi scenari modellistici sulla torbidità utilizzati negli studi di Via possono essere migliorati per valutare con più attenzione il disturbo dei popolamenti bentonici dell’infauna e dell’epifauna, le cui capacità di adattamento alle variazioni nei tassi di sedimentazione variano con granulometrie e tempi di residenza. Una dimostrazione in tal senso viene dalla assenza di praterie di fanerogame nel sito di progetto, mentre esse ricoprono ampi areali impattabili dalle torbide prodotte dal transito dei mezzi navali lungo il tratto del Malamocco Marghera più vicino alla bocca di porto di Malamocco.

Gli effetti sedimentari non possono, quindi, essere ritenuti trascurabili sia dal punto di vista del risentimento biologico che di quello morfologico.

Transito dei natanti
Il canale proposto si trova in una zona a scarsa dinamica idraulica per prossimità alla linea di spartiacque tra i bacini di Lido e di Malamocco. Qui le velocità di marea sono contenute e così pure l’attività di trasporto solido. Il modello simula due configurazioni: una cunetta di 80 m e una cunetta di 120 m, con analogo anche se non identico andamento planimetrico.

Lo ‘Studio degli effetti idrodinamici e morfologici del transito di natanti’ in navigazione in campo aperto e confinato (canali) rileva come ‘le zone a più intensa modifica siano localizzate lungo il canale: in erosione nella zona di passaggio dello scafo e in deposito nelle zone esterne.

Le zone a più intensa modifica sono quelle di alveo, che appaiono in erosione nella zona di passaggio dello scafo e in deposito nelle zone esterne. Una tendenza erosiva si nota anche in una stretta fascia di sponda dove si ha il cambio di pendenza tra i lati del canale e il bassofondo’. Le due fasce di velme sono interessate da modifiche morfologiche limitate, con tendenze erosive ai bordi e depositi attorno e nei varchi verso il bassofondo.

Le simulazioni indicano che il passaggio dei natanti avrà un impatto maggiore sulla idromorfodinamica locale nei momenti di minimo mareale e che le modifiche sono contenute nella zona compresa tra velme e canale, con un debole interessamento delle aree esterne. L’impatto tenderebbe a ridursi con l’allargamento della cunetta (seconda configurazione).

Trattasi di impatto locale, ma non si può certo concludere che a scala di bacino le due configurazioni generino gli stessi impatti morfologici. Lo Studio su questo argomento potrebbe essere approfondito, testando meglio l’ipotesi secondo cui ‘la variazione di livello della marea, soprattutto nei casi di acqua alta, sarà trascurabile’. Non è, infatti, da escludere che il contributo relativo sia maggiore con limitate oscillazioni di marea.

Sicurezza
La gestione e la stessa definizione di sicurezza della navigazione sono l’esito contingente di una mediazione fra innovazione dei navigli e dei sistemi di navigazione, logistica e operatività in contesto specifico. Su questa mediazione (anche se non è l’unica possibile) si è storicamente basata la gestione della laguna e dei suoi insediamenti.

Gli studi Via si limitano alla incidentalità e offrono risultati rassicuranti. Essi rilevano come la probabilità di incidenti (collision e grounding) nel porto di Venezia, in particolare nel canale della Giudecca, risulti sempre più bassa rispetto a quella calcolata per la flotta mondiale. E la probabilità tenderebbe a diminuire se si utilizzassero due rimorchiatori per nave passeggeri.

Oltre a proporre un concetto particolare di sicurezza, il confronto con una media mondiale (sic) non sembra plausibile soprattutto per ragioni connesse alla vulnerabilità e alla esposizione nel contesto lagunare, due componenti essenziali nelle funzioni di rischio.

Impatti ambientali
Le analisi contenute nella relazione ambientale interessano lo stato di fatto, le fasi di cantiere e di esercizio e riguardano le emissioni atmosferiche e sonore, l’inquinamento elettromagnetico e il moto ondoso. Come anticipato, questo ultimo impatto, particolarmente critico, è stato oggetto di modellizzazione e simulazione ad hoc.

Le valutazioni di impatto effettuate seguono l’approccio per ‘matrice’ e non si confrontano con il funzionamento ecologico della laguna. Lo stato della laguna è l’esito di interazioni complesse generate dalle variazioni del medio mare. Queste interazioni attivano processi circolari e sinergici fra bassifondi, strutture intertidali, movimento e qualità delle acque, habitat e aria. Effettuare le analisi di impatto per tema (o matrice, cioè per aria, acqua, suolo e così via) significa rinunciare a priori all’unica valutazione pertinente.

Per necessità, il seguito si limita a commenti tematici, così come presentati negli studi Via in oggetto.

Aria
L’analisi degli impatti si concentra soprattutto sulla emissione di ossidi e particolati.

Per quanto concerne lo stato delle emissioni delle polveri in atmosfera, la Via cita lo studio Apice. Questo studio ha valutato nel territorio del Comune di Venezia gli apporti di inquinanti atmosferici dovuti alle singole sorgenti emissive. Lo studio registra, già prima dell’applicazione del “Venice Blue Flag II”, un basso contributo del traffico portuale alla concentrazione in atmosfera delle polveri sottili. Apice stima che il comparto portuale nel suo insieme (inteso come traffico crocieristico, commerciale ed industriale) incida per l’8% (in periodo estivo) e per il 2% (in periodo invernale) sui livelli di concentrazione di polveri PM2.5 in atmosfera. Tali valori porrebbero il comparto portuale al 5° ed all’ultimo posto nella graduatoria delle fonti emissive.

La Via in oggetto sottolinea, inoltre, che le specifiche campagne di monitoraggio della qualità dell’aria presso le aree portuali (San Basilio e Santa Marta), eseguite da Arpav e Cnr, promosse e finanziate dalla Apv, hanno rilevato l’assenza di significativa correlazione tra le concentrazioni di inquinanti e traffico (anche se non è precisato il ruolo della crocieristica).

Per la stima delle emissioni in atmosfera durante il cantiere è stato utilizzato il datato modello di dispersione ISC3 (Industrial Source Complex Dispersion Model), sviluppato dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente statunitense (Epa). Il modello risolve l’equazione della convezione-diffusione, ma va rilevato che esistono più aggiornati modelli di emissione e diffusione.

Circa lo stato di fatto, limitato al 2010, è risultata prevalente la classe di stabilità-neutralità (D), condizione che, mediamente, non favorisce la dispersione degli inquinanti in atmosfera (dati relativi alla stazione n. 23 dell’EZIPM). Se le analisi dei dati definiscono una situazione di inquinamento ubiquitario per le polveri fini, non ne riconoscono l’effetto di ‘fondo’ rispetto ad altri inquinanti.

La realizzazione del nuovo canale comporta l’utilizzo di mezzi che generano emissioni di gas e polveri nell’atmosfera, mentre l’entrata in esercizio comporta un trasferimento delle emissioni in atmosfera dall’attuale percorso Lido-Giudecca al nuovo e un diverso modello di dispersione connesso ai venti dominanti.

Nello “Studio di ricaduta delle emissioni in atmosfera”, sono stati scelti quali indicatori ambientali il valore di emissione degli ossidi di SOx, NOx e di particolato atmosferico (PM10).

