Comunque, a differenza di altri membri della compagine neo-consociativa cementata da Napolitano, per lui non è ancora detto che faccia guasti.
Corriere della Sera 28 aprile2013
«Bray», — «Chi?», — «Bray, Massimo Bray», — «Ahh».Deve essere stato più o meno questo lo scambio di battute risuonato nelle più diverse sedi a sentire il nome del nuovo ministro dei Beni e delle attività culturali del governo Letta.
Il nome per l'appunto di uno sconosciuto. Sconosciuto alla politica (si tratta di un neoeletto deputato Pd) e sconosciuto alla cultura, se con questa parola s'intende qualcosa comunque legato a un'originale creatività e competenza intellettuali. Il nostro, infatti, più che vantarsi di essere direttore editoriale dell'Istituto dell'enciclopedia italiana e presidente del consiglio d'amministrazione della Fondazione «La notte della taranta» per la promozione della «pizzica» salentina, più di questo, dicevo, non può. Dal momento che fino a prova contraria, la nascita nei feudi elettorali dell'on. D'Alema (Bray è di Lecce), e la carica di direttore responsabile della rivista Italiani/Europei sponsorizzata sempre da D'Alema, ancora non costituiscono un particolare titolo di merito culturale.
Ma mentre nessuno avrebbe mai osato nominare, chessò, all'Economia o all'Istruzione, un illustre sconosciuto, o qualcuno dalle competenze inesistenti, per i Beni culturali, per la cultura, invece si è potuto benissimo. È bastato che così abbia voluto il ras politico, il capo di una corrente del Pd, celata, come oggi si usa, dietro il nome pudico di Fondazione.
Che un Paese come l'Italia — con il suo immenso patrimonio artistico d'ogni tipo, con il rapporto che la sua identità storica ha con la cultura, con ciò che l'uno e l'altra rappresentano ancora oggi per la sua immagine nel mondo — ebbene, che un simile Paese affidi tutto questo alle cure di un ignoto volenteroso (speriamo), a ciò destinato per esclusiva opera dei più bassi calcoli di potere correntizio, è cosa inaccettabile. Destinata a segnare un distacco ulteriore tra il Paese che pensa e che sente, e la politica. Francamente non pensavamo che fosse questa l'Italia di Enrico Letta.