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Rinaldo Gianola
Bassetti: «Milano, la Chiesa e le imprese voltano le spalle a Berlusconi»
24 Maggio 2011
Articoli del 2011
La significativa adesione alla candidatura di Pisapia di Piero Bassetti, uno dei più lucidi esponenti della borghesia cattolica milanese. L’Unità, 24 maggio 2011

Il sistema economico si è stancato delle promesse rimaste sulla lavagna di Vespa. Il potere di seduzione del berlusconismo è finito. Il cardinale parla di «primavera». una bella novità

«La destra di Berlusconi e della Moratti è disperata e non ho alcun dubbio che fino all’ultimo momento userà l’insulto, l’inganno e la menzogna, cercherà la provocazione per provare a cambiare il risultato elettorale». Piero Bassetti non è un estremista, nè un frequentatore di centri sociali o un radicale islamico: viene da una famiglia di industriali, è sempre stato democristiano, idealizzava le regioni e il federalismo quando ancora Umberto Bossi suonava le canzoni degli Inti Illimani e frequentava le scuole per corrispondenza.

Bassetti e i suoi amici, assai moderati, del gruppo «Oltre il 51%» si sono schierati con Giuliano Pisapia e questa sera presentano le loro proposte di governo della città, «Milano civica, Milano riparte» con il contributo anche di esponenti del Terzo Polo. Bassetti, cosa vede in questi ultimi giorni di campagna elettorale? «La destra è allo sbando, ma pericolosa. Lo dimostra la somma di assurdità sparate in questi giorni: i ministeri a Milano, il condono delle multe, la ventilata “No tax area”. Sono proposte che non stanno nè in cielo nè in terra. Però dobbiamo stare attenti».

Perchè? Cosa teme? «Sentono la sconfitta che si avvicina, ma non sono diventati tutti scemi. Mi preoccupa la loro voglia di cercare la provocazione. Basta vedere Berlusconi in visita in ospedale alla signora caduta al mercato, oppure la tecnica Sallusti che titola sul Giornale “Brigate Pisapia”. Sono segni preoccupanti, mi aspetto di tutto da questi signori».

Milano è pronta a dare una spallata a Berlusconi? «Penso proprio di sì. Ci sono novità molto interessanti. Prima di tutto la posizione della Chiesa ambrosiana. Ancora una volta la Chiesa esercita la sua vocazione storica, di accompagnare con responsabilità il cambiamento in Lombardia. È di grande significato che il cardinale Tettamanzi parli di “una primavera per la città”. La Chiesa ambrosiana non è mai mancata nei momenti storici e difficili, come dopo Bava Beccaris o come nel 1945, alla caduta del fascismo. Il mondo cattolico ha preso coraggio e sente di poter contribuire al cambiamento».

E i suoi amici industriali, quel che resta della famosa borghesia milanese, sono pronti a tradire il berlusconismo dopo averlo apprezzato e condiviso? «Sì, questa vicenda segnerà un passo avanti della democrazia italiana e anche le imprese hanno capito che non possono abdicare. Soprattutto il tessuto economico e gli imprenditori si sono stancati di Berlusconi, Milano si rende conto che il governo non ha fatto nulla per favorire le enormi potenzialità e occasioni di sviluppo della città. Milano è la sola glocal city a sud delle Alpi, è l’ unica città di grande dimensione capace di avere un rapporto con l’Europa e il mondo, ma le promesse di Berlusconi sono rimaste sulla lavagna di Bruno Vespa. Milano e le imprese non vogliono regali, ma un governo capace di accompagnare lo sviluppo, l’innovazione, le infrastrutture, i grandi progetti a partire dall’Expo».

Così gli imprenditori solo ora si sono accorti che Berlusconi non è credibile? Dove avete vissuto fino a oggi? «È vero, capisco la perplessità. Gli industriali, poveretti, ci hanno messo 17 anni per uscire dall’influenza di Berlusconi e del suo populismo televisivo, basato sul tifo. Il potere di seduzione del berlusconismo è stato forte e diffuso, ma oggi si è esaurito. Lo dimostra anche la freddezza delle Assise confindustriali. Siamo a un punto di svolta, ci possono essere ancora difficoltà ma se Berlusconi perde Milano si apre una nuova fase di speranza e di cambiamento per la città e per il Paese».

La sua scelta pubblica a favore di Pisapia non le ha provocato proteste o critiche da parte dei suoi amici imprenditori e moderati? «Quando stavo nella Dc e avevo certe posizioni per alcuni un po’ troppe aperte, di sinistra, mi capitava di essere criticato, c’era chi mi accusava di tradire le mie origini, la mia famiglia, i miei interessi. Ora che mi sono schierato pubblicamente contro Berlusconi ricevo solo telefonate di consenso e di appoggio».

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