Al fine di paragonare le concentrazioni simulate al livello del suolo con standard di qualità dell’aria (Sqa) secondo il D.lgs. 155/2010 e con i valori di fondo che caratterizzano l’area di studio, si è ipotizzato in via cautelativa che le polveri siano assimilabili a particolato con granulometria inferiore a 10 μm (PM10) e che gli ossidi di azoto (NOx) siano trasformati interamente in biossido di azoto NO2. L’ipotesi andrebbe meglio verificata.

Utilizzando dati raccolti da Thetis una decina di anni fa durante lavori di dragaggio e tenendo conto della localizzazione e della direzione prevalente dei venti, lo Studio ritiene che in fase di realizzazione le emissioni siano irrilevanti e che comunque la ricaduta massima si verifichi all’interno dell’area di cantiere, con valori di concentrazione massimi (annui, giornalieri ed orari) inferiori rispetto ai corrispondenti Sqa definiti dal D.lgs. 155/2010. Il confronto dei risultati delle simulazioni con i valori di fondo dell’area (fonte Arpav) evidenzierebbero un impatto accettabile.

A proposito dei venti va rilevato che la direzione NE non è esclusiva anche se dominante.

Secondo le simulazioni, durante la fase di cantiere i valori massimi di concentrazione ricadono all’interno dell’area di cantiere stessa, per effetto della tipologia di sorgente e dell’altezza stimata dell’emissione. Secondo le stime, si tratta di valori che rispettano i corrispondenti Sqa. Le concentrazioni massime annue dei contaminanti risulterebbero inferiori rispetto ai corrispondenti Sqa, con contributi dell’ordine del centesimo per le polveri (0,9%) e superiori al decimo per il biossido di azoto (15,1%).

Estendendo l’analisi al valore massimo giornaliero (polveri), il contributo risulta sostanzialmente in linea con il precedente, con concentrazioni, rispetto a Sqa, dell’ordine del centesimo (3%).

Se si guarda al valore massimo orario (biossido di azoto), il contributo risulta significativo (28,5%), ma comunque inferiore rispetto al corrispondente Sqa.

Per la stima delle emissioni in fase di esercizio è stata applicata la metodologia europea per la compilazione dell’inventario delle emissioni (vedi Emep/Eea Emission Inventory Guidebook, 2013, relativamente al macrosettore della navigazione International navigation, national navigation, national fishing). Per ragioni metereologiche, il modello è stato calibrato sul modello climatologico globale Wrf-Noaa con delicata operazione di downscaling.

Si stimano così concentrazioni massime annue dei contaminanti minori rispetto ai corrispondenti Sqa, con contributi limitati al centesimo per polveri e biossido di azoto (rispettivamente pari a 0,1% e 0,6%) e dell’ordine del centesimo per il biossido di zolfo (1,4%). Estendendo l’analisi ai valori massimi giornalieri ed orari, i contributi risulterebbero sostanzialmente in linea con i precedenti, con concentrazioni dell’ordine del centesimo o inferiori rispetto ai relativi Sqa.

A queste emissioni sono interessate superfici dei siti di Rete Natura 2000. Come zona di influenza degli effetti delle ricadute è stata considerata l’area all’interno della quale le concentrazioni degli inquinanti oggetto di studio sono comprese tra il 50% del valore massimo annuo ed il valore massimo annuo stesso.

A parità di diffusione aerea, l’alternativa “retro Giudecca” interessa in maniera minore le aree SIC e ZPS, mentre l’alternativa che prevede il transito lungo il Canale Vittorio Emanuele III interessa superfici maggiori.

Per quanto concerne il canale Contorta, confrontando i risultati delle simulazioni con i valori di fondo dell’area (fonte Arpav), l’impatto sull’aria risulterebbe poco significativo e non comporterebbe un peggioramento della qualità dell’aria.

In conclusione, gli studi Via ritengono che l’impatto sia nella fase di cantiere che in quella di esercizio, sia compatibile con la componente ambientale ‘atmosfera’. Relativamente alla fase di esercizio, l’analisi evidenzia la massima ricaduta lungo il tratto nord-sud del percorso, parallelamente alle casse di colmata, con valori di concentrazione massimi (annui, giornalieri ed orari) degli inquinanti inferiori rispetto ai corrispondenti Sqa. Anche in questo caso, confrontando i risultati delle simulazioni con i valori di fondo dell’area (fonte Arpav), l’impatto non comporterebbe un peggioramento significativo della qualità dell’aria.

Due sono le osservazioni generali in proposito. La prima riguarda la possibilità di estendere la gamma di inquinanti considerati, la seconda la stima di possibili effetti cumulativi andando oltre le misure di concentrazione e assumendo la presenza diffusa di polveri come ‘fondo attivo’.

In questa sede andrebbero valutati gli impatti ambientali (e gli effetti più generali) della elettrificazione delle banchine portuali passeggeri come previsto dal’accordo volontario Venice Blue Flag. E’ noto che banchine ‘elettrificate’ con il sistema cold ironing favoriscono la transizione verso ‘porti verdi’, consentendo l’alimentazione delle navi in sosta mediante connessione con il sistema di terra e lo spegnimento dei motori ausiliari a bordo.

Qualità delle acque e torbidità
Campagne di indagine e monitoraggi evidenziano come la contaminazione delle acque da microinquinanti risulti superiore in Canale Malamocco-Marghera rispetto ai valori medi riscontrabili in laguna settentrionale. Ciò rende particolarmente critico il contesto di progetto.

Va rilevato che per l’ambiente idrico le interferenze del progetto riguardano soprattutto gli effetti sulla torbidità e il trasporto di contaminanti in sospensione su depositi superficiali dovuti alle attività di scavo e dragaggio ed agli effetti dei transiti di mezzi nautici, in fase di esercizio.

Durante le operazioni di dragaggio, così come nelle successive fasi di trasporto e di ricollocamento del materiale dragato, il progetto prevede l’adozione di procedure atte a minimizzare la risospensione dei sedimenti e quindi la produzione di torbidità. Prima delle operazioni di scavo, al fine di quantificare i volumi dei diversi tipi di sedimenti, il Progetto prevede la caratterizzazione secondo il Protocollo 1993. Non è tuttavia da escludere che un suo aggiornamento consigli una nuova caratterizzazione e un diverso modello di conferimento.

In fase di esercizio, periodo e intensità di oscillazione di torbidità e trasporto di contaminanti dipenderanno dai flussi di traffico e dalla loro gestione. Su questo tema gli studi Via sono carenti.

Qualità dei sedimenti
Sono disponibili diverse e spesso contraddittorie caratterizzazioni sulla qualità dei sedimenti nella laguna ed in particolare nella zona di progetto. Si tratta di misure di concentrazione soprattutto di Ipa e metalli pesanti che, oltre a riferirsi al citato Protocollo Fanghi (1993), non considerano in modo approfondito gli importanti aspetti connessi alla biodisponibilità e alla geo-speciazione. Limitandosi alle concentrazioni dei metalli, si rileva una parziale corrispondenza con le caratterizzazioni effettuate da Apv che rilevano presenze di arsenico e cromo: il primo soprattutto nella frazione fine (argilla) piuttosto che in quella più grossolana (sabbia); il secondo nella frazione sabbiosa all’interno del reticolo cristallino di minerali quali clorite, biotite, ossidi, anfiboli e pirosseni.

