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Chiara Spagnolo
Colata di cemento nell'area protetta. Sigilli al mega resort da 50 milioni
15 Novembre 2011
Abusivismo
Bene colpire. Ma non sarebbe meglio prevenire, con una rigorosa pianificazione condivisa, e perciò difesa? La Repubboica online. 15 novembre 2011

Sono 129 gli indagati, tra cui funzionari di Regione Puglia e Comune, responsabili di aver avallato la costruzione del complesso turistico con l'approvazione di una variante urbanistica dichiara illegittima. La struttura nata su una delle area più belle del Salento ha cambiato volto alla zona di Porto Cesareo

Un lussuoso resort da 50 milioni di euro con villette, alberghi, solarium, centri estetici, anfiteatro, discoteca, impianti sportivi e strutture commerciali. Una struttura ricettiva tra le più imponenti del Salento, affacciata - come si legge negli annunci sui siti di promozione turistica - "su un tratto di mare all’interno del Parco nazionale marino e nelle immediate vicinanze del Parco regionale di Porto Cesareo; in una delle più belle aree naturali della costa ionica del Salento, in località Torre Lapillo, a circa 10 km a nord di Porto Cesareo".

Un paradiso per turisti e per chi aveva lì comprato la casa al mare sequestrato dalla guardia di finanza per abusivismo: 129 le persone indagati per reati ambientali, tra cui i responsabili del Comune e della Regione che hanno rilasciato le autorizzazioni e i 120 proprietari di appartamenti. Un pezzettino di Puglia dall'inestimabile valore paesaggistico, che ha cambiato faccia dopo l'immensa colata di cemento arrivata con una variante urbanistica illegittima. Aree che avrebbero dovuto essere protette perché rappresentano la vera ricchezza del Salento e che, invece, sono state “devastate” come ha sottolineato il procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta. I 9 pubblici ufficiali coinvolti nello scandalo sono l’ex sindaco di Porto Cesareo Vito Foscarini, i 3 responsabili dell’epoca degli assessorati regionali all’Ambiente e all’Urbanistica (Luigi Ampolo, Giuseppe Lazzazzera e Luca Limongelli), 2 responsabili dell’Ufficio tecnico comunale (Cosimo Coppola e Giovanni Ratta), 2 progettisti (Claudio Conversano e Antonio Nestola) e il legale rappresentante delle società coinvolte (Franco Iaconisi).

La struttura turistica sequestrata oggi è il resort Punta Grossa di Porto Cesareo, di proprietà della società Fgci srl. Le indagini delle fiamme gialle hanno accertato che il villaggio è stato realizzato in seguito a una lottizzazione abusiva a scopo edilizio di terreni in località Serricelle, aree protette che per le loro caratteristiche paesaggistiche sono state dichiarate di notevole interesse pubblico. Tra queste le zone di Palude del conte, Duna di Punta Prosciutto e altre dichiarate riserve marine. La costruzione del complesso immobiliare che sorge su un'area molto vasta ha inoltre causato una rilevante trasformazione urbanistica delle aree interessate, sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici, anche in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti e delle normative edilizia, urbanistica ed ambientale.

In particolare va sottolineato che prima dell'edificazione del complesso turistico, il consiglio comunale di Porto Cesareo aveva approvato una variante urbanistica al piano regolatore generale, attribuendo ai terreni in località "Serricelle", precedentemente tipizzati come agricoli, specifica destinazione turistico-alberghiera. Tuttavia, l'intera procedura che ha portato alla variante urbanistica al piano regolatore è da considerarsi illegittima, in quanto basata su due conferenze di servizi, rispettivamente risalenti agli anni 2002 e 2006, di cui la prima annullata con sentenza del Tar Puglia, confermata dal Consiglio di Stato e la seconda indetta illecitamente. Inoltre, la suddetta variante urbanistica è stata approvata senza tener conto delle prescrizioni di non alterazione del paesaggio regionale esistente, previste dal Piano urbanistico territoriale tematico.

La realizzazione del complesso immobiliare sarebbe stata possibile grazie ad alcuni illeciti commessi dal sindaco pro tempore e dai responsabili pro tempore dell'Ufficio tecnico del Comune di Porto Cesareo nonché dai progettisti e direttori dei lavori per la costruzione del residence, indagati per reati contro la fede pubblica ed abuso d'ufficio, i quali avrebbero falsamente attestato, nei loro pareri e relazioni, che non esistevano altre aree urbanisticamente idonee alla realizzazione di strutture turistico-ricettive, riattivando il procedimento amministrativo che ha portato alla variante urbanistica del piano regolatore. Le fiamme gialle spiegano inoltre, che sono stati denunciati alla procura della repubblica presso il tribunale di Lecce i responsabili pro tempore degli assessorati all'Urbanistica e all'Ambiente della Regione Puglia per aver fornito pareri irregolari ed illegittimi, omettendo i controlli, obbligatori per legge, sulle attestazioni fornite dai funzionari comunali nonché sul rispetto dei vincoli paesaggistici ed ambientali. Tra i 129 indagati - residenti in tutta Italia e responsabili del reato ambientale di lottizzazione abusiva - ci sono I 120 proprietari di appartamenti adibiti a case-vacanza all'interno del villaggio vacanze.

Ma non è tutto, perché se nella realizzazione dell’enorme mostro di cemento, i militari hanno individuato una serie di illegittimità urbanistiche e ambientali, il prosieguo delle indagini ha poi permesso di scrivere un altro capitolo relativo a presunte violazioni relative all’organizzazione societaria delle due srl che hanno costruito e gestito il resort. Alla luce delle evidenti violazioni che avevano caratterizzato la costruzione del villaggio, infatti, risultava impossibile procedere ad una formale compravendita immobiliare, per cui sarebbe stata effettuata un’operazione di riorganizzazione societaria, realizzata attraverso il conferimento di un patrimonio immobiliare di 108 appartamenti, fittiziamente mascherata come cessione di ramo d’azienda, della fgci srl verso una multiproprietà azionaria, cretata ad arte ed avente la stessa compagine sociale, denominata punta grossa srl. Le quote sarebbero quindi state cedute a 120 soggetti che, in teoria acquistavano parte del capitale sociale, in realtà diventavano padroni degli appartamenti. Nel momento in cui i proprietari volevano vendere la casa, la società riscattava la quota di appartenenza e la cedeva ad un nuovo inquilino, che conquistava così il suo spazio vitale nel paradiso salentino. Oltre a configurare illeciti penali, tale operazione di gestione straordinaria ha consentito di evadere l’irap per 6 milioni e mezzo e l’iva per 2 milioni, come evidenziato dalle ispezioni tributarie che si sono concluse con il recupero di elementi positivi di reddito per 7 milioni e 200mila euro.

Il servizio con le foto è raggiungibile qui

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