“Ferilli, bellissima in un abito nero. Bella e simpatica come sempre, ha fatto da madrina al nuovo Outlet Village, sottolineando il gusto dei costruttori nel realizzare una struttura commerciale non invasiva dal punto di vista paesistico”. Così ci rassicura Bresciaoggi di domenica 14 settembre scorso (In quattromila a Rodengo per la Sabrina nazionale), e francamente ce n’era un gran bisogno, di questa versione nazionalpopolare della VIA, perché a prima vista il paesaggio appare piuttosto invaso. Ma una fede nelle icone nazionali, specie se spacciate come di sinistra, mi spinge a capirne di più, di questa non invasiva
piattaforma di cemento con sfondo di dolci colline.
Siamo in comune di Rodengo Saiano, ai margini occidentali dell’insediamento compatto di Brescia, e rispetto ad altri parchi commerciali tematici italiani, il tema sembra sviluppato in una logica più “metropolitana”. Naturalmente, e come d’abitudine in questi casi, l’enfasi comunicativo-pubblicitaria calca molto di più sull’immagine campagnola, ma basta un colpo d’occhio per capire che l’elemento rurale, qui, è stato cotto, mangiato e digerito da un pezzo. Del resto, basta un colpo d’occhio in marcia di avvicinamento a rafforzare l’impressione. Per chi viene dalla direzione di Venezia, il villaggio si presenta solo come l’ultima – anche se decisamente più gradevole – di una lunga serie di skylines che mischiano elementi industriali (come il famoso inceneritore bresciano a sud della tangenziale), e più tipicamente commerciali, come vari ipermercati, l’Ikea, il monolite trasparente del “distributore” di automobiline Smart. Anche per chi si avvicina lungo la strada Padana Superiore, da Milano, il villaggio rappresenta certo la “porta” verso la Franciacorta e la zona turistica del lago d’Iseo, ma la collocazione lungo una superstrada e l’accesso diretto da svincolo danno comunque una forte impressione urbana, che il gigantesco parcheggio ad anello non contribuisce certo ad attenuare. Il modo migliore di “gustarsi” l’accesso al Village è forse quello di imboccare il tracciato secondario verso il lago d’Iseo, che parte da una diramazione a destra della Padana Superiore, poco fuori dal territorio
comunale di Brescia. È così possibile intravedere più da vicino la città industriale che via via si dirada, lasciando spazio a qualche sparuta testimonianza di campagna: campi arati, filari di alberi, fossi, qualche edificio rurale. Poi anche questa impressione finisce, dopo il visibilissimo cartello OUTLET, e l’ingresso nell’ex podere della cascina Moie, ora zona industriale Moie, all’orizzonte del quale spunta, dopo una lunga sequenza di metropolitanissimi precompressi misti a destinazione varia, la miscela di colori caldi (sembra di parlare di un tessuto) del parco commerciale.
Il villaggio, una volta superata la barriera anulare delle migliaia di auto nel parcheggio, ha un aspetto gradevole, con le abituali articolazioni del fronte, portici, aperture, uso abbondante e visibile del legno, e in qualche modo giustifica la dichiarazione ufficiale secondo cui nel progetto ci si è ispirati ai temi della campagna lombarda. Naturalmente qui la campagna lombarda, come a quanto pare tutto nel mondo della moda, è puro simbolo e citazione: per trovare qualcosa di davvero simile alla campagna, bisogna inoltrarsi ancora di parecchio nella Franciacorta, o fare dietro front e scendere di un po’ di chilometri nella pianura del Mella.
Comunque, bisogna accontentarsi, e al centro del villaggio spicca anche la restaurata cascina Moia, che dà il nome a tutta la zona. Non aiuta, un ipotetico storico dell’arte futuro, la presenza, sovrastante la stessa cascina, degli archi dorati di McDonald’s, di cui sembra che i portici riprendano il motivo. Ma tant’è.
Più interessante, per la tutela del territorio (e la sopravvivenza di chi ci sta sopra), sembra essere l’insieme di iniziative concordate fra il piccolo comune di Rodengo Saiano e i promotori (un nuovo gruppo italo-americano: European Fashion Center, Cfr. il sito franciacortaoutlet.it). Si va dalla realizzazione di nuove piazze nel paese, alla concessione gratuita di spazi comunali all’interno del villaggio, all’accordo per la sponsorizzazione di una lunga serie di iniziative comunali e in generale dell’immagine della zona. A questo, e nella logica complessiva “metropolitana” cui ho già accennato, si aggiunge l’idea di collocare in un grosso stabile industriale dismesso ai margini della zona Village, una “Città delle Macchine” inserita nella rete del Museo dell’Industria bresciano. Se si comprendono i 600-1000 posti di lavoro che il villaggio promette di creare direttamente, si ha un senso più completo dell’impatto generale, anche oltre le pur rispettabili opinioni di Sabrina Ferilli.
Anche l’ambiente fisico e sociale, pur superficialmente e ad una osservazione occasionale, suggerisce un’idea più “nazionalpopolare” del centro, che in una domenica pomeriggio di sole dà davvero l’idea del paese in festa, con famiglie accalcate al bar o adolescenti in massa con motorini a ciondolare qui e là. Certo che non aiuta, a scaldare la temperatura relazionale, quell’immenso parcheggio circolare che isola la cascina, e il villaggio finto che le sta attorno, dal resto del mondo. Un mondo che, appena fuori dalla zona Moie (sì: con un po’ di attenzione è anche possibile uscire senza imboccare per forza la superstrada!), inizia a dare un’idea di cosa doveva essere prima il paesaggio, da quelle parti. Ma a quanto pare tutti sono contenti, e in effetti rispetto ai casi “visionati” sinora, il risultato sembra migliore. Sarà l’abitudine? Sarà la Ferilli?
Mah!
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