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Cacciari vince, il MoSE si fa, i DS scompaiono
20 Agosto 2005
Vivere a Venezia
Questo è uno scenario possibile se i sondaggi non mentiscono, se Cacciari non smentisce il cronista, se i DS votano Cacciari e non Casson. Tirando le somme da tre articoli de il Gazzettino del 13 marzo 2005 (il titolo è di Eddyburg)

Sondaggio della Margherita: Cacciari già in fuga

Silvio Testa

Massimo Cacciari già in fuga, e gli altri candidati sindaci a pedalare in salita, intenti a schivare le buche del voto disgiunto che, nel caso di ballottaggio Cacciari - Casson, spaccherebbe in due il Centrosinistra. Su 100 elettori di Rifondazione, ad esempio, 65 voterebbero Cacciari, e solo 25 Casson, il candidato ufficiale del partito; tra i Ds, 54 voterebbero Cacciari, 40 Casson.

È il risultato del primo sondaggio che sia uscito dalle segrete stanze dei partiti, commissionato dalla Margherita (il partito di Cacciari) all'Ipsos di Milano, società dell'omonima multinaziona, condotto telefonicamente il 10 marzo su un campione di 1000 elettori. Il sondaggio indica chiaramente la preferenza dell'elettorato per un sindaco di Centrosinistra (47,6 per cento contro il 25,6 per un candidato di Centrodestra, col 26,8 per cento di incerti), e alla domanda su chi voterebbero tra i candidati, gli intervistati si sono espressi al 30,9 per cento per Cacciari (Margherita e Udeur), al 18,2 per cento per Casson (Ds, Verdi e Prc, Sdi, Ci, Di Pietro), all'11,8 per cento per Cesare Campa (Fi e Udc), al 6,5 per cento per Raffaele Speranzon (An), al 2,7 per cento per Alberto Mazzonetto (Lega Nord), al 4,4 per cento per Maurizio Crovato (Uno di noi), allo 0,4 per cento per Augusto Salvadori (Per Venezia Mestre), allo 0,3 per cento per Vittorio Salvagno (Socialisti laici), allo 0,1 per cento per Mario d'Elia (Mav).

Se però si portano correttamente a 100 le risposte, togliendo dalle percentuali quel 24,7 per cento di elettori che si sono detti incerti o decisi a non votare, Cacciari sale addirittura al 41 per Cento, Casson tocca il 24,2, Campa arriva al 15,7. Ai ballottaggi, Cacciari prevarrebbe sempre. Con Casson la spunterebbe 46,5 contro 28,1 (62,3 contro 37,7 depurando la statistica del 25,4 per cento di indecisi o non votanti); con Campa 59,7 contro 22,3 (72,8 contro 27,2 non tenendo conto del 18 per cento di indecisi). Casson prevarrebbe su Campa col 45 per cento contro il 23,5 per cento, con un'alta quota di indecisi (31,5 per cento) che con la solita correzione porterebbe il candidato del Centrosinistra a prevalere col 65,7 per cento contro quello del Centrodestra (34,3 per cento).

Il sondaggio indica anche un'altissima tendenza al voto disgiunto, che non andrebbe a solo vantaggio di Cacciari: di Ds e Rifondazione abbiamo già detto, ma il 76 per cento degli elettori dell'Udeur è orientato a votare Casson, e così il 18 per cento di quelli della Margherita. In caso di ballottaggio Cacciari - Casson, il primo verrebbe votato dal 39 per cento di elettori di Forza Italia contro il 26 per cento che voterebbe Casson, percentuali che vanno al 41 e al 35 in caso di elettori di An.

«I nostri sondaggi danno indicazioni esattamente contrarie», sostiene la segretaria provinciale dei Ds, Delia Murer, pur senza dare indicazioni più dettagliate, ovvero Casson tra il 35 e il 40 per cento, Cacciari tra il 21 e il 26, Campa tra il 18 e il 21. «Sondaggi seri, ripetuti nel tempo su campioni omogenei e selezionati di elettori divisi per fasce d'età e categorie sociali», aggiunge il leader dei Verdi, Gianfranco Bettin, accusando la Margherita di diffondere sondaggi fatti per tirare la volata al proprio candidato.

