Che sul fronte del diritto alla casa questo fosse un paese al contrario un po’ ce ne eravamo accorti. Questi ultimi mesi sono stati esemplari. Nella legge di stabilità per il 2016 è stata confermata l’odiosa esenzione IMU in vigore dal 2013 (art. 2 del D.L. n. 102/2013) per gli immobili invenduti dalle imprese di costruzione. Non solo, ma questo privilegio fiscale, inizialmente previsto per soli tre anni, è stato garantito per sempre dal Governo Renzi. E’ chiaro come questa sia una norma che agevoli fiscalmente solo le grandi imprese di costruzione senza riconoscere gli stessi diritti ai comuni mortali che, ad esempio, ereditino una casa e la vogliano rivendere non potendola mantenere. In più questa normativa “droga” il mercato immobiliare perché consente ai costruttori di aspettare che i prezzi si alzino per vendere il loro stock abitativo. Così facendo, inoltre, si impedisce a chi è in cerca di una prima casa di beneficiare di prezzi accessibili.
L’ultima forzatura pro speculazione edilizia, in ordine di tempo, è quella contenuta nell’articolo 16 del decreto legge n. 18 del 2016 (c.d. “Decreto banche” – v. box 1 in calce ). Con questa norma si permette a chi fa il mestiere di comprare e rivendere case alle aste immobiliari, di fare più soldi. Infatti potranno comprare e rivendere casa pagando solo 200 euro di tassa fissa (anziché il 9% sul prezzo di aggiudicazione). Quindi se, per esempio, ad una asta fallimentare avente ad oggetto un immobile dal valore di 200.000 euro si dovessero presentare una persona che cerca di comprare la sua prima casa e un’impresa immobiliare che compra e rivende, quest’ultima, in caso di aggiudicazione, sarà avvantaggiata perché dovrà pagare di tasse solo 200 euro (anziché 18.000), mentre il semplice cittadino in cerca della sua prima casa ne dovrebbe pagare ben 4.000 (2%). Insomma il Governo privilegia la speculazione immobiliare, la incoraggia, non solo a svantaggio di coloro che cercano di acquistare la loro prima casa, ma anche dei contribuenti. Infatti questo ulteriore privilegio neanche risulta a costo zero per i cittadini perchè costerà 220 milioni di soldi pubblici (vedi il comma 3).
E il futuro? Non è certo roseo perché è in via di approvazione uno schema di decreto legislativo (v. box 2) nel quale è previsto che le banche, in caso di ritardo nel pagamento delle rate del mutuo, si possano riprendere la casa direttamente, senza attivare alcuna procedura giudiziaria di vendita. La solita scusa che si accampa è che la direttiva 2014/17/UE imporrebbe questa norma. Ma a ben leggerla non è affatto così, in quanto la direttiva non esclude, come invece fa il decreto legislativo in itinere, che l’accertamento del valore sia effettuato sotto la supervisione giudiziaria. Con questo decreto legislativo si faranno stracci di secoli di civiltà giuridica che hanno sempre vietato il c.d. patto commissorio, cioè il prelievo diretto del bene dato in garanzia. E questo perché è chiaro che le banche e i creditori in generale sono molto più forti dei debitori, che sono le parti fragili del rapporto e vanno tutelate, specie nel caso in cui si tratti della prima casa. Per questo il patto commissorio è sempre stato proibito, anche dal nostro codice civile (art. 2744), almeno fino ad oggi…
Questi sono gli esempi riferiti solamente agli ultimi due mesi, ma sono tante le norme che sono state approvate in questi ultimi dieci anni, in nome di una invocata crisi del settore edilizio e finanziario. Si continuano a vedere norme che forzano le ragioni della tutela del paesaggio, dei beni comuni, dei consumatori e del diritto alla casa, a tutto vantaggio della speculazione edilizia e della grande finanza. La lista è lunga: piani casa, deroghe regionali agli standard urbanistici, silenzio-assenso per le autorizzazioni paesaggistiche, depotenziamento delle Soprintendenze, rivalutazione delle quote che gli istituti di credito detengono in Banca Italia, svendita del patrimonio culturale del Paese. E si potrebbe continuare.
Sarebbe ora che ci fosse una inversione di tendenza e che si imboccasse la strada delle regole scritte nell’interesse generale e non dei potentes di turno.