Almeno su un punto il vecchio La Malfa aveva ragione, quando ammoniva che «l'Italia sarà quel che sarà il suo Mezzogiorno». Perché in tempi di piano casa e di condoni incostituzionali, è l'inferno urbanistico della Campania che le destre additano al resto del paese come paradigma, come modello di riferimento per il governo del territorio.
Una regione saldamente in testa nelle classifiche dell'abusivismo, nella quale secondo Legambiente si costruiscono 16 case abusive al giorno e dove, stando a quanto scrive il giornale di Confindustria, per ogni 100 euro prodotti legalmente, l'economia criminale ne macina altri 40 con il ciclo cave-cemento-edilizia-rifiuti.
Questo modello ha prodotto negli ultimi cinque decenni l'area metropolitana più invivibile d'Europa. Una colata edilizia ininterrotta, tra il Volturno e il Sele, che ha fagocitato più di 130 comuni, nella quale vive come può l'80% degli abitanti della regione, rinserrato sul 15% appena del territorio. Una sterminata periferia che ingloba due tra i più pericolosi vulcani del mondo, circondata da montagne fragili, pronte con la pioggia a vomitare colate micidiali di fango.
L'ingiustizia sociale che è dietro questo modello l'ha svelata Antonio Cederna sin dai tempi de «I vandali in casa», osservando come la superproduzione edilizia non risolva, anzi aggravi l'atavico disagio abitativo, generando per di più un deficit drammatico di verde e servizi. Una profezia che si è avverata: nell'area metropolitana di Napoli mancano all'appello, secondo il piano territoriale della Regione, più di 4.000 ettari (l'equivalente di 6.000 campi di calcio) di aree verdi, spazi pubblici, impianti per lo sport e il tempo libero, in pratica tutto ciò che serve a rendere un po' più decente la nostra sopravvivenza urbana.
Un aspetto interessante della questione riguarda l'operato del centrosinistra, che pure queste terre ha governato nell'ultimo quindicennio. Perché il rilancio della buona urbanistica, nel segno della preminenza dell'interesse pubblico, era stato il cavallo di battaglia del bassolinismo nella sua fase ascendente, ed è grazie ad esso che il consenso intorno al nuovo corso politico si è esteso e consolidato. Poi, salvo la positiva parentesi del piano territoriale regionale, la direzione è drasticamente cambiata, e la Campania è passata con disinvoltura dal piano regolatore al piano casa, producendo a riguardo una legge regionale ritenuta tra le peggiori in Italia.
Una legge che non tutela i grandi paesaggi storici, dalla Penisola sorrentina alle isole del Golfo, passando per il Vesuvio e i Campi Flegrei, che mette lo zampino nei parchi nazionali e regionali, e che concedendo la possibilità di incremento anche agli edifici abusivi non ancora sanati, si prefigura come un condono di fatto, rubando addirittura il tempo all'iniziativa delle destre.
La questione è politica al massimo grado: lo spaesato elettore ha bisogno a questo punto di sapere se e in qual misura il centrosinistra sia disposto a contrastare una strategia eversiva che mira a deformare le regole basilari della convivenza, per adattarle ad una realtà sociale e territoriale malata. Perché qui non è più solo questione di suolo, acqua, boschi e monumenti. Il territorio è il nostro modo di vivere insieme. Il territorio siamo noi.