Un missionario combattente.

Alda Vanzan

Un missionario combattente. Uno che come missione si è dato tre obiettivi: vincere le elezioni (con i suoi sempre più convinti che sarà una passeggiata), ricompattare il centrosinistra, amministrare la città. Massimo Cacciari riassume la battaglia così, nella straripante e soffocante sala al quarto piano dell'hotel Michelangelo, gremita di margheriti e di "apartitici" dei comitati, qualche cacciariano con tessera concorrente in tasca (il diessino Paolo Dozzo), perfino un avversario di dodici anni fa (Aldo Mariconda) che all'appuntamento si presenta con un foglietto intitolato "Perché voto Cacciari". Centocinquanta persone, gente in piedi col cappotto sul braccio ché fa caldo, ovunque manifesti con il primo piano del filosofo che non guarda in faccia ma scruta altrove, ovviamente in alto, tre slogan diversi: "Il tuo sindaco/la tua fiducia", "Il tuo sindaco/il tuo futuro", "Il tuo sindaco unitario e ulivista da una vita". Ed è da qua che Massimo Cacciari, nella conferenza stampa di presentazione del programma, al centro del tavolo cui siedono gli alleati Guido Berro (Movimento repubblicano europeo), Olvrado Girardello (Udeur), Danilo Corrà (Intesa per la città), il senatore Tiziano Treu e Alessio Vianello (Margherita), attacca. «Oggi presentiamo il programma di una lista radicata nel contesto del centrosinistra e che intende ricostruire il centrosinistra. Perché non siamo stati noi a rompere l'unità. Noi abbiamo subìto un isolamento e questo isolamento ha portato alla mia candidatura. Ma il nostro obiettivo è ricostruire l'unità su basi programmatiche chiare».

Cacciari cita alcuni punti del programma. Il rilancio di Porto Marghera: «Noi parliamo di sviluppo, non di dismissione né di post-industriale, proponiamo una società pubblica/privata per gestire le bonifiche e riallocare le aree». La salvaguardia di Venezia: «Bisogna recuperare la centralità del Comune nelle politiche di salvaguardia», quindi, visto che i lavori del Mose sono iniziati, attacca la giunta Costa: «L'Amministrazione non ha reagito con la sufficiente determinatezza, è mancata una logica di sistema, dire adesso "no al Mose" è uno slogan non un programma di governo». Ossia, visto che il Mose è già avviato, va auspicata una «rinegoziazione dei lavori», con più attenzione al recupero del microtessuto cittadino piuttosto che alle opere faraoniche. Poi il traffico: «Interventi drastici, compresa la pedonalizzazione, da assumere immediatamente». L'emergenza casa: «Bisogna riprendere a costruire case e fare una politica dell'abitazione, senza più guardare solo al reddito, ma alle funzioni. Case alle giovani coppie, ai lavoratori extracomunitari, agli studenti». La sublagunare: «Sono stato io, con il compianto Marino Grimani, a inventarmi la sublagunare fino all'Arsenale, ma il ragionamento era che l'Arsenale doveva diventare un centro di attività cantieristiche e fieristiche. Quindi, prima di tutto, bisogna "sdemanializzare" l'Arsenale, la sublagunare la faranno i privati in project financing». Pausa. In prima fila è seduto il presidente di Asm e Pmv, Enrico Mingardi. Cacciari lo guarda e parte all'attacco, il vero attacco contro Costa & C. «La sublagunare la può fare Mingardi in quanto capitalista, perché il Comune non può affrontare spese di questo genere, non tocca al Comune comprare palazzi, semmai li dovrebbe vendere, non può essere che il Comune indebiti la sua gallina dalle uova d'oro per fare lo stadio, lo stadio con me lo faceva Zamparini non il Casinò che doveva servire per sostenere le spese per le politiche sociali». Ecco qua, come li definisce Cacciari, i «punti di fraterna polemica col centrosinistra». Per il resto il programma è praticamente una fotocopia di quello del centrosinistra, più o meno accentuato in alcuni punti. Domanda: e allora perché votare l'uno anziché l'altro? «Vivremo il primo turno come una sorta di primarie tra due differenti stili di politica: i cittadini diranno se preferiscono me o chi ha rotto la Fed e candidato un magistrato».