Secondo Apv i superamenti di colonna A (in funzione del fondo naturale) per il cromo sono inferiori a quelli dell’arsenico e, per entrambi, si registrerebbe una bassa biodisponibilità. Questi superamenti sono attribuiti al fondo naturale, alle sue caratteristiche mineralogiche e al contenuto di sostanza organica. Test di cessione avrebbero verificato come le due sostanze tendano a non cedere l’elemento all’acqua e quindi a non renderlo biodisponibile. Le concentrazioni si manterrebbero così inalterate nel tempo, non comportando rischi per l’ambiente circostante.

Si possono tuttavia fare tre osservazioni in proposito. La prima riguarda la gamma delle sostanze presenti, non limitata ai due metalli pesanti. La seconda rinvia alla definizione di ‘fondo naturale’ che, com’è noto, risente dei fenomeni di accumulo modificando la media delle concentrazioni. La terza riguarda la presunta immobilità dei contaminanti che, oltre ad essere influenzata dalla subsidenza con effetti sugli strati inferiori e sulle falde, viene messa alla prova dal moto ondoso generato dal vento e dai natanti. Ciò viene riconosciuto dalla stessa Apv quando sostiene: ‘La fascia che corre lungo il canale dei Malamocco Marghera e in prossimità delle altre aree interessate dall’opera risentono in modo generalizzato dell'adiacenza della area industriale di Porto Marghera. In particolare, i bassi fondali più direttamente investiti dal moto ondoso subiscono un continuo processo di disturbo connesso alla mobilizzazione degli strati superficiali del piano-sedimento. Allo stesso modo, anche eventi meteorologici caratterizzati dai forti venti di bora e scirocco ai quali l’area è esposta, inducono la mobilizzazione e l’immissione nel canale Malamocco Marghera di ingenti quantità di sedimenti’.

Ma ciò che risulta più discutibile è che sulla base di immobilità e non biodisponibilità dei due contaminanti e in considerazione dei valori di fondo medi lagunari si ipotizzi una riclassificazione in categoria A dei sedimenti ex B e C, e si escluda la presenza della categoria oltre C. Questa semplificazione fa ipotizzare che la maggior parte dei sedimenti provenienti dallo scavo del canale Contorta Sant’Angelo siano classificabili entro A e B, con una piccola percentuale in C. I sedimenti in classe C (i più contaminati) sarebbero localizzati soprattutto in prossimità del canale Malamocco-Marghera in corrispondenza del raccordo con il canale Contorta.

Una maggiore chiarezza in merito alla caratterizzazione potrebbe influenzare il bilancio ecologico del progetto di nuovo canale, il suo costo complessivo e le stesse misure di compensazione che prevedono ingenti conferimenti di sedimenti in zone lontane dall’area di progetto.

Emissioni sonore ed impatto acustico
I dati sulle emissioni sonore sono forniti dal progetto Eco.Port finanziato da Apv. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Fisica Tecnica dell’Università degli Studi di Padova. Con rilievi specifici e mappature è stata rilevata la rumorosità emessa da navi passeggeri in transito e all’ormeggio.

Durante le analisi Via si stava concludendo la seconda fase dello studio Eco.Port (2011-2013) per l'implementazione di un modello acustico previsionale, finalizzato alla definizione di fasce di pertinenza utili alla stesura del decreto attuativo previsto dalla L.Q. 447/1995, tuttora mancante per le infrastrutture portuali. L’attuale lacuna normativa sulle fasce di pertinenza acustica comporta, di fatto, la mancanza del necessario riferimento per la corretta gestione delle emissioni del comparto portuale.

Uno studio specifico sulle vibrazioni (Studio Modena Franchetti) valuta per ciascuna alternativa l’impatto acustico in fase di cantiere e di esercizio sul ricettore ‘popolazione umana’ mappata con dati di sezione censuaria in un buffer di ampiezza pari a 400 m per lato dall’asse di navigazione. Non si fa riferimento ad altri tipi di popolazione.

La componente “rumore” assume particolare rilevanza in fase di realizzazione. Studi pregressi, riguardanti la stima delle emissioni sonore generate dai mezzi preposti al dragaggio del canale Malamocco-Marghera, evidenziano che i livelli attesi durante le attività di cantiere diventano molto bassi ad una distanza di circa 600 m dal cantiere stesso (vedi, ad esempio, Thetis 2011). Dato che il sito è caratterizzato da un’esigua presenza di recettori antropici significativi l’impatto viene ritenuto trascurabile.

Con riferimento alla fase di esercizio, le misurazioni (vedi, tra l’altro, gli studi di Di Bella et al.) sono effettuate all’ormeggio e in transito. All’ormeggio le sorgenti di rumore prevalenti sono i camini (h=50m): LW=133 dB e LWA=121 dB(A); in transito si ottiene la potenza sonora per unità di lunghezza, normalizzata a 1 transito/ora, di LWA=78 Dba/m. Questo dato viene utilizzato per la valutazione degli impatti acustici delle navi da crociera, ponderato sul numero effettivo dei transiti orari.

Un confronto incrociato (di fonte Curcuruto et al. (2000) e di fonte Apv) porta alla stima di livelli sonori LAeq, misurati a 15 metri dalla nave, da 56,7 dBA a 72,3 dBA per le navi civili e da 57,9 dBA a 73,6 dBA (con una punta a 78,4 dBA ) per le navi militari. Lo studio allegato alla Via utilizza il dato peggiore per le navi civili (72,3) come stima della rumorosità dei ferries. Standardizzando ai tempi tipici dell’evento di transito a 15m, si ottiene una stima del SEL di 92,0 dB(A).

Nella propagazione del rumore in aria sopra la Laguna vanno considerati i fenomeni di rifrazione e riflessione sull’acqua. In mare la temperatura media dell’acqua è inferiore a quella dell’aria soprastante. L’aria tende, quindi, ad essere raffreddata in prossimità della superficie dell’acqua generando il fenomeno della rifrazione delle onde acustiche: esse sono deflesse verso il basso, cosicché è maggiore l’energia sonora che raggiunge un osservatore sul mare rispetto a quella che raggiunge un osservatore posto alla stessa distanza sulla terraferma.

In Laguna la condizione termica può essere invertita, soprattutto nei mesi caldi, perciò il sussistere di tale effetto non è un dato scontato. Se lo specchio d’acqua è calmo risulta anche molto efficiente la riflessione del rumore sulla superficie dell’acqua, ma ciò non vale se l’acqua è increspata o con significativo movimento ondoso.

In sintesi, nel caso della Laguna Veneta, è largamente cautelativo assumere che la risultante dei due effetti (rifrazione e riflessione) sia la totale riflessione del suono sulla superficie dell’acqua. E’ stato perciò posto il fattore assorbimento suolo G = 0 in tutta l’area di calcolo.

