Avvenire,
Il caso Anna Frank ha riacceso il dibattito sull'antisemitismo nelle tifoserie ultras delle squadre sportive.
La cosiddetta «tradizione» non c’entra, dietro c’è una precisa strategia politica. La tradizione cittadina vuole il laziale più 'borghese' e il romanista più 'popolano', il primo residente nei quartieri alti di Roma Nord (con un’isola meridionale, l’Eur) e il secondo radicato a Roma Sud.
Per intenderci: Parioli-Trieste-Flaminio contro Testaccio- Garbatella-Magliana. Da qui la storica definizione del laziale 'di destra' e del romanista 'di sinistra' che, come tutte le generalizzazioni, è assai imprecisa. Molto più definita, invece, la collocazione all’estrema destra dei gruppi egemoni di entrambe le tifoserie ultras che, come accennato, fa parte di una strategia di reclutamento politico che affonda le sue radici storiche alla fine degli anni 80 e che si è fatta via via più incalzante. E che, sia detto per inciso, riguarda le curve di buona parte del Paese.
Lo ha spiegato con molta chiarezza, nemmeno due mesi fa, il leader nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore, annunciando che il suo movimento era in cerca di attivisti appartenenti in particolare a tre categorie: «I tifosi delle squadre di calcio, il cui attaccamento alle proprie città è forte e vivo; i tassisti, apprezzati per la loro conoscenza del territorio e l’impegno civico; i pugili noti per coraggio e disciplina».
L’obiettivo era l’organizzazione delle cosiddette «passeggiate per la sicurezza», un modo un po’ edulcorato per definire le ronde di quartiere. E durante una di queste, alla Magliana, il 23 settembre è stato denunciato (insieme ad altri 14 'camerati') Giuliano Castellino, responsabile romano di Forza Nuova e figura storica del tifo ultras giallorosso. Un passato dentro Casapound, da cui poi si è allontanato, Castellino è stato il fondatore del gruppo 'Padroni di casa' in Curva Sud. La stessa curva che frequentava Daniele De Santis, l’estremista di destra condannato per aver ucciso a colpi di pistola il tifoso del Napoli Ciro Esposito nel maggio del 2014, prima della finale di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina. Ben nota, poi, la situazione nella Curva Nord laziale, che prima dei rivali è riuscita ad affermarsi come un punto di riferimento dell’estrema destra capitolina. Attualmente il gruppo principale, gli Irriducibili (nati nel 1987 e ben presto egemoni, ai danni dei vecchi Eagles’ Supporters), tende a parlare in nome collettivo, senza più sovraesporre i capi storici (il più noto alle cronache è Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik), spesso alle prese con problemi giudiziari di vario tipo.
Ma il momento di difficoltà degli ultimi anni, caratterizzati da uno scontro feroce con il presidente della Lazio Claudio Lotito, sembra passato e adesso sarebbe di nuovo Diabolik a comandare. Le 'truppe d’assalto' delle due curve romane (quelle che appiccicano - non solo allo stadio - adesivi come quelli di Anna Frank, oppure con la scritta 'Laziale non mangia maiale') sono invece formate per lo più da giovani e giovanissimi che si ritrovano spesso accomunati nelle manifestazioni politiche a gridare 'Roma ai romani' o 'Prima gli italiani', nei 'presidi' anti-immigrati, nei raid contro chi accoglie i rifugiati.
Insomma, non è vero – come ha detto il vicepresidente della Comunità ebraica Ruben Della Rocca – che gli ultras laziali «hanno esportato razzismo antisemita anche in Curva Sud». Non è vero per il semplice, triste fatto che razzismo e antisemitismo sono già presenti da tempo nella frange estreme di entrambe le curve dell’Olimpico, così come in molte altre curve italiane. Tanto che le espressioni «ebreo» e «giudeo» vengono utilizzate e percepite da entrambe le sponde come un’offesa.