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Piero Bassetti
Attenti, dietro questo passo c'è la secessione
17 Febbraio 2013
Difendere la Costituzione
Tra le Alpi e la linea del Po, con la proposta di costituire una "macroregione", si combatte una battaglia di rilevanza nazionale che va ben oltre gli schieramenti politici attuali: la proposta della costituzione di un emirato separatista. Intervista di Maurizio Giannattasio all'ex presidente della Regione Lombardia.
Tra le Alpi e la linea del Po, con la proposta di costituire una "macroregione", si combatte una battaglia di rilevanza nazionale che va ben oltre gli schieramenti politici attuali: la proposta della costituzione di un emirato separatista. Intervista di Maurizio Giannattasio all'ex presidente della Regione Lombardia.

Corriere della Sera, 17 febbraio 2013 (f.b.)

Piero Bassetti, lei è stato il primo presidente della Regione Lombardia. Cosa pensa del «patto» di Sirmione tra Maroni, Cota, Zaia e Tondo per la creazione di una macroregione del Nord? «Dobbiamo renderci conto che se Roberto Maroni dovesse diventare presidente della Lombardia e quindi dovesse vincere la sua proposta di macroregione, ci troveremmo di fronte a una svolta della storia nazionale».

Perché?«Perché contiene tutti i germi di una vera e propria secessione. È evidente che quando si propone la separatezza politica e finanziaria si propone un tipo di autonomia sottratta al termine centrale della solidarietà rappresentata dalle risorse. Vuol dire che siamo molto più vicini a un fenomeno di secessione piuttosto che di regionalizzazione».

La Lega torna alle sue antiche parole d'ordine?«È arrivato il momento di rendersi conto che la battaglia elettorale in Lombardia tra Umberto Ambrosoli e Roberto Maroni è una linea del Piave, è un fatto storico nazionale. La Lombardia non è l'Ohio d'America. È qualcosa di molto più profondo e importante. Anche il centrosinistra dovrebbe comprendere che qui non è importante vincere come fazione politica, ma bloccare un processo evolutivo che non è nuovo nella storia del Paese, perché questa è stata l'ipotesi che ha portato alla costituzione della Repubblica di Salò».

È l'esatto contrario di ciò che dicono i politici: la battaglia in Lombardia è fondamentale per il Senato e la governabilità del Paese. Lei dice che la vera partita politica invece si gioca in Regione.«Non c'è dubbio che è molto più importante quello che succederà a Milano piuttosto che qualche deputato in più al Senato. Anche per un altro motivo».

Quale?«In Lombardia chi si contrappone a un'ipotesi secessionista non è una coalizione politica riferita a uno schieramento nazionale. Ambrosoli non è il centrosinistra e neanche il Pd. La natura del patto civico che lo sostiene è proprio quella di trarre la sua spinta dalla società civile che non significa antipolitica ma solo un modo diverso di fare politica. E la società lombarda ha capito ben prima dei partiti il rischio che si corre in Regione e che la questione settentrionale non può essere risolta nell'ambito degli equilibri romani».

Sintetizzando. Da una parte lei vede il rischio secessionista nella proposta della macroregione. Dall'altra conferma che esiste una questione settentrionale che non può essere risolta a livello centrale. Come se ne esce? «L'Europa ha già scelto di impostare il suo futuro sviluppo sulla rete delle grandi aree urbane che da sempre la innervano, e che proprio alla glocal city a sud delle Alpi sta affidando il compito di fare da cerniera tra Europa del Nord e Mediterraneo. Ambrosoli lo ha capito bene e per questo ci siamo battuti perché fosse lui il candidato. Adesso lo stanno comprendendo anche altre forze politiche».

A chi si riferisce?«L'ha capito Ilaria Borletti Buitoni che insiste sul voto disgiunto per Ambrosoli. Ma anche rappresentanti del Movimento 5 Stelle che si preparano a dare il loro voto ad Ambrosoli».

Nota: ho provato ad aggiungere qualche riflessione in più a questa giustamente allarmata nota di Bassetti (f.b.)

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