L’Unità, 19 gennaio 2014
Comunque vada per lui èun successo, al netto di un paio di uova marce all’entrata e qualche «ladrone» all’uscita.Trattandosi della tana del nemico di sempre, poteva andare sicuramente peggio.Basta vederlo, Berlusconi, salire le scale a chiocciola della sede del Pd alargo del Nazareno alle quattro del pomeriggio e captare quella leggera piegadella bocca che dice: eccomi qua, cacciato dal Parlamento con la targa del truffatore,sono tornato al tavolo di gioco e ci sono anch’io a dare le carte. È al terzopatto del suo ventennio politico: quello della “crostata” azzoppò D’Alema;quello più neutrale, in Parlamento, con Veltroni nel 2008 si rivelò un cappotto(a favore di Berlusconi); stavolta, dicono i suoi, «per lui è quasi irrilevantequello che succederà sotto il profilo tecnico. L’unica cosa che conta è che sialì».
Quale legge,quale sistema elettorale, quali soglie e quale premio è tutta roba cheBerlusconi delega durante l’incontro con Renzi all’esperto Gianni Letta,testimone di tutti i patti, e poi, per la limatura finale, a Denis Verdini chelo aspetta a palazzo Grazioli subito dopo il Nazareno. Il Cavaliere esce alle18 e 30 dall’uscita laterale della sede del Pd contentissimo di esserci stato(«magnifico palazzo, suggestiva terrazza» avrebbe commentato) e con unacertezza e due dubbi nella tasca della giacca blu. La certezza, ha spiegato unavolta tornato a palazzo Grazioli è che «due sono le calamite sulla scena politica,io e Matteo, gli altri si dovranno adeguare». Angelino & c, dovranno, sevorranno, tornare all’ovile.
I dubbi sonostati manifestati anche durante la riunione. Il primo riguarda il Pd: «Siamosicuri è stato detto al tavolo che adesso voi reggete questo ennesimo strappocon la vostra parte sinistra?». Il Cavaliere avrebbe deposto ogni intenzione diandare al voto a maggio per rinnovare il Parlamento. Ha davanti a sé dieci mesidi pena da espiare, qualche altra grana giudiziaria e non sarebbe in condizionedi affrontare una campagna elettorale. In questo senso è lui a chiederegaranzie a Renzi. Che gliele conferma.
Ilsecondo dubbio riguarda il Senato. Berlusconi farebbe esattamente quello chevuole Renzi: via tutto, cariche, elezione, indennità e soprattutto voto difiducia, mettere a lavorare i consiglieri regionali e creare un posto cherisolve a propri i conflitti tra Stato e Regioni. I due, in fondo, hanno intesta lo stesso concetto di semplificazione: decisamente lineare. «Il problemaha osservato al tavolo è farlo capire ai miei senatori...». Su questo avrebbechiesto a Renzi di essere lui a far la parte del poliziotto cattivo. Cosa cheinfatti il leader democrat ha fatto subito dopo in conferenza stampa: «Profondasintonia con Forza Italia: stop ai piccoli partiti, tagli alla politica graziealla riforma del Titolo V con deleghe specifiche per tagliare spese inutili etrasformazione del Senato in una camera per l’autonome delle Regioni, senzaindennità, senza cariche elettive e senza potere di fiducia».
Chissà chepensavano sopra le loro teste Ernesto Che Guevara e Fidel Castro seppur intentia giocare a golf nella famosa foto, ingrandita, di Roberto Korda che arreda, dasempre, la stanza del segretario democrat.
Lasciato ilNazareno, Berlusconi è tornato a palazzo Grazioli dove lo aspettavano DenisVerdini, l’uomo che da settimane tratta con Renzi con la mediazione del professorD’Alimonte sui contenuti tecnici della legge elettorale, e Niccolò Ghedini, ilsenatore avvocato ormai notaio di ogni passaggio chiave nella vita del Cavaliere.
Poco dopo,comunque dopo la conferenza stampa flash di Renzi, viene confezionato un videomessaggio. Che dice un po’ meno ma più o meno le stesse cose del segretario Pd.Prima di tutto c’è la benedizione di un metodo che è esattamente il suo, delCavaliere, se solo glielo avessero lasciato fare. «Si tratta di riformepuntualizza Berlusconi che il centro-destra da me guidato ha sempre ricercato eche la nostra maggioranza aveva approvato in Parlamento già nel 2006 ma che lasinistra vanificò con un referendum interrompendo così il percorso dirinnovamento avviato. Siamo quindi lieti, oggi, di prendere atto delcambiamento di rotta del Partito Democratico». E questo giusto per ribadire ilprimato di chi ha avuto l’intuizione giusta.
Berlusconi, anzi «ForzaItalia», dice anche di essere «molto soddisfatto per il metodo scelto dalPartito democratico per avviare un rapido e costruttivo confronto sulle riformeistituzionali. L'accordo con Renzi prevede una nuova legge elettorale che portial consolidamento dei grandi partiti in un’ottica di semplificazione delloscenario politico». L’auspicio è che la legge elettorale «sia largamentecondivisa». La promessa è che Forza Italia «appoggerà le riforme in Parlamento,trasformazione del Senato e alla modifica del Titolo Quinto della Costituzione.Due riforme indispensabili per ridare efficienza al nostro sistemaistituzionale, ridurre drasticamente i costi della politica e modernizzare ilPaese».
Il Cavalieredisarcionato, invecchiato, condannato, ha esercitato, come sempre, il suoincanto. Vedremo se, anche stavolta, si trasformerà in inganno. Quel paio didubbi, in ogni caso sono già alibi perfettamente serviti per far saltare ancheil terzo patto. Firmato, è il caso di ricordare, nel ventennale della firma dalnotaio per la nascita di Forza Italia. «Oggi nasce la terza repubblica» hatwittato Capezzone. Simbologia e ricorrenze vanno sempre rispettate.