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Anna Maria Merlo
Braccio di ferro, nell’attesa di un New Deal europeo
31 Gennaio 2015
Articoli del 2015
Se l'Unione Europea non assume la strategia proposta dalle liste "L'altra Europa con Tsipras" (un New Deal per un'altra economia e un'altra società), la speranza di un'Europa unita svanisce come un sogno.

Il manifesto, 30 gennaio 2015

Unione. Il Grexit non è del tutto escluso, malgrado la volontà del governo greco e dei cittadini del paese di non uscire dall’euro

Il con­fronto tra la Gre­cia e la Ue, viste le prime rea­zioni dopo la vit­to­ria di Syriza e la for­ma­zione del nuovo governo Tsi­pras, rischia di inca­gliarsi in fretta in un brac­cio di ferro distrut­tivo per tutti, se non si riu­scirà a tro­vare un’uscita verso l’alto dalla crisi. La disoc­cu­pa­zione cre­sce, non solo in Gre­cia (gli ultimi dati fran­cesi sono estre­ma­mente pre­oc­cu­panti, con un aumento con­si­de­re­vole nel 2014: 3,5 milioni di senza lavoro, cifra che sale a 5,2 milioni se si con­teg­giano coloro che sono costretti a un part time, un aumento di 190mila disoc­cu­pati nel 2014, che sarà seguito, se nulla cam­bia, da un altro eser­cito di 100mila per­sone senza lavoro in più nel 2015).

Solo un New Deal euro­peo, con un col­le­ga­mento tra solu­zione della crisi del debito e piano di inve­sti­menti di Junc­ker (finan­ziato per dav­vero e non solo con i 21 miliardi pro­messi a mol­ti­pli­carsi fino a 315), potrà far uscire la zona euro dal pan­tano, sosten­gono molti eco­no­mi­sti (gli Eco­no­mi­stes atter­rés hanno appena pub­bli­cato il loro Nou­veau Manifeste).

Ma le regole della zona euro impon­gono che ogni pro­gramma della Bei sia cofi­nan­ziato dagli stati almeno al 50% e per la Gre­cia anche que­sta è una solu­zione al ribasso, visto che Dra­ghi ha legato l’accesso alla liqui­dità pro rata alla par­te­ci­pa­zione nel capi­tale della Bce (2% per la Gre­cia). Un cir­colo vizioso, per paesi senza mar­gini di mano­vra finanziaria.

In que­sti primi giorni di governo Tsi­pras, la Gre­cia è stata lasciata sola di fronte ai movi­menti della finanza: come c’era da aspet­tarsi, la Borsa di Atene è crol­lata (mer­co­ledì meno 9% in seguito alla sospen­sione delle pri­va­tiz­za­zioni impo­ste dalla tro­jka, i titoli delle ban­che gre­che sono pre­ci­pi­tati del 26%), i capi­tali con­ti­nuano a fug­gire, men­tre le Borse euro­pee viag­giano per conto loro, senza subire con­trac­colpi greci con­si­stenti. I tassi di inte­resse sul debito pri­vato sono volati a più del 10%. L’irrazionalità potrebbe pren­dere il sopravvento.

Il Gre­xit non è del tutto escluso, mal­grado la volontà del governo greco e dei cit­ta­dini del paese di non uscire dall’euro. L’uscita dall’euro, inol­tre, non è con­tem­plata dai trat­tati: il Trat­tato di Lisbona pre­vede l’uscita dalla Ue, per Atene signi­fi­che­rebbe abban­do­nare prima l’Unione per poi rien­trarvi (con un voto all’unanimità dei part­ner), ma senza euro.