Data la grande estensione dell’area di studio e considerato che su una tale superficie la valutazione è mirata alla determinazione delle caratteristiche globali del clima e dell’impatto acustico, viene trascurata la riflessione del rumore su edifici ed oggetti, con la sola eccezione della suddetta riflessione sullo specchio d’acqua. Per il calcolo delle mappe acustiche è utilizzata una griglia di calcolo di 30x30 metri posta a 4 metri di altezza.

La valutazione comparata evidenzia gli elevati impatti sia in fase di cantiere che di esercizio dell’opzione retro-Giudecca (per la densità di ricettori contigui). L’incidenza del rumore attribuibile al transito delle grandi navi da crociera risulta sufficiente a determinare il superamento dei valori limite di immissione stabiliti dalla zonizzazione acustica. In particolare ciò si verifica in alcune delle aree poste in classe I, dove il limite è pari a 50 dBA per il periodo di riferimento diurno. Il superamento non tiene conto degli effetti cumulativi dovuti ad altre sorgenti di emissione acustica.

Per tutte le opzioni si evidenziano potenziali criticità legate alla fase di esercizio in prossimità delle bocche di porto, dove la larghezza del canale è ridotta e sono presenti ricettori sensibili (camping alla bocca di Lido, casa per anziani alla bocca di Malamocco, ma anche siti di interesse ambientale).

Durante la più gravosa fase di cantiere si prevedono superamenti dei limiti di immissione sia assoluti che differenziali (se applicabili) tutto sommato contenuti entro 5 dBA e superamenti più consistenti presso alcune isole disabitate. Unico altro ricettore sensibile per la presenza di persone, e relativamente impattato, è il campeggio di Punta Fusina, dove si potrebbe registrare un superamento del limite differenziale, ma non di quello assoluto.

Rilevanti aumenti della rumorosità equivalente diurna si avrebbero presso le isole limitrofe al Canale Contorta (S. Giorgio e S. Angelo) fino a circa +20 dB oltre il limite assoluto, e, in misura molto inferiore, su altre porzioni di terra emersa ai lati del Canale dei Petroli. Tutti questi siti sono però disabitati.

Per le altre fasi di cantiere si stima che l’impatto acustico sia molto minore. Lo studio non ritiene pertanto di dover indicare misure ad hoc per la riduzione del rumore nelle fasi di cantiere, a meno di particolari esigenze del complesso alberghiero di Sacca Sessola: nel qual caso, lo studio propone di modificare lo schedule di cantierizzazione dei lavori, minimizzando gli impatti cumulativi (con altre sorgenti).

In fase di esercizio, a causa del nuovo percorso delle grandi navi da crociera, presso Sacca Sessola si stima un aumento di 1 dB del livello equivalente di rumore diurno, mentre a Santa Maria del Mare l’aumento sarà di circa 2 dB. Questo aumento va ad aggiungersi ad uno stato di fatto già sulla soglia- limite della classe I lì vigente. Inoltre, si stima risulteranno debolmente impattate le abitazioni di Alberoni, per circa 5 dB, ma senza superamento dei limiti. Superamenti dei limiti assoluti di immissione si potrebbero avere in luoghi disabitati, come nelle isole limitrofe al nuovo Canale Contorta fino a circa +6 dB oltre il limite assoluto e su altre porzioni di terra emersa ai lati del Canale dei Petroli.

Lo studio ritiene che il progetto sia migliorativo del clima acustico nell’area urbana. Inoltre, il transitorio disagio dovuto alle fasi di cantiere, nonché l’eventuale aumento dei livelli di rumore in singoli punti prossimi al nuovo canale, in un’ottica costi/benefici sono considerati ‘ampiamente compensati’ dalla riduzione unitaria dell’impatto acustico (decibel per numero di soggetti esposti).

In sintesi, lo studio ipotizza che la situazione acustica in Laguna ‘non possa derivare da un modesto aumento di transiti di navigli di qualsivoglia tipologia, quanto piuttosto dall’equilibrio globale determinato dall’insieme dei traffici e dai comportamenti in navigazione’. E conclude: ‘L’impatto in fase di esercizio può pertanto ritenersi migliorativo nel contesto del centro storico, e trascurabile rispetto alla situazione di traffico attuale nella restante parte del percorso’.

Queste conclusioni andrebbero perlomeno verificate con simulazioni riferite alla conclusione della seconda fase dello studio Eco.Port.

Inquinamento luminoso
Gli studi Via escludono interferenze relative all’inquinamento luminoso in quanto il progetto illuminotecnico rispetterebbe le disposizioni regionali in merito all’inquinamento luminoso (Legge Regionale n. 17 del 7 agosto 2009). In realtà le interferenze sono già elevate allo stato attuale e lo studio non propone adeguate valutazioni illuminotecniche. Vedi anche sezione relativa all’ impatto paesaggistico.

Inquinamento elettromagnetico
Allo scopo di verificare l’effettivo contributo dato dai radar delle navi, accesi in sola fase di navigazione per motivi di sicurezza, Apv ha commissionato al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova uno studio con relativi rilievi strumentali.

Lo studio ha permesso di verificare come tutte le misurazioni rientrino nei limiti stabiliti dalla normativa di riferimento, e come il contributo navale è marginale. Le campagne di misura permetterebbero di concludere che le navi non risultano responsabili della generazione di campi elettromagnetici con valori d’intensità tali da rendere le aree osservate incompatibili con i valori di legge.

A tale riguardo viene citata la sottoscrizione al “Venice Blue Flag II”, accordo volontario entrato di fatto in vigore dal mese di maggio 2013, con cui le compagnie di navigazione si impegnano a far funzionare i motori principali ed ausiliari delle navi con combustibile per uso marittimo con tenore di zolfo non superiore allo 0,1% fin dall'ingresso dalla bocca di porto di Lido. Così si creerebbe di fatto una green zone speciale che impone un limite alle emissioni. Si rileva, inoltre, che nelle aree Seca (zone di controllo delle emissioni di zolfo) il tenore massimo di zolfo del carburante utilizzato per legge dovrà essere dello 0,1% solo nel 2015. Apv sostiene, con una certa enfasi, che l’accordo, di fatto, renda Venezia il porto passeggeri a minor impatto emissivo a livello mondiale.

Impatti su aree Sic/Zps e perdita di habitat naturali
I siti di Rete Natura 2000 riguardano la ZPS IT3250046 “Laguna di Venezia” e il SIC IT3250030 “Laguna medio-inferiore di Venezia”. Entrambi i contesti sono interessati dai potenziali impatti (diretti ed indiretti) dovuti alla realizzazione del progetto in esame.

La ZPS si sovrappone in buona misura al SIC “IT 3250031 Laguna Superiore di Venezia” e al SIC “IT 3250030 Laguna medio-inferiore di Venezia”. Include ampi spazi di laguna aperta, con bassifondali e barene, valli da pesca ed alcuni biotopi di origine artificiale, quali le Casse di Colmata A, B e D/E. Queste ospitano vegetazione e fauna diversificate, con presenze di notevole pregio scientifico-conservazionistico.

