Duecentomila anziani in condizione di fragilità economica o sociale. Quarantamila di loro ormai non sono più, in parte o del tutto, autosufficienti. Più di quattromila minori stranieri non accompagnati censiti tra il 2004 e il 2006. Decine di migliaia di persone che vivono sotto l’incubo dell’emergenza abitativa: tredicimila quelli accolti in residence o strutture del Comune, 4.290 in villaggi rom attrezzati, 42.500 destinatari di un sostegno all’abitare. E centinaia di migliaia di immigrati, di cui 230 mila solo quelli regolarmente residenti nel Comune di Roma. Numeri di una grande città, che «come e più di altre aree metropolitane» si trova «ad affrontare problematiche sociali che si manifestano spesso in modalità e dimensioni particolari», racconta il sindaco Veltroni nella sua lettera ai ministri. Inviata a nove ministri per proporre, a partire da Roma, un «patto sulle questioni sociali simile a quello concordato, sui temi della legalità, con il Ministro dell’Interno». A suggerirla le emergenze del paese riflesse nei problemi quotidiani di una città in cui i servizi del Comune raggiungono 150 mila anziani, ma che conta 577.973 abitanti sopra ai 65 anni e almeno 200 mila in condizioni di fragilità. Affetti da alzheimer o da forme di demenza - circa 22 mila -, in condizioni di precarietà abitativa - 3 mila, secondo le stime del Comune, sono sotto sfratto o convivono forzatamente con altri familiari -, circa 30 mila vivono con una pensione minima. Mentre 36 mila sono i minori che hanno bisogno di sostegno e che sono stati raggiunti in qualche modo dal Comune.
A Roma in dieci anni sono state emesse 40 mila sentenze di sfratto per morosità. Un numero che dà l’idea di quanti non riescono a pagare l’affitto. Molti di loro però non hanno accesso alla graduatoria per le case popolari che conta tra i 31 mila in attesa 2.787 già sfrattati e 3.379 con sfratto esecutivo, tutti con un reddito inferiore ai 20 mila euro. Solo nel 2005, le richieste di esecuzione di sfratto sono state più di 10 mila e gli sfratti eseguiti con la forza pubblica 2.872.
Numeri che Caritas e Comunità di Sant’Egidio conoscono bene. E per questo appoggiano la proposta del «patto sociale» che piace anche alla sinistra radicale. «Ora spetta al governo rispondere adeguatamente a questa sollecitazione», plaude a Veltroni anche il segretario cittadino del Prc, Smeriglio.
Durerà un po' più dello spazio d'un mattino le denuncia/proposta del Sindaco di Roma e candidato alla leadership dell'Ulivo? Speriamo di si. E speriamo magari che qualcuno si ricordi del modo e delle ragioni per cui furono smantellati gli strumenti costiituiti quando al welfare state nella città e nel territorio ci si credeva, quando il ruolo dello stato (della Repubblica, Res Publica) era ritenuto essenziale e centrale per risolvere i problemi che il mercato continuava ad aggravare, quando si formò (certo faticosamente, certo incompletamente, certo drammaticamente, tra scioperi generali e iniziative legislative a sinistra e bombe a destra) quel complessso di strumenti per la costruzione di alloggi nuovi depurati dalla rendita (il Peep), per il recupero guidato del patrimonio abitativo esistente, per il controllo dell'offerta privata con l'equo canone. Strumenti che avvicinavano alla realtà il principio della "casa come servizio sociale" o, come meglio diremmo oggi, come diritto comune che a tutti deve essere garantito.
Non ha probabilmente senso oggi riproporre quegli strumenti. Ma certo ha senso riproporre i principi che erano alla loro base: principi che l'egemonia del neoliberismo ha incrinato dove non ha potuto distruggere. E ha senso domandarsi quanto siano compatibili con quei principi le politiche di favore alla rendita immobiliare che la stragrande maggiorabza delle città italiane stanno allegramente praticando . A cominciare - non possiamo tacerlo - dalla Capitale.