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Giuseppe Boatti e Carlotta Di Cerbo e Ma
Bovisa da bonificare: verde o ancora cemento?
22 Settembre 2014
E' necessario rivolgersi alla magistratura per ottenere che i cittadini, riuniti in un comitato responsabile e propositivo, ottengano il privilegio di dialogare con il Comune? Il caso della Goccia, un'area verde pari all'intero Parco Sempione.

A Milano, nel quartiere di Bovisa, esiste un’area industriale abbandonata ed inaccessibile da decenni, di proprietà del Comune, di A2A e del Politecnico.

Quest’area, chiamata comunemente “La Goccia” per la sua forma planimetrica, se considerata insieme all’attiguo scalo ferroviario Farini (anch’esso dismesso) avrebbe estensione e potenzialità tali da costituire un grande polmone verde, che, in proporzione alle dimensioni della città sarebbe del tutto paragonabile al Central park di New York. Non solo: mentre il Central park è un’isola verde immersa nell’edificato, il sistema Bovisa-Farini potrebbe essere in realtà la parte terminale di una penetrazione di verde lunga quasi 10 km che, partendo dall’hinterland, arriverebbe fino al nuovo centro terziario di Porta Nuova.

I cittadini chiedono di conservare tutto il verde e riusare gli edifici di archeologia industriale per gli insediamenti a destinazione universitaria

Ad oggi la Goccia giace in uno stato di completo abbandono nonostante contenga al suo interno un prezioso patrimonio: un complesso industriale risalente ai primi del ‘900, del quale i gasometri sono l’unica parte visibile da chi sta fuori. Tutto il resto è nascosto da una folta vegetazione sviluppatasi nell’arco dell’ultimo secolo, che in alcune parti ha assunto i connotati di un vero e proprio bosco. A testimoniarlo, già nel 1994 una relazione del Corpo forestale, che stimava in più di 2000 esemplari gli alberi ad alto fusto. Si stima che, ad oggi, la massa arborea presente sull’area sia paragonabile, sia pure leggermente per difetto, a quella del Parco Sempione.

La causa dell’inaccessibilità e dell’incuria dell’area è da attribuirsi all’inquinamento dei suoi terreni, problema al quale, dal 1994 (anno di chiusura definitiva del sito industriale) ad oggi, non si è riusciti a porre rimedio. I motivi sono molteplici, e in gran parte da attribuirsi a questioni normative. Infatti, prima del 2006, pensare di risanare l’area era praticamente impossibile. La legge in vigore allora, il DM 471/1999, obbligava a bonificare il suolo da tutti gli inquinanti in esso presenti, indipendentemente dalla loro profondità e senza considerare il rischio effettivo che questi avrebbero potuto generare per la salute umana e per l’ecosistema.

Nel 2006 il DM 471 del 1999 viene abrogato e sostituito dal D.lgs. 152; le normative differiscono tra loro soprattutto per due punti fondamentali:
1. le concentrazioni massime di inquinanti accettabili in un determinato sito rimangono invariate, ma passano dall’essere considerate valori tassativi (471/1999) a soglie di attenzione (152/2006). Con la precedente normativa dunque, superati determinati valori, scattava immediatamente la necessità della bonifica; con la nuova normativa invece, appurato un superamento dei valori di soglia, è necessario procedere con analisi più accurate al fine di dimensionare la portata dei rischi e dell’intervento.
2. l’introduzione con la nuova normativa, di uno strumento di calcolo del rischio: “L’Analisi di Rischio”. Lo scopo di questo strumento è di accertare quali siano i rischi effettivi per la salute umana, diretti e indiretti, connessi alle matrici ambientali (aria, acqua, suolo), in base alla quantità ed alle tipologie degli inquinanti presenti nel sito. Nel caso della Goccia l’analisi di rischio non è stata ancora sviluppata.

Analizzando i dati e gli studi finora condotti dagli enti preposti, è tuttavia possibile formulare alcune considerazioni sui probabili rischi derivanti dagli inquinanti presenti nel sottosuolo, in relazione alla possibilità di diffusione nelle matrici ambientali, e di contatto con l’uomo.

1) L’ARIA all’interno della ‘Goccia’ è da ritenersi presumibilmente simile a quella del contesto Milanese circostante, se non addirittura più pulita, grazie all’isolamento dal traffico veicolare e alla ricchezza di vegetazione. Questa supposizione è avallata dal fatto che nessuna analisi è mai stata condotta sull’aria outdoor né, tantomeno proposta in dieci anni di Conferenze dei Servizi, alle quali hanno partecipato tutti gli enti giuridicamente responsabili per la salute e per l’ambiente. Anzi, la proposta di effettuare tali analisi, è stata recentemente avanzata dal “Comitato la Goccia”[1], un comitato cittadino che da due anni a questa parte si è costituito per la salvaguardia del verde presente all’interno dell'area e affinché il procedimento bonifica venga svolto nella piena correttezza. Questa proposta non è stata accolta dal responsabile del procedimento: si deve dunque necessariamente ritenere che l’aria non presenti valori di inquinamento peggiori di quelli del contesto.