Sulla base dei risultati di ricerche sperimentali condotte in questi anni si può affermare che i fondali che corrono tra il margine industriale e l’area del Contorta-S. Angelo sono caratterizzati da scarsissimi popolamenti algali oltre che dalla completa assenza di fanerogame marine. L’unica specie vegetale di interesse comunitario citata nel formulario Natura 2000 è la Salicornia veneta. Altre 11 specie, tutte erbacee, sono incluse nell’elenco complementare.

Gli studi Via (ed in particolare Vinca) ritengono che le perturbazioni dovute all’operatività dei mezzi impiegati nella fase di escavo siano trascurabili e tali da non comportare ricadute critiche sulle comunità vegetali ed animali dell’intero sistema lagunare. Il sito viene considerato già degradato, con un assetto morfologico che alterna caratteri naturali a quelli artificiali.

Tuttavia, si stima che il previsto allargamento del canale Contorta porti ad una perdita netta di quasi 44 ettari di habitat 1150 "Lagune costiere" a carico del sito ZPS IT3250046 "Laguna di Venezia". A quest’area va aggiunta quella corrispondente alla prevista realizzazione di velme in fregio e a protezione del canale che incide su una superficie di fondo lagunare pari a circa126 ettari, anch’essi relativi all’habitat 1150. Infine, a tali aree va aggiunta la superficie interessata dagli interventi di sagomatura tra la gengiva del nuovo canale ed i bassifondi contigui, per una superficie pari a circa 26 ettari.

Allo stato attuale tali superfici giacciono a lato del canale Contorta S. Angelo e ammontano a 196 ettari di habitat prioritario 1150. Nonostante si tratti di una percentuale di habitat prioritario pari allo 0,8% della superficie complessiva di questa categoria di habitat presente nell’intero sito IT3250046, la valutazione commissionata da Apv ritiene di non poter escludere il verificarsi di effetti significativamente negativi.

L’area interessata dalle nuove barene compensative si trova nel bacino meridionale della laguna di Venezia, tra il margine orientale delle valli da pesca e il cordone barenale più a est, in corrispondenza delle barene denominate Raina e Ravaggio. Il Progetto stima che il 68% dei sedimenti dragati possano essere utilizzati per la realizzazione di circa 400 ettari di barene artificiali nell’area sopra indicata. Inoltre, prevede di ottenere circa 200 ettari di habitat comunitario, suddivisi tra i seguenti siti: 1510 ‘Steppe salate mediterranee (Limonetalia) con una superficie attesa variabile tra 2 e 10 ettari; 1310 ‘Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali delle zone fangose e sabbiose’ (50 ettari) e 1420 ‘Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornetea fruticosi) con una superficie di 100-120 ettari. Le rimanenti superfici (circa la metà dei 400 ettari in compensazione) saranno occupate da corpi idrici interni alle barene (stagni e piccoli canali) e da habitat terrestri non comunitari.

Per quanto riguarda l’avifauna l’analisi rinvia a rilievi effettuati 6-7 anni fa su circa 80 barene artificiali nella zona in oggetto, in cui si è registrato l’insediamento di colonie miste di fraticello, avocetta, cavaliere d’Italia e coppie singole di fratino, per complessive 200-300 coppie. Si ipotizza che altre specie di interesse conservazionistico (non incluse in All. 1 della Direttiva 147/92 CE) potranno essere presenti, quali la pettegola, la beccaccia di mare e la volpoca, con ulteriori 50-100 coppie.

Contesto pianificatorio e programmatico
La Via e gli studi allegati concludono che il progetto è coerente con le norme e le strategie di pianificazione locale, d’area vasta e settoriale. Si tratta di una interpretazione troppo sintetica che tende ad avvalorare la supremazia dell’ordinamento speciale e di autority (come Apv) sulla gestione ordinaria.

Gli indirizzi stabiliti dal Governo in materia di salvaguardia con la legislazione speciale non limitano il campo di scelta di Ptrc, Palav, Ptcp, Prg, Pat e della Variante per la Laguna e le Isole Minori. Semmai rinviano ad un coordinamento delle competenze sul tema specifico, tema tenuto in sordina dallo studio allegato alla Via. Questo studio si limita alle cosiddette ‘incidenze regolative’, ovvero alle norme tecniche che possono dialogare nel ristretto dominio spaziale del progetto di nuovo canale. Ma i punti di contatto sono di maggiore portata.

La Variante per la Laguna e le Isole Minori, ad esempio, intende fornire una visione complessiva dell'ambiente lagunare e dei suoi canali, specificando localmente priorità e modalità con cui effettuare interventi di ripristino morfologico della laguna aperta, ma anche usi e funzioni delle isole minori e dei territori di gronda.

Il Palav (1997 e 1999) definisce prescrizioni e vincoli per la laguna viva. In particolare, consente operazioni di ripristino degli ambienti lagunari e/o manutenzione dei canali a fini idraulici, di vivificazione della laguna e di percorribilità, anche mediante l’estrazione di fanghi da utilizzare (se di qualità) per ripristino di strutture morfologiche. Altri interventi sono soggetti a valutazione di compatibilità ecologico-ambientale. Questo piano non consente la realizzazione di nuove infrastrutture tecnologiche aeree, mentre la navigazione a motore nei tratti fuori canale è consentita esclusivamente per scopi di vigilanza, soccorso, manutenzione delle infrastrutture esistenti, tutela, ricerca o pesca professionale.

Non è chiaro lo scenario assunto dal PTRC (2009 e Variante del 2013) quando rileva la necessità di “prospettare nuove integrative soluzioni di un impianto portuale aggiuntivo’, per far fronte a previsioni d’incremento della domanda, con accesso dalla bocca di porto di Malamocco. L’incertezza rimane anche quando propone un “progetto strategico” relativo al sistema portuale. Si ipotizza che il riferimento sia all’istituto del ‘progetto strategico’ ex Lur 11/2004 che, nel caso specifico, richiederebbe il ricorso all’istituto dell’Accordo di Programma.

Si rileva che il Piano Regolatore Portuale (Prp) vigente è del 1965 per la parte di Marghera, mentre per la sezione di Marittima il piano vigente risale al 1908. Questi strumenti, lungi da rafforzare Apv, la isolano e la indeboliscono anche in sede di concertazione interistituzionale.

Un esempio viene dalle stesse opere previste dal progetto. Otre alla costruzione del canale Contorta S. Angelo per l'accesso alla Marittima sono previsti l'adeguamento del relativo bacino di evoluzione e la riprofilatura del curvone di San Leonardo. Con questi interventi, il progetto forza l’ambito portuale gestito da Apv, richiedendo la variazione del PRP per entrambe le sezioni. E ciò non solo (e non tanto) in relazione alla legge obiettivo, ma soprattutto al quadro pianificatorio vigente e al quadro conoscitivo maturato nell’ultimo mezzo secolo.

Le aree interessate dal progetto ricadono in zone appartenenti a Rete Natura 2000. Sono sottoposte a Vinca le “Oasi di protezione della flora e della fauna“ della Provincia di Venezia, in particolare quelle nei pressi di Cassa di Colmata A (numero 30 in planimetria del rapporto), Laguna sud (numero 35), Cassa di Colmata D/E (numero 31).