Per la Gre­cia, sarebbe ogget­ti­va­mente un disa­stro, con la sva­lu­ta­zione che ne con­se­gui­rebbe men­tre il debito reste­rebbe in euro, per oltre­pas­sare il 200% del pil. Nes­suno vor­rebbe più pre­stare denaro alla Gre­cia. Un’uscita dall’euro della Gre­cia, che pesa solo per il 2% del pil euro­peo, viene con­si­de­rata da Bru­xel­les al limite eco­no­mi­ca­mente gesti­bile, ma poli­ti­ca­mente esplo­siva: l’instabilità potrebbe rag­giun­gere altri paesi, a comin­ciare dalla Spagna.

Ma le isti­tu­zioni euro­pee si stanno inte­star­dendo sulla sola que­stione del debito. Ricor­dano che la Gre­cia ha avuto 240 miliardi in aiuti diversi dai part­ner, anche se si dimen­ti­cano di dire che una parte con­si­stente è tor­nata nelle casse dei cre­di­tori, che la cifra colos­sale è ser­vita per sal­vare le ban­che e non per sol­le­vare la vita quo­ti­diana dei cit­ta­dini greci. Gli euro­pei si ripa­rano die­tro il para­vento della mini­miz­za­zione del “con­ta­gio”. Con la crisi, sono stati isti­tuiti vari para­ful­mini, che limi­tano la pro­pa­ga­zione del crollo ad altri paesi inde­bi­tati, dal Mes all’Unione ban­ca­ria, fino al quan­ti­ta­tive easing lan­ciato da Mario Dra­ghi il 22 gen­naio. Ma tutte que­ste misure sono state con­ce­pite per pro­teg­gere i mer­cati, non le popolazioni.

Nei fatti, mal­grado i due Memo­ran­dum e gli «aiuti» di 240 miliardi, dal 2010 al 2014 il debito greco è dimi­nuito sol­tanto di una man­ciata di miliardi (da 330 a 321,7), men­tre, a causa del calo della pro­du­zione di ric­chezza nazio­nale, la per­cen­tuale del peso del debito è aumen­tata, dal 146 al 175% del Pil.

Ma i part­ner, Ger­ma­nia in testa, si inte­star­di­scono sui numeri: non devono essere i con­tri­buenti degli altri paesi a pagare. Il debito greco è a più del 70% nella mani di cre­di­tori pub­blici, 32 miliardi dell’Fmi, più di 141 miliardi dell’Fesf (fondo euro­peo di sta­bi­lità) e 53 miliardi di pre­stiti bila­te­rali da parte degli stati mem­bri (40 miliardi per la sola Fran­cia, ad esem­pio, una cifra ana­loga per l’Italia, un po’ supe­riore per la Ger­ma­nia).

Que­sti sono miliardi a cui i part­ner hanno dato una «garan­zia» e per que­sto sono stati cal­co­lati nei rispet­tivi defi­cit. Gli euro­pei vanno valere di aver già abbas­sato note­vol­mente i tassi di inte­resse impo­sti alla Gre­cia e di aver allun­gato i tempi del rim­borso (fino a 30 anni). Insi­stono sul fatto che, sot­traendo gli inte­ressi che la Bce riversa alla Gre­cia sui titoli del debito che detiene, il «peso» del ser­vi­zio del debito è infe­riore per Atene (2,6% secondo il think tank Brue­ghel) che per l’Italia (4,7%) o per il Por­to­gallo (5%). Per Bru­xel­les, quindi, il mar­gine di mano­vra di Tsi­pras sarebbe minimo, se decide di non rispet­tare gli «impe­gni» dei pre­de­ces­sori, sof­fo­cato dalla man­canza di liqui­dità e asse­diato dai mer­cati. La Ue cal­cola che i biso­gni della Gre­cia per quest’anno siano intorno ai 36 miliardi e spera così, con visione miope, di met­tere Tsi­pras con le spalle al muro e di far­gli pie­gare la testa sotto le for­che cau­dine del rispetto dell’austerità.

Ue da un lato e Tsi­pras dall’altro hanno in mano un’arma nucleare: Gre­xit e default (rinun­cia a rim­bor­sare). Ci vor­rebbe un Salt I e II, uno Start e un tele­fono rosso tra Atene e Bruxelles

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