Il lungo tradimento della democrazia e della decenza perpetrato dalla sinistra che non c'è.
Il manifesto, 13 luglio 2013
L'unica legge che c'è è la Frattini. Grazie alla quale il Cav resta il «dominus» di Mediaset
Giustamente, come in ogni legislatura da vent'anni, il centrosinistra si prepara a non intervenire sul conflitto di interessi. E per farlo bene, anzi per non farlo, presenta una proposta di legge che non potrà, o non vorrà, approvare.
Ma gli anni passano e questa volta non ci lasciano neanche la suspense. Avremmo potuto dare oggi la notizia dell'iniziativa legislativa del Pd, preparandoci tra qualche mese o qualche anno a notare che era rimasta senza seguito. Invece dobbiamo fare tutto assieme, visto che anche il presentatore del nuovo disegno di legge, il senatore già vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti, di fronte alla prime polemiche del Pdl garantisce che «non è una legge fatta per Berlusconi» e che «comunque non farebbe mai in tempo a essere approvata».
Un atto di onestà. Del resto fare una legge per bloccare il ventennale gioco sui due tavoli di Berlusconi - politica e comunicazione, ovviamente - essendo al governo con Berlusconi è piuttosto difficile. Walter Veltroni era riuscito a fare (anzi, a non fare) di meglio, visto che nel 2009, reduce dalla sconfitta elettorale e dimessosi da segretario del Pd, presentò una proposta sul conflitto di interessi essendo il Pd all'opposizione e Berlusconi saldamente in maggioranza. La proposta, molto rigorosa, è negli archivi del parlamento, insieme alla lunga storia delle promesse mancate del centrosinistra.
Vicende non sempre limpide, anzi quasi mai, tanto che una volta a Romano Prodi scappò detto che sul conflitto di interessi non si riusciva a muovere foglia perché «si fanno volutamente delle manfrine». Ce l'aveva, probabilmente, proprio con Veltroni, le cui prove d'intesa con Berlusconi a cavallo tra il 2007 e il 2008 (ricordate, c'è una famosa foto dei due che si stringono la mano, mentre a palazzo Chigi c'era Prodi che arrancava) bloccò l'ultimo tentativo del Pd di approvare una legge «all'americana». Niente di rivoluzionario, tant'è che quando fu approvata in commissione affari costituzionali - era conosciuta, all'epoca, come legge Violante - i berlusconiani non votarono contro. Eppure in aula non arrivò mai.
Destino condiviso con almeno altre due proposte di legge del centrosinistra, che del conflitto di interessi in questi anni ha molto parlato. In genere per chiedere scusa, non lo faremo più, abbiamo sbagliato, ma alla prossima legislatura... L'hanno detto un po' tutti, D'Alema, Prodi, Veltroni. Qualche volta si sono dati la colpa reciprocamente: abbiamo visto Prodi contro Veltroni, non può mancare Veltroni che accusa D'Alema: «Quando c'era la bicamerale tutto era sospeso...». Si riferiva, l'ex sindaco di Roma, al niente di fatto numero due, quello del 1996-2001, quando al governo c'era l'Ulivo e a scrivere le regole del conflitto di interessi fu chiamato Franco Frattini. Anche allora la legge fu approvata alla camera ma restò acquattata al senato fino alla fine della legislatura. Il fallimento numero uno data 1995, governo Dini, maggioranza di centrosinistra uscita scottata dalla vittoria elettorale di Berlusconi l'anno prima. La strada scelta fu quella del trust «cieco», si partì allora dal senato ma il risultato fu identico: parlamento sciolto prima che la camera potesse approvare definitivamente la legge.
E dunque l'unica che abbiamo è la legge Frattini (che oggi è un «saggio» della commissione per le riforme). Fatta in casa dal centrodestra, contiene regole tanto stringenti da aver permesso a Silvio Berlusconi di continuare - lo ha scritto la corte d'appello nel processo Mediaset - a essere il «dominus indiscusso» delle sue aziende. Ha dovuto, però, lasciare la presidenza del Milan.