Come succede spesso (e il rapporto che accompagna la Via non ne è esente) la Vinca viene effettuata sullo stato dell’habitat e delle specie, senza attenzione alla dinamica ecosistemica e bionomica. Non è dato di sapere se lo ‘stato’ si trovi su una funzione di medio-lungo periodo migliorativa o di degrado, elemento questo di straordinaria caratterizzazione del sito e della sua biodiversità. Inoltre, la Vinca non coglie eventuali effetti cumulativi che, nello specifico, sono determinati dalla combinazione di traffico merci e passeggeri, oltre che dalle dinamiche morfologiche ed ecologiche dell’intero sistema lagunare.

Il Ptcp di Venezia (2010) non evidenzia per le diverse aree interessate dal progetto vincoli diversi o aggiuntivi rispetto a quelli già individuati da Ptrc, Palav e da Rete Natura 2000. La tavola delle fragilità segnala che nell’intorno dell’area di progetto esistono molti elementi di vulnerabilità: l’area industriale di Porto Marghera con gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, il Sito di interesse nazionale (Sin) di Porto Marghera (per la porzione lagunare), e il Lido caratterizzato da un’elevata vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento.

L’intera laguna rappresenta un’area nucleo e un corridoio ecologico d’area vasta. Ciò viene acquisito anche nelle norme del Ptcp di Venezia ove specifica che ‘i tracciati di nuove infrastrutture viabilistiche e ferroviarie dovranno limitare l’interferenza con le aree nucleo’. Sostiene inoltre che ‘i tratti di viabilità esistenti o di progetto affiancati ai corridoi ecologici devono essere realizzati con le caratteristiche di corridoi infrastrutturali verdi, realizzando una adeguata permeabilità ecologica e fasce laterali di vegetazione di ampiezza adeguata caratterizzate da continuità e ricchezza biologica’.

Anche senza modificare le competenze attuali, il progetto del nuovo canale consiglia un aggiornamento in chiave ambientale e lagunare della normativa del Ptcp, ma si presume anche di quella del Ptrc e degli strumenti di pianificazione locale. Poiché un canale navigabile è assimilabile a infrastruttura di mobilità, la tutela dell’area nucleo e del corridoio d’area vasta a cui appartiene richiede la minimizzazione delle interferenze generate non soltanto da infrastrutture viabilistiche e ferroviarie, ma anche da infrastrutture dedicate alla navigazione. Ciò è ormai acquisito nelle esperienze di pianificazione dello spazio marino/marittimo che interpretano domande e conflitti presenti in mare aperto, nelle baie e nelle lagune, ma anche nelle zone di gronda e nelle reti navigabili di connessione fra mare e zone interne.

La pianificazione comunale (Venezia, Mira e Campagna Lupia in primis), in accordo con gli strumenti di pianificazione sovraordinata, limita lo sviluppo della diportistica e impedisce interventi in aree protette con eccezioni per interventi di pubblico interesse e in presenza di diritti acquisiti. Questi ultimi riguardano interventi già previsti dai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica comunale con soglie di capacità ricettiva, interventi di recupero di aree, specchi d’acqua, banchine e moli esistenti, o relativi a progetti di riqualificazione territoriale che prevedano anche interventi di riallagamento. Non vengono citati i canali di navigazione che, pur ricadendo in domini di competenza diversa, non possono comunque esimersi dal rispetto delle norme ambientali.

Si è in presenza di una criticità normativa o di una discutibile interpretazione delle competenze se le indicazioni riportate in norme, direttive e prescrizioni riguardano soltanto il traffico ricreativo, sportivo e turistico e non quello (altrettanto, se non più importante per gli equilibri sistemici) afferente alla portualità. Questi difetti emergono in modo ancor più critico quando il PRGC di Venezia conferma il ruolo strategico delle aree portuali come “teste di ponte specializzate per i movimenti interni della città bipolare [...] con particolare riguardo alla funzione passeggeri”.

Ancor più esplicita è la Variante al PRG per la Laguna e per le Isole Minori (in particolare la scheda relativa al sistema della laguna aperta) ove assoggetta a controllo e a regolamentazione gli usi antropici incompatibili con gli obiettivi di tutela, soprattutto quelli legati al traffico acqueo e alla pesca con mezzi meccanici. La Variante auspica interventi necessari all’isolamento delle aree inquinate e alla depurazione dei reflui civici e industriali, oltre ad interventi di riequilibrio idrodinamico per contenere gli effetti del canale dei Petroli, riducendo le correnti trasversali ed aumentando la stabilità dei fondali e delle sponde. L’attenzione è al traffico acqueo e allo stesso canale dei Petroli che, con il nuovo canale Contorta, richiederebbe interventi di irrigidimento ancor più pesanti.

Il Pat di Venezia, adottato nel 2012 e in periodo di salvaguardia (fino al 2017), recepisce quanto previsto dagli strumenti sovraordinati, in particolare gli ambiti dei parchi o gli ambiti destinati all’istituzione di parchi, le riserve naturali ed archeologiche e a tutela paesaggistica, le zone umide e i centri storici, nonché le perimetrazioni del Palav (art. 10 delle Nta). Sono recepiti inoltre i perimetri dei siti della Rete Natura 2000.

Nel sito di progetto il Pat individua prevalentemente aree di laguna viva e, limitatamente all’Isola di San Giorgio in Alga, aree di interesse ambientale. Esso specifica che in laguna viva “sono consentite operazioni di ripristino degli ambienti lagunari e/o manutenzione dei canali a fini idraulici, di vivificazione e di percorribilità”.

In sostanziale continuità con il precedente PRG riconosce il ruolo strategico assunto dal porto di Venezia ed individua il sistema della mobilità costituito dalle principali linee di forza del trasporto pubblico lagunare, di cui il canale Contorta potrebbe diventare un asse nei collegamenti tra il centro storico di Venezia, Fusina e il Polo industriale di Porto Marghera. Si tratta comunque di mobilità interna che potrebbe essere addirittura compromessa dal nuovo progetto.

Per le isole minori di San Giorgio in Alga e dell’Isola di Sant’Angelo della Polvere, il Pat dispone azioni di riqualificazione e/o riconversione ai sensi dell’art. 29 delle Nta.

L’attivazione del Piano degli interventi (Pi), oltre ad essere una occasione per operare in una logica di portfolio, potrebbe essere un motivo per raccordare le politiche di salvaguardia, integrandole in uno strumento coordinato con la Provincia di Venezia e gli altri comuni di gronda, ma anche con i soggetti dell’ordinamento speciale. Va inoltre rilevato che il Comune di Venezia è soggetto referente per I’ Unesco del redigendo Piano di gestione del sito

“Venezia e la sua Laguna”.
Come auspicato nel Piano Morfologico del 1993, nelle Linee-Guida del 2004 e nel Piano Morfologico in gestazione, oltre che da numerosi studi e proposte sulla morfologia lagunare, l’ arresto e l’inversione del degrado in bacino centrale richiedono un progetto integrato di ingegneria naturalistica, finalizzato al recupero delle quote e della variabilità morfologico altimetrica.

