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Francesco Ortolani
Atrani, zero prevenzione
15 Settembre 2010
Clima e risorse
«È impossibile mettere in sicurezza il territorio che è stato oggetto di occupazione diffusa e impropria, secondo le leggi della natura, occupazione». Terra, 15 settembre 2010

Il 9 settembre tra le 18,30 e le 19,00 circa la zona compresa tra Amalfi e Maiori è stata investita da un’intensa precipitazione che in un’ora ha fatto cadere al suolo da 50 a 70 mm; alla fine dell’evento circa 150 mm di pioggia hanno inondato la superficie del suolo. Il pluviometro di Ravello non ha registrato tutto l’evento perché l’interruzione dell’erogazione della corrente elettrica lo ha messo fuori uso. Alle 18,59 sarebbe giunto un fax della Protezione Civile Regionale al Comune di Atrani con il quale si avvisava che il pluviometro (prima del tilt) aveva registrato precipitazioni tali da fare scattare l’allarme “relativamente agli scenari di rischio per eventi pluviometrici della CLASSE I ..”. Si avvisava che avrebbe potuto verificarsi il disastro che ad Atrani era già in atto. L’eccezionale evento piovoso è stato causato da cumuli nembi che si sono autorigenerati sul versante sudorientale dei Monti Lattari tra Amalfi e Maiori. Il bacino imbrifero del Vallone Dragone (circa 5 kmq) che attraversa Atrani è incastrato tra ripidi versanti costituiti da rocce calcaree ricoperte in gran parte da suolo non incastrato nel substrato e da livelli di lapilli sciolti. La parte inferiore è prevalentemente terrazzata e coltivata mentre la parte superiore è coperta da castagneti e boschi cedui.

L’acqua di precipitazione generalmente si infiltra nel sottosuolo per cui solo le parti impermeabilizzate alimentano il deflusso superficiale. Eventi piovosi come quello del 9 settembre possono causare l’innesco e scorrimento di flussi fangoso- detritici rapidi che si alimentano con i sedimenti sciolti e inglobano i detriti eventualmente accumulati abusivamente nell’alveo. La vegetazione arborea che ha radici nel suolo non incastrato nel substrato non può impedire i dissesti citati. Altri dissesti si possono originare dai versanti ripidi boscati devastati dagli incendi a causa dello strato di cenere che impermeabilizza il suolo; così l’acqua che defluisce si trasforma rapidamente in colata detritico-fangosa che si riversa nell’alveo. Da circa 15 ettari di versante incendiato si possono alimentare flussi detritici incanalati che possono raggiungere portate di circa 100 mc/sec. Anche le colate rapide di fango che possono innescarsi nella parte alta del bacino, una volta raggiunto l’alveo vi si incanalano dando origine a flussi veloci con portate superiori alle precedenti.

Le immagini filmate evidenziano la considerevole portata del flusso che ha invaso l’abitato di Atrani trasportando tronchi, frammenti di legno bruciacchiati, grossi massi e inglobando decine di autoveicoli e moto nelle strade urbane.

Come al solito, il tratto urbano del vallone era stato trasformato in strada che scorre sul vallone; identica situazione di Casamicciola devastata dalle colate di fango del 10 novembre 2009. Il flusso fangoso detritico non è stato smaltito dall’alveo tombato e si è riversato sulla strada sovrastante devastando e causando la scomparsa di una ragazza. I primi rilievi evidenziano che per vari minuti l’alveo intubato del Dragone ha smaltito una consistente portata stimata intorno ai 100 mc/sec. In seguito all’incremento della portata il flusso fangoso ha completamente riempito l’alveo e si è riversato sulla sovrastante Via dei Dogi defluendovi con portata massima quasi simile a quella dell’alveo.

Le immagini amatoriali evidenziano che contemporaneamente in mare affluivano i due flussi (quello dell’alveo intubato e quello che dopo avere percorso la via dei Dogi aveva devastato la Piazza Umberto I infilandosi nell’arco aperto del viadotto della Strada statale trascinando in mare decine di auto e moto). Per vari minuti flussi velocissimi (velocità stimata tra 30 e 60 km orari circa) hanno scaricato in mare portate stimate intorno ai 200 mc/sec, nettamente superiori a quelle che l’alveo intubato poteva smaltire in sicurezza. Valutando che circa il 50% del flusso poteva essere costituito da acqua (il resto era detrito, tronchi ecc.) durante il periodo di portata massima possono essere stati smaltiti in mare da 20.000 a 50.000 mc di acqua circa. Da quale parte del bacino provenivano, l’influenza che possono avere esercitato eventuali rifiuti scaricati abusivamente in alveo, l’eventuale cedimento di terrazzi agricoli, eventuali colate di fango nella parte montana del bacino sono alcuni degli aspetti che saranno accertati al fine di “capire” l’evento e di elaborare adeguate proposte di messa in sicurezza. Il 20 agosto scorso avevo pubblicato un articolo dal titolo “I meteo-serial- killer (i cumulo nembi) si verificheranno anche nel prossimo autunno? Ancora indifesi aspettiamo che colpiscano” nel quale evidenziavo che, come è noto nella letteratura, i cumuli nembi (da me denominati meteo-serial-killer) sono perturbazioni che si innescano ed evolvono rapidamente localmente quando si verificano particolari condizioni atmosferiche; richiedono una particolare morfologia della superficie terrestre. E non si possono prevedere! Mentre le perturbazioni meteo che interessano vaste aree sono fenomeni prevedibili e tracciabili, non c’è nessun modello numerico in grado di avere una capacità predittiva di un cumulo nembo che interessa un’area limitata provocando precipitazioni fino a 100 mm all’ora. Questo fenomeno si è verificato il 1 ottobre scorso nel messinese, nell’aprile 2006 e il 10 novembre 2009 ad Ischia, tra il 5 e 6 maggio 1998 nel sarnese, il 19 giugno 1996 nella Garfagnana, tra il 24 e 25 ottobre 1954 nel salernitano. Le vittime sono state diverse centinaia. Considerando che i cumuli nembi hanno causato danni enormi e centinaia di vittime, che essi “agiscono” in maniera ripetitiva in relazione ai periodi e alle condizioni morfologiche e meteo, mi chiedevo “Come mai la ricerca è così indietro?”. Eravamo alla fine di agosto e prossimi ad uno dei periodi per l’attivazione del meteo-serial-killer e ancora indifesi i cittadini possono solo attendere sperando che non colpirà? è mai possibile che all’inizio del terzo millennio non si possa fare niente per la prevenzione? Dopo il disastro del messinese evidenziammo che l’attuale sistema di monitoraggio delle precipitazioni non è in grado di capire in tempo reale se un cumulo nembo stia investendo una parte della superficie del suolo. La prevenzione dei danni alle persone, almeno, può contare su circa 30-60 minuti di tempo, in relazione alle caratteristiche fisiche locali. Che si può fare in questo tempo ridotto? Solo attivare dei piani di protezione dei cittadini accuratamente preparati e sperimentati. Considerando che le persone potenzialmente esposte agli effetti devastanti dei meteo-serial-killers sono almeno 500mila in Campania e che è impossibile mettere in sicurezza il territorio che è stato oggetto di diffusa e impropria, secondo le leggi della natura, occupazione, si ribadisce l’importanza di avvertire i cittadini che si può attivare subito una difesa, almeno, della vita umana. Fatalità, imprevedibilità dell’evento, colpa di qualcuno? è già iniziato il solito “protocollo” di azioni post disastro che, finora, ha lasciato tutto come prima.

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