». Il manifesto, 23 aprile 2016 (p.d.)
La temperie dei social network, in particolare di quelli che chiedono di esprimersi con estrema sintesi e con la loro lingua schematico-primitiva, deve verosimilmente esercitare effetti nefasti sulle capacità del cervello umano.
Gli esempi di decadenza antropologica mostrato dagli infimi livelli di espressione delle opinioni che si è instaurato nel cyberspazio planetario, oggi ci regala un riscontro perfetto di questo stato delle cose. Il sindaco tory di Londra, Boris Johnson, ha commentato l’opinione critica espressa dal presidente degli Stati uniti nei confronti del Brexit, ovvero la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea a seguito di un prossimo referendum, con una reazione stizzita articolata in due epititeti: ipocrita e mezzo keniota! Ora, il primo, un insulto, può starci nella visione di un politico ultraconservatore, ma mezzo keniano è un fatto, il problema è che Boris l’imperiale lo usa come attributo infamante di stampo razzista.
Non male come esternazione del primo cittadino di una delle più grandi e importanti metropoli del mondo. La colpa imperdonabile di Barack Obama agli occhi di Boris è quello di essere un mezzo ex colonizzato, revanscista. Il suo retro pensiero inespresso, a mio modo di vedere, è: «come si permette questo mezzo negro di gettare fango sul nostro prestigio imperiale che ci permette di fottercene dell’Europa Unita».
L’insulto a Barak Obama, per ciò che riguarda le relazioni diplomatiche fra le due nazioni cugine, è un minuscolo incidente diplomatico, al quale per altro il presidente Usa sembra non attribuire la minima importanza. Per ciò che attiene all’ordine del discorso qualifica Johnson per quello che è: un residuato dell’infame colonialismo e del suo parto più coerente, il razzismo.
Ma per quanto interessa noi cittadini europei, l’esternazione di Boris Johnson sollecita una domanda. Cosa ci fanno politici come questo sindaco di Londra in Europa? Boris Johnson è solo uno di loro, ma questi personaggi stanno crescendo come funghi, l’arrivo di grandi flussi migratori favorisce populismi, parafascismi e nazionalismi di ogni sorta.
Gli eurocrati miopi e proni ai grandi interessi, nutriti da una cultura ottusamente economicista, non hanno considerato in prospettiva strategica il contrasto ad ogni eredità del velenoso passato dell’Europa. Hanno lasciato correre per quieto vivere o per pavidità i progressivi e crescenti rigurgiti di intolleranze, xenofobie e razzismo. Le pur sfiancate forze democratiche dell’Europa Comunitaria dovrebbero riprendere con forza, come un tonico per ritrovare senso, la lotta per affermare come priorità assoluta, i principi di Ventotene e quelli delle grandi Carte costituzionali.