Si segnala che il Piano Morfologico commissionato al Corila dal Magistrato alle Acque, e tuttora in procedura Vas, non considera il progetto Apv tra gli interventi strutturali. Esso propone, invece, un articolato portfolio di interventi strutturali e gestionali, fra cui la costruzione di strutture morfologiche artificiali per limitare il trasporto di sedimenti verso il canale Malamocco Marghera. L’intervento, denominato MID1, prevede la movimentazione di un volume di sedimento di buona qualità pari a circa 2 milioni di mc.

Per quanto concerne i sotto-servizi, il progetto Apv intende risolvere le interferenze mediante spostamento o interramento. L'attività prevede, senza specifiche operative, lo spostamento dell'oleodotto ENI, del PIF, di una linea Enel, di una linea Terna, di due gasdotti e l'interramento di un elettrodotto Enel.

L’assenza di specifiche operative non consente la valutazione dei relativi impatti.

Paesaggio
Il sito interessato dal progetto Apv ricade interamente nell’ambito paesaggistico ‘Laguna di Venezia’ identificato dal Ptrc (2009) e confermato dalla sua Prima Variante (2012). E’ sufficientemente ampio da comprendere valori naturalistici, ambientali e storico-culturali. Il Ptrc per ogni ambito definisce obiettivi di qualità e per l’ambito lagunare prevede uno specifico Piano paesaggistico (Ppra) coordinato dalla Regione del Veneto.

La valutazione di impatto paesaggistico allegata alla Via offre un bilancio parziale e sintetico rispetto agli obiettivi di qualità d’ambito a favore di due prospettive analitiche: il livello di incidenza morfologico-tipologica e il livello di incidenza visiva.

Si tratta di due prospettive importanti negli esercizi di valutazione paesaggistica, e a maggior ragione in un contesto come la Laguna di Venezia, ma che potrebbero acquistare maggior vigore se interagissero esplicitamente con le dimensioni ambientale (soprattutto bionomiche, non di tipo ‘matriciale’) e storico-culturale. In questa interazione potrebbe assumere connotato operativo il concetto di ‘figura di paesaggio’ (o figura territoriale), del tutto assente negli studi valutativi allegati alla Via e nello stesso Ptrc.

La valutazione del livello di incidenza morfologica e tipologica evidenzia come la quota attesa per le nuove barene artificiali sia ‘prossima o leggermente superiore a quella caratteristica delle barene naturali’. Ma se il fattore “elevazione sul medio mare” è aspetto cruciale nell’esecuzione delle opere, non dovrebbe essere comunque sottovalutata la granulometria dei sedimenti utilizzati (fattore ritenuto marginale), specie per quanto concerne la comparabilità delle dinamiche morfologiche ed ecologiche rispetto alle barene naturali.

La valutazione del livello di incidenza visiva considera di rilevanza secondaria la presenza di briccole, mede e del sentiero luminoso a margine del canale. In modo analogo sono considerate le interferenze visibili sopra il livello delle acque durante l’assestamento dei margini del canale e delle nuove strutture morfologiche e durante la fase di esercizio, con riguardo al transito delle navi da crociera oltre al citato sentiero luminoso.

Non risulta alcun riferimento alla Legge regionale del 17/8/2009 nonostante l’importanza della sorgente luminosa e le possibilità di ottimizzazione degli effetti-luce.

In generale, lo studio allegato alla Via ritiene che ‘la significatività delle opere visive di progetto rapportata allo stato attuale non alteri ulteriormente il profilo dello skyline percepibile dalla città di Venezia’. Inoltre, considera trascurabile l’impatto sul paesaggio nella zona interessata dal progetto ‘in ragione della scarsa percettibilità delle modifiche al contesto paesaggistico attuale’. Sostiene, infine, che il progetto non comprometterebbe i caratteri tipici della laguna, ma si integrerebbe con l’ambiente circostante ‘grazie alla realizzazione di strutture morfologiche tipicamente lagunari’. La documentazione esibita in proposito è carente.

Potenziale e rischio archeologico
Il D.Lgs. n. 63/2005 è il primo strumento normativo che definisce gli ambiti di intervento della archeologia preventiva. Esso regolamenta la progettazione di opere pubbliche e private in rapporto al loro “impatto” archeologico. Il Decreto è stato successivamente convertito nella Legge n. 109/2005 e i suoi principi assumono rilevanza operativa negli strumenti di pianificazione locale.

Nello specifico è richiesto un preventivo parere favorevole della Soprintendenza ai Beni Archeologici per gli interventi in laguna aperta che comportino movimento di terra. Nelle vicinanze dell’area di scavo del Canale Sant’Angelo-Contorta si trovano le isole di San Giorgio in Alga e Sant’Angelo della Polvere, ma sono segnalati anche altri siti di interesse.

Il sistema di isole e motte è associato alla ZTO “A” in Pat adottato (2012) e le norme per le due isole prevedono il ripristino, per quanto possibile, dell’assetto pre-ottocentesco, il restauro di quanto resta dei manufatti prenapoleonici, il recupero all’uso anche con parziale ripristino dell’edificato, secondo la morfologia documentata degli edifici abbattuti e l’eliminazione delle superfetazioni novecentesche.

Per queste ragioni, la Via è integrata da un documento di valutazione archeologica preventiva che deriva dal D.Lgs. 163/06 ss.mm. (“Codice dei Contratti e degli Appalti) e dalle linee guida contenute nel Decreto Interministeriale Ministero per i Beni e le Attività Culturali definito di concerto con il Ministero delle Infrastrutture.

Il documento rileva un'assenza di evidenze archeologiche direttamente sul tracciato dell'opera, ma la ricerca bibliografica e i dati d'archivio evidenziano la presenza di numerosi siti nell'area di buffer di 2500 m attorno al tracciato, quindi una fascia di 5 Km a cavallo dell’asse di navigazione. Va riconosciuto che lo studio ha preso in considerazione anche la fascia di laguna e di gronda lagunare adiacente al tracciato dell'opera per un'area che va da Tessera agli Alberoni. Dei 186 siti schedati, 72 rientrano in questa fascia.

Dalle testimonianze della prima cartografia disponibile ad oggi si rileva come il canale Contorta, da cieco e privo di sbocco, sia diventato nel tempo più riconoscibile e al centro della questione della gestione del fiume Brenta e dei rapporti con l’area padovana, per ragioni commerciali e di sicurezza. Esso ha perduto di importanza con l’arretramento del margine lagunare e la diminuzione degli apparati intertidali, ma soprattutto con gli interventi di imbonimento e bonifica in quelle che sono successivamente diventate zone industriali e portuali.

Rinvenimenti archeologici degli ultimi anni lungo l'asta del canale risultano scarsi, ma nelle aree limitrofe hanno confermato un significativo potenziale. Non è, infatti, da escludere la possibile presenza di livelli antropizzati preistorici, soprattutto nel caso di interventi di scavo molto profondi. E’ presente una significativa concentrazione di evidenze di epoca romana localizzata in prossimità di Fusina (una delle possibili foci del Brenta in laguna), anche se all'interno del buffer di 400 m ricade un solo sito ove è stato rinvenuto un cippo funerario durante lavori nell'isola di S. Angelo della Polvere. Sempre all’interno dello stesso buffer ricadono 4 siti riferibili all’epoca tardo-antica e medievale. Due siti sono molto vicini all'opera in progetto e pertanto si possono configurare come potenziali interferenze archeologiche. Per alcuni di questi siti (come Fusina e San Leonardo in Fossamala) i rinvenimenti fanno supporre una frequentazione antropica prolungata, anche se non continuativa, che può risalire fino all'età del Ferro, mentre più sporadiche e di difficile determinazione stratigrafica risultano le testimonianze di epoche più antiche.