2) Per quanto riguarda la FALDA ACQUIFERA, sembra ragionevole supporre che, purtroppo, dall’inizio del ‘900 ad oggi, gli inquinanti storicamente presenti nel suolo siano stati già largamente dilavati dalle piogge. Più in dettaglio è necessario osservare come le analisi finora condotte non possono essere assunte come completamente probanti. I campioni analizzati, infatti, sono stati prelevati in maniera sporadica e contemporanea a monte e a valle dell’area, senza dunque considerare né il tempo di scorrimento dell’acqua di falda da monte a valle, né le condizioni metereologiche.

Comunque, i dati più recenti forniti dal Comune di Milano, mostrano che nella falda freatica, sono stati rilevati solo alcuni (Benzene, Toluene e Xilene) degli inquinanti storicamente presenti nell’area, e che tali inquinanti sono stati rilevati solo in pochi pozzi e in aree ben circoscritte. Ciò che è allarmante è invece la diffusa concentrazione, oltre i limiti ammessi, di solventi clorurati. Queste sostanze tuttavia non sono mai state utilizzate nei processi industriali che avvenivano all’interno del sito, ed è dunque da ritenersi che provengano da monte, e dall’esterno dell’area. Fermo restando la necessità di verifica, mediante metodiche adeguate delle origini di tali contaminazioni in falda, per superare le carenze analitiche sopracitate, è presumibile che nei punti in cui è appurata la presenza di inquinanti “storici” occorra procedere con l’asportazione e la bonifica del suolo. Tuttavia, dai dati finora resi pubblici questa circostanza sembra fortunatamente essere molto, molto circoscritta, e tale da non rendere necessario alcuno sbancamento di aree boscate.

3) Il TOPSOIL, ovvero lo strato di suolo superficiale, nelle aree coperte da vegetazione è presumibile che sia costituito da humus, cioè da materiale organico frutto della decomposizione di residui vegetali, formatosi e accumulatosi negli ultimi decenni. E’ logico pensare quindi, per quanto riguarda i rischi da contatto/ingestione per i possibili fruitori dell’area, che questo strato sia privo di inquinanti e di conseguenza non necessiti di alcuna bonifica. La normativa italiana definisce come suolo superficiale lo strato tra 0 e -1m di profondità, misura certamente eccessiva ed irragionevole se venisse assunta per valutare il rischio da contatto e ingestione occasionale da parte di fruitori dell’area. Le normative tedesca e spagnola ad esempio, definiscono il topsoil, come i primi 20/30 cm di suolo; la normativa svizzera considera addirittura solo i primi 5 cm! Tuttavia il Dlgs 152/2006 prevede che in detto strato si analizzi almeno un campione di terreno, ma senza affatto escludere la possibilità che detto strato possa essere scomposto e analizzato in più campioni. Esiste quindi la piena legittima possibilità, a patto di avere buona volontà, di creare un quadro preciso e distinto dell’effettiva presenza di inquinanti nei primissimi centimetri di suolo, quelli che realmente potrebbero comportare un rischio da contatto/ingestione da parte dei fruitori dell’area.

Anche in questo caso il Comitato La Goccia ha avanzato una specifica richiesta al Comune di Milano chiedendo di effettuare la ragionevole suddivisione analitica sopra citata: richiesta anche in questo caso, respinta. Il Comune di Milano intende invece considerare come rappresentativa delle concentrazioni di inquinanti sul suolo superficiale, la media dei valori presenti tra 0 e -1 metro; profondità quest’ultima alla quale gli inquinanti sono purtroppo presenti in misura rilevantissima e diffusa. In questo modo, si finirà per affermare, in modo totalmente arbitrario che tutto il primo metro di terreno è inquinato allo stesso modo, e quindi da bonificare.

Gli effetti di questa scelta, palesemente contraria al buon senso, potrebbero essere devastanti: comporterebbe infatti lo sbancamento di un’enorme quantità di suolo e di conseguenza l’abbattimento di quasi tutto il patrimonio arboreo attualmente presente. Inoltre, si verificherebbe un enorme incremento del costo della bonifica rispetto a quanto effettivamente necessario. Insomma: danno ambientale e danno economico entrambi garantiti!

Come già accennato in precedenza, una delle principali differenze tra la normativa italiana, e quella di altri paesi europei riguarda i valori indicativi delle quantità massime ammissibili di contaminanti presenti nel suolo. La vigente normativa italiana mette in relazione la quantità di inquinanti accettabili a due classi di destinazione d’uso dei terreni:
-verde pubblico/residenziale
-commerciale/terziario.

