Sul promontorio di Capo Vaticano, che Giuseppe Berto definì «uno dei luoghi più belli della Terra», svettano due ville «transgeniche». I proprietari hanno scavato due enormi buche, ci hanno costruito dentro il pavimento e le pareti e chiesto il condono: vasche di irrigazione. Poi, tolta l'acqua, rimossa la terra intorno, aperte le finestre, ci hanno piazzato sopra un tetto et voilà: due ville.
Uno Stato serio le butterebbe giù con la dinamite: non prendi per il naso lo Stato, nei Paesi seri. Da noi, no. Anzi, nonostante sia sotto attacco da anni l'unica ricchezza che abbiamo, cioè la bellezza, il paesaggio, il patrimonio artistico, c'è chi torna a proporre un nuovo condono edilizio. L'ha ribadito Fabrizio Cicchitto: «Se serve si può mettere mano anche al condono edilizio e fiscale. L'etica non si misura su questo ma sulla capacità di trovar risorse per la crescita». Ricordare che lui e gli altri avevano giurato ogni volta che sarebbe stata l'«ultimissimissima» sanatoria è inutile. Non arrossiscono. Ma poiché sono trascorse solo sei settimane dalle solenni dichiarazioni berlusconiane di guerra all'evasione (con tanto di spot) vale almeno la pena di ricordare pochi punti.
Il primo è che la rivista «Fisco oggi.it» dell'Agenzia delle Entrate, al di sopra di ogni sospetto, ha calcolato che dal 1973 al 2003 lo Stato ha incassato coi condoni edilizi, tributari e così via 26 miliardi di euro. Cioè 15 euro a testa l'anno per italiano: una pizza e una birra. In cambio, è stato annientato quel po' che c'era di rispetto delle regole. Secondo, il Comune di Roma, per fare un esempio, dai due condoni edilizi del 1985 e del 1994 ricavò complessivamente, in moneta attuale, 480 milioni di euro: 1.543 per ognuna delle 311 mila abitazioni sanate. In compenso, fu costretto per ciascuna a spenderne in opere di urbanizzazione oltre 30 mila. Somma finale: un «rosso» di 28.500 euro ogni casa condonata. Bell'affare…
Terzo: la sola voce di un possibile condono, in un Paese come il nostro, dove secondo gli studi dell'urbanista Paolo Berdini esistono 4.400.000 abitazioni abusive (il che significa che una famiglia italiana su cinque vive o va in ferie in una casa fuorilegge) scatena febbrili corse al mattone sporco. Ricordate le rassicurazioni dopo l'ultima sanatoria? Disse l'allora ministro Giuliano Urbani che il condono era limitato a «piccolissimi abusi, finestre aperte o chiuse, che riguardano la gente perbene». Come sia finita è presto detto: dal 2003 a oggi sono state costruite, accusa Legambiente, almeno altre 240.500 case abusive. Compreso un intero rione, vicino a Napoli, di 73 palazzine per un totale di 450 appartamenti.
Non bastasse, tre condoni hanno dimostrato definitivamente un fatto incontestabile: tutti pagano l'obolo iniziale per bloccare le inchieste e le ruspe, poi la stragrande maggioranza se ne infischia di portare a termine la pratica nella certezza che la burocrazia si dimenticherà di loro. Solo a Roma i fascicoli inevasi delle tre sanatorie sono 597 mila. Di questi 417 mila giacciono lì da 25 anni.
E vogliamo insistere con i condoni? Piaccia o no a chi disprezza i «moralisti», salvare ciò che resta del paesaggio d'Italia non è solo una questione estetica ma etica. E visti i danni già causati dagli abusivi al patrimonio e al turismo, anche economica.