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Tommaso Ciriaco
Bersani-Renzi ai ferri corti “Non faccio il figurante” “Così spiazzate gli elettori”
27 Febbraio 2015
Articoli del 2015
«La minoranza diserta l’assemblea convocata oggi dal leader L’ex segretario stronca Jobs Act (“incostituzionale”) e Italicum». Laggiù qualcosa si muove. Era ora!

La Repubblica 27 febbraio 2015
Lo schiaffo è fragoroso, visto che metà dei parlamentari del Pd diserterà oggi la riunione convocata da Matteo Renzi nella sede del Pd. Uno strappo clamoroso, il primo passo di un’escalation studiata a tavolino e condotta da Pierluigi Bersani. «Il metodo Mattarella - è la cruda fotografia di Alfredo D’Attorre - si è chiuso rapidamente». La guerra nel Pd, insomma, è sempre meno fredda. E lo ammette anche il leader: «Sono stupito - attacca - Nessuno vuole ricominciare con i caminetti ristretti vecchia maniera: noi siamo per il confronto, sempre. Non sprechiamo neanche un minuto in polemiche sterili e ingiustificate persino sugli orari e sulle modalità di convocazione di incontri informali. Il nostro popolo, quello che ci ha dato il 41% dopo tante sconfitte, non le merita».

L’origine del duello, a dire il vero, va rintracciata nella scelta di Palazzo Chigi di ignorare il parere delle commissioni competenti sul Jobs act. Per dirla con Bersani, «così si pone fuori dall’ordinamento costituzionale». A poco serve che Renzi si sgoli: «Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito». La competizione tra i cattorenziani e i renziani ortodossi, infatti, ha ridato vigore alle minoranze, spingendole a muoversi compattamente per disertare l’appuntamento di oggi.

A Montecitorio il clima è pessimo. I renziani provano a convincere i “dubbiosi del venerdì”. Fermano i peones, ricordano che è sconveniente saltare l’incontro con il segretario. Gridano pure alla struttura parallela dei bersaniani, denunciano il partito nel partito. Anche a palazzo Madama va in onda lo stesso film, con venti senatori della minoranza pronti a lamentarsi con il capogruppo Zanda dell’atteggiamento del segretario.

I capofila della rivolta, in ogni caso, militano proprio in Area riformista. «Non ci penso proprio a partecipare oggi - confida ad Avvenire Bersani - Io mi inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto». Un attimo dopo l’ex segretario sgancia la bomba: «Il combinato disposto tra ddl Boschi e Italicum rompe l'equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così, non accetterò mai di votare la legge elettorale». La controffensiva renziana è immediata e parecchio irriverente: «Se Bersani non vota l’Italicum rileva Ernesto Carbone - significa che preferisce il Porcellum. Nostalgia canaglia».

L’elenco di chi oggi volterà le spalle al premier, comunque, è lunghissimo. Molti dei Giovani turchi, in allarme per le grandi manovre in area renziana. E tantissimi deputati di peso, da Nico Stumpo a Pippo Civati, Rosy Bindi, Stefano Fassina e Gianni Cuperlo. «Sono in Sardegna - dice quest’ultimo - ma non ci sarei andato comunque».

Stessa linea di Ileana Argentin: «Sinistra Dem non va alla riunione. Sa perché? Non è che tu vieni un’ora, parli e noi applaudiamo. Un’assemblea è una cosa diversa». Ci sarà invece Francesco Boccia, ma solo per picchiare duro sul premier. «Invece di sabotare - reagisce il vicesegretario Lorenzo Guerini - colgano l'occasione per confrontarsi». Eppure, a sentire Massimo D’Alema la sensazione è che i rapporti interni possano addirittura peggiorare. «C'è una discussione vivace. E io spero che si faccia ancora più vivace»

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