Il manifesto, 4. aprile 2015
Abbiamo raggiunto al telefono negli Stati uniti Noam Chomsky. Linguista, anarchico e filosofo del Massachusettes Institute of Technology, Chomsky è autore di pietre miliari del pensiero moderno e teorico per una profonda critica del sistema mediatico. Memorabile è il suo dibattito sulla natura umana con Michel Foucault (1971). Abbiamo discusso con Chomsky dell’intesa preliminare sul programma nucleare iraniano, raggiunta giovedì a Losanna e della situazione del Medio Oriente.
Che ne pensa di questa danza sul nucleare iraniano, andata avanti per dodici anni?
L’Iran sospetta che nonostante l’accordo, i Repubblicani si rifiuteranno di cancellare le sanzioni. E così l’obiettivo principale delle autorità iraniane è che le sanzioni non siano sotto il controllo del Congresso: questa sarebbe una tragedia. Vedremo se questo punto ci sarà nel testo definitivo. La mia sensazione è che tutto il negoziato sul nucleare sia una farsa. Non c’è nessun motivo per cui l’Iran non possa avere un programma nucleare secondo il Trattato di non proliferazione (Tnp) che ha sottoscritto.
Perché parla di farsa in riferimento ai colloqui sul nucleare?
Gli Stati uniti e i suoi alleati affermano che la comunità internazionale ha chiesto all’Iran di fare delle concessioni per arrivare a un’intesa. Ma i Paesi non allineati, che rappresentano il 70% della popolazione mondiale, hanno sempre sostenuto gli sforzi nucleari iraniani. Eppure la propaganda occidentale è uno strumento potente, per questo è andata avanti per tanto tempo questa farsa.
La soluzione della controversia potrebbe disinnescare il settarismo che infiamma il Medio Oriente?
La questione centrale è che gli stati sunniti sono i principali alleati degli Stati uniti. Gli amici degli Usa sono i fondamentalisti più estremisti e vogliono dominare la regione. L’Iran è un grande paese, e come la Cina, aspetta per avere un’influenza nella regione. Ma l’Arabia Saudita non vuole mai e poi mai un antagonista, un deterrente. Anche se l’Iran avesse l’atomica, quale sarebbe la preoccupazione per gli Stati uniti? Si tratterebbe solamente di un deterrente. Nessuno pensa che mai e poi mai l’Iran potrà fare uso dell’arma nucleare, perché il paese sarebbe vaporizzato all’istante e gli ayatollah di certo non vogliono suicidarsi. Un Iran con il nucleare sarebbe solo un deterrente contro l’aggressività di Israele nella regione. È questo che gli Stati uniti non vogliono.
Ma Netanyahu non passa giorno che non gridi contro l’intesa con l’Iran e ora la respinge?
Israele persegue una politica sistematica di conquista di tutto quello che vuole per integrarlo nella Grande Israele in violazione dei trattati di Oslo. Gaza è devastata. Queste politiche sono appoggiate dagli Stati uniti e, se continueranno a sostenere Israele, non cambieranno mai. In queste settimane, tutta la stampa mainstream Usa ha pubblicato articoli in cui si chiedeva agli Stati uniti di attaccare l’Iran. Perché la stampa iraniana non fa lo stesso? Il presupposto occidentale è l’imperialismo. In nome di questo principio all’Occidente tutto è permesso.
Esistono due posizioni opposte tra Repubblicani e l’amministrazione Obama nei conflitti in Medio oriente?
I Repubblicani sono un partito fascista. Lo stesso Barack Obama è terribile ma meno dei Repubblicani. Il principale errore di Obama però è la sua campagna con i droni. Se l’Iran facesse lo stesso contro gli ufficiali citati negli articoli della stampa Usa, come reagirebbero gli Stati uniti? La guerra dei droni è la più grande operazione terroristica mai esistita: programmata per uccidere chiunque sia sospettato di poterci danneggiare. Le operazioni con droni in Pakistan faranno crescere il numero dei jihadisti. Quando hanno iniziato, al-Qaeda era solo nelle zone tribali di Afghanistan e Pakistan ora è in tutto il mondo. Ma di questo non si può parlare nei media occidentali.
Crede che bisogna temere l’avanzata degli Houthi in Yemen?
In Yemen è vero che l’Iran dà sostegno agli Houthi, lo stesso fa l’Arabia Saudita con i suoi, sebbene alla fine si tratti di un conflitto interno. Nella propaganda occidentale però se gli Stati uniti sostengono una forza quella è legittima. In Iraq, l’Iran sostiene il governo eletto. I consiglieri iraniani formano la classe dirigente irachena e sono protagonisti delle principali battaglie nel paese. Il governo iracheno ha chiesto l’aiuto iraniano e ringrazia le sue autorità. Ma gli Stati uniti condannano l’influenza iraniana in Iraq: è davvero comico.
Crede che questo atteggiamento occidentale alimenti il terrorismo dello Stato islamico?
Lo Stato islamico è una mostruosità, ma non è niente di più che una società off-shore dell’Arabia Saudita che propaga una versione estremista, wahabita, dell’Islam. Da Riad arrivano tonnellate di soldi e l’ideologia per diffondere il fondamentalismo nel mondo arabo. Certo a questo punto neppure ai sauditi piace quello che hanno creato. Questa è la conseguenza diretta dei devastanti attacchi degli Stati uniti in Iraq del 2003 e degli attacchi della Nato in Libia del 2011 che hanno esasperato il conflitto sunniti-sciiti diffondendolo in tutta la regione. In Libia questo ha comportato l’incremento del numero di milizie e una quantità di armi senza precedenti che provengono da Africa e Medio oriente. I bombardamenti della Nato hanno fatto aumentare il numero delle vittime di dieci volte, hanno distrutto la Libia. In Yemen ora Arabia Saudita ed Emirati stanno uccidendo una grande quantità di persone nei campi profughi. Ma anche questa guerra è destinata a fallire e non può comportare altro che la diffusione del jihadismo.
Pochi mesi fa non parlavamo di terrorismo ma di «primavere». Esiste un rapporto tra i movimenti sociali europei e le rivolte in Medio Oriente?
Ci sono delle similitudini. Il maggior esempio del passato è l’America latina: completamente sotto il controllo degli Stati uniti che imponevano dittatori dappertutto. Ora il Sud America è abbastanza libero dal controllo straniero. Questo è uno sviluppo di grande importanza. Molti politici latino-americani sono legati ai partiti Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. Combattono tutti la stessa battaglia contro il neo-liberismo. Ma la reazione tedesca alla vittoria di Tsipras in Grecia è selvaggia, ipocrita. Nel 1953 l’Europa concesse alla Germania di tagliare gli interessi sul debito. Ma ora impone misure repressive alla Grecia dopo che Berlino l’ha devastata nella seconda guerra mondiale.
Mentre i movimenti in Medio Oriente sono finiti con il ritorno dei dittatori, come il presidente egiziano al-Sisi?
Stati uniti ed Europa hanno sostenuto i più brutali dittatori in tutto il mondo. In questo momento in Egitto si vivono i giorni più bui della sua storia moderna. Questo è l’imperialismo tradizionale, il potere della propaganda non è cambiato. I giornali in Europa lo descrivono come un modello nonostante sia un assassino brutale, un dittatore duro che ha represso la popolare organizzazione dei Fratelli musulmani mentre nel Sinai si continua a consumare una guerra.