Bellosguardo, sarebbe troppo facile giocare con la toponomastica e fare ironia sulla nuova visione che ci apparirà se il progetto di costruire case a quattro piani verrà realizzato; se i cittadini, impegnati a difendere l’integrità di un ambiente che non è bene loro esclusivo ma lo è di tutti noi, saranno sconfitti dall’arroganza del municipio fiorentino e di quanti altri poteri pubblici abbiano condiviso se non promosso lo scempio. Molto più giusta l’arrabbiata protesta e denuncia di Stefano Fatarella, urbanista pubblico che sa bene cosa è in gioco quando si tratta di paesaggio, di bellezza degli ambienti storicamente consolidati, in particolare nella amata Toscana. Ma che conosce altrettanto bene le malefatte delle amministrazioni pubbliche in materia di città e di territorio, di pianificazione urbanistica mancata o effettuata, quando non è più la patente di destra o di sinistra a distinguere. Lo ringraziamo (pluralis concordiae) per la lettera del 30 giugno e la chiara documentazione con la passeggiata attraverso “luoghi famigliari a tutti i fiorentini e agli amanti della natura”. E ringraziamo l’articolo di Tommaso Galgani (Tre palazzine a Bellosguardo? I cittadini non ci stanno, l’Unità 30.6.06), che non fa caso, appunto, alla patente di chi guida ma guarda dove costui andrebbe a sbattere (ad ogni modo l’offesa l’abbiamo già subita). Veniamo informati che “nel cuore di una zona protetta… non si potevano nemmeno costruire delle serre o piantare alberi ad alto fusto” e che “pur di concedere la licenza edilizia un paio d’anni fa è stato modificato il piano regolatore”. La soprintendenza è d’accordo, hanno detto. Allora?
Con il caso Bellosguardo siamo in pieno dentro alla tipica italica atmosfera avvolgente persone e istituzioni che accettano qualsiasi comportamento indecoroso quando non si tratti di reato (poi, al contrario, reati ne approvano a iosa declassando preventivamente la violazione delle regole). I poteri locali dei diversi gradi, aumentati enormemente a seguito delle pesanti riforme normative ed elettorali la cui pericolosità non si è mitigata con gli anni trascorsi dall’adozione, usano in maniera perfino provocatoria la possibilità di segnare il destino del territorio e della città a loro piacere. Vale a dire a piacere di chi nella città e nel territorio comanda davvero o è il partner più “qualificato” (doverose virgolette). Dimenticati o rimpianti i tempi degli obbligati dibattiti e controlli dei Consigli.
“A Firenze come a Bologna il nemico delle colline delle nostre città ha un solo nome: speculazione edilizia” (presentazione in Eddyburg dell’articolo di Galgani). Bisognerebbe togliere il termine solo. La speculazione non cade dal cielo come malefica pioggia acida, nasce dal suolo “privato” ma anche “pubblico” previo allevamento nella pancia di politici, amministratori pubblici, industriali e finanzieri, con primaria responsabilità, però, di chi ha il mandato di governo anche sul suolo, si presume secondo gli interessi sociali e culturali della collettività, non di una corporazione o di una cricca o di un caporione, o anche del pur incorrotto partito.
Come sopportare ancora il linguaggio insensato frequente in certa sinistra (o centrosinistra) per mistificare fior di operazioni lesive dell’ambiente storico, di quel poco che resta più o meno intatto nel nostro paese? E’ possibile che in una città ritenuta colta, o quantomeno memore di alta cultura, un multiassessore – Riccardo Conti – ci ricordi che le colline sono aggredite, la rendita immobiliare domina, le seconde case proliferano e poi vaneggi (“si perde dietro cose vane”, Garzanti, p.1918) di valori del passato quali “ingredienti per uno sviluppo sostenibile e per una competitività che si fonda sull’eccellenza e l’innovazione, due obiettivi del nuovo Piano di indirizzo territoriale”? (“Newsletter” dell’assessorato, n. 5 del giugno 2006, avuta da Fatarella – sottolineature mie). Basta con l’ossimoro s.s.! E cosa sarebbero ‘ste competitività eccellenza innovazione in materia di territorio e paesaggio? Cosa fare di un vecchio paesaggio intatto per renderlo competitivo? Diamine, basta ringiovanirlo, modernizzarlo, innovarlo (altra parola d’insopportabile impiego ripetitivo nel centrosinistra), ossia rimpinzarlo di quella roba ben nota che ha cancellato la bellezza paesaggistica italiana.
Ci siamo battuti sempre nei tempi andati per l’autonomia locale contro il sopruso prefettizio e governativo. Che sia giunto lo strano tempo del contrario e di augurarsi interventi di saggi governi nazionali per drizzare vassalli valvassori e valvassini?
Bellaciao, collina toscana; è arrivato l’invasor. È il falso amico tuo paesano. Forza cittadini di Bellosguardo, dategli una botta