Io considero l’avvento di Berlusconi una sciagura nazionale. Proprio quando l’Italia cessava di essere il terreno di scontro, combattuto senza esclusione di colpi fra comunisti e anticomunisti, col sostegno anche finanziario delle due superpotenze, e poteva avviarsi sul cammino della civiltà, si è invece affermata Forza Italia.
Siamo ancora un paese anormale. Tre reti televisive nazionali ufficiali, più due ufficiose, più due giornali, più due case editrici del peso della Mondadori e dell’Einaudi e vasti organismi pubblicitari, danno a chi li controlla, cioè a Berlusconi, un potere enorme di condizionamento dell’opinione pubblica. Lo stesso Berlusconi riconobbe questo fatto e nominò una commissione di tre saggi per trovare un rimedio, ossia il blind trust. Ma un rimedio di quel genere che consiste nell’affidare il proprio patrimonio a fiduciari che lo gestiscono autonomamente e senza informare il titolare, che può essere ipotizzato nel caso di un patrimonio composto da titoli o da beni interscambiabili, non è neppure concepibile nel caso di reti televisive la cui attività è tutt’altro che "cieca". L’Economist, che prima delle elezioni del maggio 2001 dedicò un lungo articolo a Berlusconi, scrisse che «in qualunque paese normale gli elettori - e forse la legge - non avrebbero concesso a Berlusconi l’opportunità di presentarsi alle elezioni senza prima obbligarlo a spogliarsi di molti suoi beni e delle sue vaste attività imprenditoriali». Con l’ascesa al potere di Berlusconi e dei suoi soci la situazione diventa ancora più grave, giacché l’uomo controlla anche le reti televisive pubbliche e in tal modo diventa il monopolista dell’intero sistema televisivo.
Uno storico come Denis Mack Smith, nell’ultimo capitolo della sua Storia d’Italia dal 1961 al 1997, afferma che Berlusconi dopo il 1994 aveva «urgente bisogno di riconquistare il potere politico per conservare il monopolio della televisione commerciale» e per «controllare la magistratura». Fu brutalmente esplicito col giornalista Curzio Maltese il principale collaboratore dell’azienda di Berlusconi, Fedele Confalonieri, quando gli disse: «Io ero contrario che facesse politica senza vendere le sue aziende, come si fa in democrazia. Ma se non l’avesse fatto oggi saremmo sotto un ponte con l’accusa di mafia. Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento per il lodo Mondadori». L’intervista è stata pubblicata da la Repubblica il 25 giugno del 2000 e non è stata mai smentita.
Il giudizio di Mack Smith e l’affermazione di Confalonieri spiegano perché divento nervoso quando mi dicono che la Casa delle libertà rappresenta la destra o il centro-destra: il capo è un ricco personaggio che pensa principalmente alla sua azienda e ai suoi problemi giudiziari. Che diavolo c’entra la destra?
Il riferimento di Confalonieri alla mafia è agghiacciante. Basta leggere il libro L’odore dei soldi di Elio Veltri e Marco Travaglio per valutare, ad esempio, il significato dei rapporti tenuti da Berlusconi con un personaggio che si rivelerà un mafioso acclarato come il celebre "fattore" di Arcore Vittorio Mangano.
Il brano è ripreso da la Repubblica dell'8 dicembre 2005