Non ce n'è uno che ammetta ...

Al.Va.

Non ce n'è uno che ammetta di aver incaricato il tipografo di stampare il santino disgiunto. Non uno, neanche tra i più accesi sostenitori dei voti diversificati. Che poi, per farla breve, sono tutti a sinistra e tutti tra Ds e Cacciari. Ossia: voto di lista alla Quercia e croce non sul candidato sindaco Felice Casson sostenuto dal partito, ma sul candidato sindaco della Margherita Massimo Cacciari. I santini disgiunti, se mai salteranno fuori, diventeranno l'emblema delle elezioni 2005, delle polemiche avvenute e in corso: roba da finire in foto in una ricostruzione storica. Comunque sia, con o senza santini, il voto disgiunto sta tenendo banco. L'ha invocato pro domo sua Massimo Cacciari. L'hanno apertamente apprezzato alcuni diessini (Mara Rumiz e Michele Vianello, gli stessi sponsorizzati nelle preferenze dal filosofo). Lo stanno seriamente temendo gli apparati dei partiti. Che, comunque, negano possa prendere piede. Per due motivi: lealtà al candidato di partito, rischio di non entrare a Ca' Farsetti. Dice Delia Murer, segretaria dei Ds: «Il voto disgiunto non è come fare le primarie. Se al ballottaggio andassero Casson e Cacciari, i Ds sarebbero fortemente penalizzati nella rappresentanza in consiglio comunale. Ma a parte ciò è l'aspetto politico che va sottolineato: i Democratici di sinistra sostengono Felice Casson, hanno fatto una scelta democratica e questa scelta impegna tutti i Ds a sostenere Felice Casson. Certe uscite non sono leali e nemmeno serie. E teniamo presente che il voto disgiunto a favore di un altro candidato sindaco che non sia Casson penalizza il partito». Idem per Roberto Del Bello, segretario del Prc: «Smentisco nel modo più assoluto l'esistenza di un qualsiasi dissenso all'interno di Rifondazione circa la candidatura di Felice Casson. Le uniche voci isolate, cui è stato dato troppo spazio e peso, riguardano quelle provenienti da un presunto iscritto che restituisce la tessera attraverso una lettera al Gazzettino e di cui non troviamo traccia nei nostri elenchi e quella di un aderente al partito della chimica il quale, evidentemente, oltre a non avere ascoltato le parole di Felice Casson, da anni non ascolta nemmeno quelle provenienti dal partito di cui dice di far parte». Anche Del Bello, come Murer, avverte: «Con il voto disgiunto si corre il rischio di regalare la maggioranza assoluta del consiglio comunale a un partito, la Margherita, che con l'Udeur non arriva al 10% dei voti».

La legge (decreto legislativo 18 agosto 2000 numero 267, articolo 73, comma 10) assegna un premio di maggioranza pari al 60% al vincitore del ballottaggio: tra Cacciari e Casson, se al secondo turno vincesse il filosofo, la Margherita otterrebbe 28 seggi dei 46 in consiglio comunale; i rimanenti 18 andrebbero proporzionalmente distribuiti tra tutte le altre forze politiche, da An ai Ds. Insomma, un campo di margherite a Ca' Farsetti, Cacciari sindaco di un monocolore di centro. A meno che non succeda che una lista (eventualità improbabile) o un gruppo di liste collegate (più facile) non superi al primo turno il 50% dei voti validi. Potrebbe capitare, cioè, che tutto il centrosinistra che sostiene Casson il 3 aprile prenda la maggioranza assoluta. Se succedesse, al successivo ballottaggio, anche se vincesse Cacciari, la Margherita non avrebbe il 60% dei seggi. L'eventualità al momento non è suffragata dai numeri: solo assieme alla Margherita il centrosinistra arriva al 53% (Comunali 2000), senza la Margherita si ferma al 44% (Provinciali 2004). In ogni caso, resterebbe da chiarire come sarebbe composto il consiglio comunale: probabilmente col proporzionale puro (e un sindaco senza maggioranza in consiglio). L'argomento è oggetto di interpretazioni.

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