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Carlo Petrini
Casa Verde
18 Marzo 2009
Clima e risorse
Il nuovo corso di Obama anche nell’orto della Casa Bianca: né snobismo, né moda salutista, ma un atto politico. Da la Repubblica, 18 marzo 2009 (m.p.g.)

La decisione di piantare un orto nel giardino della Casa Bianca va annoverata tra gli atti politici significativi di Barack Obama in questi suoi primi mesi di mandato. Il sogno che ebbe nel 1995 Alice Waters, vice-presidente internazionale di Slow Food, quando domandò formalmente - e inascoltata - ai Clinton di fare la stessa cosa, si è finalmente avverato.

Dai tempi di Bill e Hillary Alice ci ha sempre riprovato senza successo, ma già mentre sosteneva ardentemente la campagna presidenziale, e ancora mentre partecipava all’organizzazione per la festa di insediamento, mi confessò che Obama sarebbe stato la persona giusta.

I giornali parlano della precisa volontà di Michelle Obama rispetto a questa piccola grande svolta: infatti è tradizione che siano le first ladies a occuparsi di che cosa deve finire nei piatti presidenziali. Sono stati rievocati i Victory Gardens della signora Roosevelt in tempi di guerra, e questo è certo un bel modo di dare la notizia. Ma va detto che il grande movimento di persone legate al mondo del biologico, delle produzioni agricole locali, dei farmers’ markets e di Slow Food, una grande rete popolare che negli Stati Uniti sta facendo sempre più proseliti, ha senz’altro avuto un’influenza determinante.

Il fatto che l’uomo più potente del mondo si sia deciso a fare quello che i suddetti movimenti stanno da tempo realizzando nelle scuole e nelle comunità con gli school gardens (Slow Food da parte sua, dopo i progetti di Alice Waters negli Usa, ha già attivato circa duecento orti scolastici in Italia e quasi trecento nel resto del mondo) sancisce una volta per tutte che non si tratta di un vezzo salutista, di snobismo o, peggio, di «fanciullaggini»: è pura politica.

Non a caso è una decisione presa dopo l’annuncio da parte di Obama di voler riformare la Food and Drug Administration, l’ente che dovrebbe vigilare sulla sicurezza alimentare dei cittadini americani e intanto approva coltivazioni Ogm, ormoni della crescita nell’allevamento e ogni sorta di additivo alimentare. Cosa più importante è una decisione presa di fronte a una crisi epocale che sta mettendo a dura prova gli Stati Uniti e il mondo, quindi dal significato molto profondo, tanto più che dovrà dichiaratamente servire «da esempio a tutte le famiglie americane».

Non è soltanto un modo per procurarsi cibo più facilmente, è una vera questione economica: è la differenza che passa tra prezzo e valore. È probabile che sarà più dispendioso per Sam Kaas, il cuoco della Casa Bianca, coltivare da sé le materie prime, così com’è obiettivamente più costoso fare la conserva in casa rispetto al comprarla al supermercato. È la stessa cosa che ho visto fare a un contadino del pinerolese, che per ricominciare a coltivare un appezzamento ha dovuto fare un faticosissimo scasso del terreno e l’ha fatto a mano, mentre tutti gli consigliavano di chiamare qualcuno con una scavatrice: «No, preferisco le mie mani, almeno so cosa sto facendo al terreno». Ci sono cose che potrebbero sembrare non convenienti, ma nascondono un valore che va al di là dei semplici conti. Perché fare una conserva in casa è un atto politico; uno scasso a mano nel terreno è un atto politico; un orto è un atto politico.

È economia partecipativa, quindi anche democrazia partecipativa. Non conta quanto vale l’atto in termini di prezzo, ma è l´atto stesso, il cui valore sta nel chi lo compie, come lo compie e perché lo compie. Si tratta di mettere in moto le basi di una nuova economia locale, che ha evidenti vantaggi nel consumo di prodotti freschi, stagionali, più buoni, meno inquinanti, che non si accaniscono sulle tasche né del contadino né di chi mangia, ma che soprattutto rende protagonisti i cittadini e infonde una nuova consapevolezza del cibo, di quelli che sono i tempi e le esigenze della natura. In questo modo non si è più consumatori passivi - e nocivi al pianeta - ma si diventa padroni delle proprie vite, tra l’altro anche rendendosele più piacevoli.

Non so se è vero, come sostiene una ricerca dell’università di Uppsala, che coltivare un orto o un giardino allunghi la vita, ma è certo che potrebbe rivoluzionare in positivo le nostre abitudini alimentari e innescare processi virtuosi dalle ricadute che andrebbero molto al di là della nostra casa o del territorio di cui si fa parte. Ci voleva Obama per aprirci gli occhi? Ben venga, a patto però che quegli occhi restino bene aperti, e questo sta solo e soltanto a noi renderlo possibile.

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