Va rilevato come nella Carta dell'analisi di densità delle presenze archeologiche una delle maggiori concentrazioni di siti segnalati si localizzi presso la confluenza del canale Contorta S. Angelo con il canale Malamocco-Marghera, denominata “le motte di Volpego”.

Come ricorda lo studio allegato alla Via, in epoca rinascimentale questa zona era nodo di transito strutturato con canali (come il “ramo di mezo”) dove si impostava il “traversagno”, struttura lignea di conterminazione e separazione di acque e bacini. Tale canale, come evidenziano cartografia antica e notizie storiche, presenta un percorso stabile fino ad epoca recente quando viene connesso attraverso la ‘coda pinzola’ alla via di percorrenza del Malamocco-Marghera. Prima si trattava di un canale che congiungeva Venezia all'isola di Sant' Angelo de Concordia-Contorta e infine a sant'Angelo della Polvere. Dal punto di vista archeologico si hanno pochi dati sull'isola tranne la notizia del rinvenimento, da uno scavo effettuato nel 1849, di un pavimento in cocciopesto (alla profondità di -0,70 m dal p.c.) al di sotto del quale, alla profondità di circa -2.75 m dal p.c., è stato trovato il cippo funerario romano sopra citato.

L'analisi conclusiva del rischio archeologico ha evidenziato pertanto che nel buffer dei 400 metri solo l'isola di Sant'Andrea in Contorta potrebbe avere un alto potenziale di rischio, mentre l'intersezione dell'opera con la via marittima Malamocco-Marghera, pur avendo una importante concentrazione di rinvenimenti risulta a medio rischio, poiché la continua erosione delle rive del canale ha fortemente intaccato le evidenze individuate in passato. E’ comunque raccomandabile che la reale consistenza e il potenziale vengano verificati.

All'interno della fascia dei 5000 metri si rinvengono invece più siti con presenze storiche fortemente concentrate: l’ area all'interno dell'isola sommersa di San Marco in Bocca Lama, dove attraverso un parancolato si conservano due imbarcazioni (una galea e una ‘rascona’ utilizzate per allargare il perimetro dell'isola), la zona del complesso monastico di San Leonardo in Fossa Mala, da tempo oggetto di studi, e la stessa isola di San Giorgio in Alga, dove probabilmente permangono non scavate tutte le strutture dell'antico convento benedettino.

Elementi di approfondimento

A conclusione della presente nota e a complemento di quanto detto sopra si propongono i seguenti temi di approfondimento generali e specifici (sull’opzione Contorta).

Temi generali
1. Il progetto e il relativo esercizio valutativo vanno ancorati a scenari di lungo periodo dell’assetto lagunare rispetto ai quali occorre considerare con attenzione sia la plausibilità di strategie pregresse che opzioni di accesso aggiuntive.
2. Il progetto va valutato in termini di contributo all’assetto lagunare atteso e non soltanto in termini di impatto su un ‘ipotetico’ stato attuale. Analogamente, il progetto dovrebbe essere valutato con riferimento a variazioni rispetto a stati di riferimento opportunamente selezionati. Assetto lagunare atteso e stati di riferimento sono definiti da profili eco-morfologici e rispetto ad essi vanno calibrate le misure di mitigazione e compensazione.
3. La valutazione ambientale va integrata con quella economica, e quella economica deve considerare i benefici netti in termini di variazione dei profili eco-morfologici (attesi e/o di riferimento), al lordo delle misure di mitigazione e compensazione. Queste dovrebbero essere valutate rispetto al portfolio-progetti proposto dal Piano morfologico in standby (2014).
4. Alla valutazione vanno garantiti sufficienti gradi di indipendenza (terzietà) tenendo conto che la gestione ‘speciale’ dovrà dare più spazio ad un modello di governance lagunare.

Temi specifici (sull’opzione Contorta)
1. La valutazione idro-morfologica dovrebbe riguardare l’intera laguna centrale, in particolare la partizione compresa fra i due partiacque e non soltanto l’area del canale. Ciò consentirebbe di ottenere un quadro più preciso in merito alla variazione degli stessi partiacque, ai fenomeni erosivi (vedi sponda ovest del canale Malamocco-Marghera), sulla circolazione delle acque (tempi di residenza, velocità, ecc.) anche a seguito di diversi stress mareali e alternative configurazioni di canale e dintorni (sezione, affioramento delle barene, livelli di sommersione delle velme e così via).
2. Oltre all’allineamento fra fase analitica e di progetto, il modello d’onda utilizzato potrebbe fornire simulazioni per livelli anche inferiori a 0 m.s.l.m.m., con velocità di transito dei natanti differenziate, considerando granulometrie diverse (non solo D50=180 micron) e lo stato coesivo dei sedimenti. Le velocità di transito vanno meglio calibrate su un profilo di traffico che, con circa 1000 toccate medie/anno, prevede che circa il 40% dei navigli superi le 40 kton.
3. Non può essere sottovalutata la differenza di impatti fra una cunetta da 100 e 120 metri e sembra discutibile assumere il comportamento di una sezione da 100 m come media fra le sezioni da 120 e 80 metri.
4. La valutazione degli impatti ambientali richiede evidenze empiriche più precise sulla correlazione fra stati ambientali (per matrici) e attività portuali, distinte per componenti crocieristica e merci.
5. La stima della qualità dei sedimenti richiede opportuna caratterizzazione e adeguamento dell’approccio derivante dalla applicazione del Protocollo Fanghi 1993 e dalle proposte finalizzate al suo aggiornamento.
6. La valutazione di impatto ambientale non menziona in modo sufficiente gli effetti cumulativi.
7. La localizzazione delle strutture morfologiche a compensazione va valutata nel sito proposto (laguna sud) e in siti alternativi proposti dal Pmlv in standby.
8. La lettura della pianistica va effettuata in una logica sistemica e in termini di governance.
9. La valutazione di impatto paesaggistico, in ambito Via, potrebbe privilegiare l’approccio per ‘figure di paesaggio’ e, contestualmente, quello bionomico.
10. La Vinca dovrebbe riferire lo stato e gli impatti attesi alla dinamica migliorativa o regressiva dei siti di interesse comunitario.

postilla
La "nota" è del responsabile dei gruppi di lavoro Pianificazione e Vas, che ha curato, organizzato e messo a sistema i cospicui studi delle unità disciplinari che hanno lavorato e interagito alla redazione del Piano morfologico 2006-2010, che sta inoltre seguendo l'iter per la sua approvazione. Domenico Patassini è esperto in tecniche di valutazione per la pianificazione, docente dell'Università IUAV di Venezia, già Preside della Facoltà di Pianificazione del Territorio dello stesso Ateneo. (m.p.r.)

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