Gli indici tabellari riferiti alla destinazione d’uso verde pubblico/residenziale sono di gran lunga più restrittivi rispetto a quelli per il commerciale/terziario, in alcuni casi sono addirittura 100/200 volte inferiori. Confrontando questi valori con quelli di altre normative europee[2] (tedesca, spagnola e svizzera) è ancora più evidente come la nostra normativa sia eccessivamente penalizzante per il verde, con valori di concentrazioni di inquinanti in alcuni casi inferiori addirittura di 200 volte!
E’ possibile dunque affermare che la legislazione italiana facilita fortemente (e malignamente) sui terreni da bonificare, l’insediamento di terziario e commerciale piuttosto che la destinazione a verde pubblico.

Qual’ è ad oggi la posizione del Comune di Milano sul futuro dell’area?
L’ultimo progetto ufficiale sulla Goccia[3], risale al 2012 e prevede la realizzazione di 730.000 mq di slp (superficie lorda di pavimento), pari a circa 4.380.000 metri cubi reali (grazie alla generosissima normativa e prassi urbanistica milanese) sui circa 450.000 mq di superficie territoriale, con varie destinazioni, terziarie e residenziali. Questo vuol dire adottare un indice di utilizzazione di 1,32 mq/mq, pari a quasi quattro volte tanto il valore normale previsto dal PGT (Piano di governo del territorio) che è di 0,35 mq/mq e un indice volumetrico fisico di quasi 10 mc/mq!

Il Comune popone di realizzare 730.000 mq di slp pari a circa 4.380.000 metri cubi di volume reale

E’ paradossale il fatto che, per rimediare a un danno ambientale, l'inquinamento dei terreni, se ne debba creare un altro peggiore: la cementificazione quasi totale dell'area e la conseguente distruzione della maggior parte del grande patrimonio arboreo attualmente presente. Cementificazione programmata, per di più, in una fase di completa ipersaturazione dell’offerta immobiliare. Ancora più grave è che Milano non sia dotata di un vero piano territoriale metropolitano e di un vero piano dei servizi, dai quali risulterebbe evidente l’enorme potenzialità della Goccia per la realizzazione di una rete verde fondamentale per la città e per il suo hinterland.

La normativa del 1999 sulle bonifiche per molto tempo ha di fatto reso impossibile qualsiasi riuso dell’area ed in particolare la realizzazione del parco. La nuova normativa offre invece gli strumenti per raggiungere tale obbiettivo. In particolare, se l’analisi di rischio verrà condotta in modo corretto, i costi di bonifica potrebbero diminuire sensibilmente e il patrimonio arboreo e architettonico presente all’interno della Goccia potrebbe essere completamente conservato.

Durante l'ultima Conferenza dei servizi, l'Amministrazione ha annunciato che procederà con l'aggiornamento e l’integrazione della “caratterizzazione” dell’area secondo la nuova normativa e con l'analisi di rischio e che procederà quindi bonificando e pianificando l'area per stralcio di singole parti. Viene da chiedersi come sia possibile procedere per pezzi senza avere una visione d’insieme, a maggior ragione se si parla di un’area urbana degradata, isolata dal resto del contesto urbano, e decisamente carente dal punto di vista di tutte le infrastrutture. E come è possibile procedere alla bonifica per stralci senza fornire un quadro complessivo delle destinazioni d’uso, necessario ed obbligatorio ai fini dell’analisi di rischio?

Il comitato cittadino La Goccia, ha tentato in tutti i modi di stabilire un dialogo costruttivo con l’amministrazione comunale, senza ottenere per ora alcun risultato in termini di interlocuzione diretta, né riguardo alle fasi analitiche preliminari alla bonifica (caratterizzazione e analisi di rischio), né riguardo agli intenti sul futuro urbanistico dell’area. Di fronte a questo perpetuato rifiuto del dialogo, alcuni cittadini membri del comitato e del consiglio di zona si sono visti costretti a presentare un ricorso al TAR contro le evidenti storture del processo di caratterizzazione propedeutico alla bonifica, e di pianificazione urbanistica per parti avviato dal comune.
Sarà necessario andare fino in fondo con le carte bollate, o la giunta comunale accetterà finalmente un confronto?


[1] Per maggiori informazioni sul “Comitato la Goccia” visitare il sito www.lagocciabovisa.it o il profilofacebook www.facebook.com/comitato.lagoccia?fref=ts
[2]E’ possibilevisionare la tabella di confronto tra normativa italiana-tedesca-svizzera-spagnolaconsultando la tesi di laurea “Bovisa:dal Paradosso della bonifica ad un parcoper il quartiere”, cap 3.2.6 pag 75-80 all’indirizzo web: http://issuu.com/bdltesi/docs/bovisa_dal_paradosso_della_bonifica
[3] Il documento è interamente riportatonella tesi di laurea sopracitata al cap 1.3 pag 27-41
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