Il documento era pronto da settimane sulla scrivania del capogruppo del Pd alla camera, Roberto Speranza. Che solo martedì sera ha deciso di farlo conoscere a tutti i deputati democratici: ne dovranno discutere in assemblea entro fine mese. Per il momento le «considerazioni conclusive» firmate dai deputati Pd della commissione difesa sono dirompenti. C’è la richiesta di «rinviare ogni attività contrattuale» relativa ai caccia F35, in vista di «un significativo ridimensionamento» del programma di acquisto. E c’è soprattutto, come anticipato dal manifesto, la scoperta di oltre un miliardo di spese per armamenti «nascoste» al bilancio della difesa, e finite nei capitoli di altri ministeri. In pratica, rivelano i deputati Pd, la spesa per i sistemi d’arma sta già sforando la percentuale del bilancio della difesa considerata ottimale dagli stessi Stati maggiori. Tagliare si può, vedremo se Matteo Renzi saprà farlo.
Ad aprile la commissione difesa scriverà l’ultima parola di questa «indagine conoscitiva sui sistemi d’arma», decisa otto mesi fa come compromesso tra le allora larghe intese per evitare che il Pd seguisse Sel e Cinque stelle nella richiesta di cancellazione del programma F35. Prima l’assemblea dei deputati democratici si esprimerà sul documento. Nel gruppo Pd non mancano i sostenitori dell’accordo con la Lockheed Martin per il caccia americano. Ma c’è anche una componente, specialmente cattolica, che spingerà per confermare le indicazioni che adesso sono diventate pubbliche. Alla fine decideranno le ragioni di bilancio più che quelle del pacifismo e della Costituzione (l’F35 è un aereo esclusivamente d’attacco) o tecniche (nei test l’aereo sta accumulando insuccessi). Tra quest’anno e il prossimo si può recuperare circa un miliardo non dando seguito ai programmi di acquisto con la Lockheed. Soldi preziosi, tenendo conto che gli altri che dovrebbero arrivare dalla difesa sono assai aleatori, come i proventi della sempre annunciata svendita delle caserme.
Con il Pd su queste posizioni, assieme a Sel e M5S, non ci sarebbero problemi per bloccare gli F35 in commissione difesa. L’obiettivo però è arrivare a una mozione in aula che impegni il governo allo stop. E potrebbe persino non bastare, visto il braccio di ferro che gli Stati maggiori e direttamente il presidente della Repubblica hanno ingaggiato da tempo con il parlamento sulla titolarità a decidere sugli investimenti nei sistemi d’arma. La legge del 244 del 2012 ha restituito alle camere l’ultima parola. Ieri il Consiglio supremo della difesa dal Quirinale ha preso sì atto della necessità di risparmiare, ma ha rimandato le scelte concrete alla redazione di un «Libro bianco» della difesa, la cui cura è affidata al ministero. E martedì la ministra Pinotti ha raffreddato gli entusiasmi: non è detto, ha spiegato, che i risparmi arriveranno dagli F35.
Nel documento del Pd, però, non ci sono solo ragioni economiche contro il programma americano. Ma almeno altri otto buoni motivi per cancellare le commesse. Si va dal fatto che «non sono garantiti significativi ritorni industriali» alle considerazioni sull’embargo imposto dagli Usa sulla tecnologia sensibile. Inoltre, quanto al sito italiano di montaggio, «l’occupazione che si genererà non può considerarsi aggiuntiva a quella già attualmente impiegata nel settore aeronautico, ma solo parzialmente sostitutiva». Considerazioni di buon senso, contro le quali si è già alzato il fuoco di sbarramento: proprio ieri uno studio della Pricewaterhouse garantiva che l’assemblaggio degli F35 in Italia, a Cameri, può creare tra i 5 e i 6mila posti di lavoro. Si tratta di uno studio commissionato dalla Lockheed.
Oltre ai caccia, i deputati della commissione difesa del Pd invitano a ripensare il programma dell’esercito Forza Nec, altrimenti noto come «soldato digitale». Il fante italiano del futuro risulta essere progettato (appalto Selex) senza alcuna preoccupazione di interconnettività con le forze armate dei paesi alleati, Nato e Ue. Meglio fermare questo investimento (20 miliardi) fino a quando «i diversi sistemi nazionali saranno in grado di dialogare tra loro». Quanto alle spese per gli armamenti nel loro complesso, come detto, guardando nei capitoli del ministero dello sviluppo econmico, si scopre che sono ben oltre il 25% dei 14 miliardi destinati alla funzione difesa. Ci sono margini per recuperare più di un miliardo. E più di tutto si dovrebbe poter isparmiare in futuro. Se, come propone il documento, si costituirà anche in Italia un’Autorità di controllo sulla spesa per gli armamenti. Posto che i deputati Pd denunciano il «fenomeno ricorrente della presenza di figure apicali del mondo militare che vanno ad assumere posizioni di rilievo al vertice delle industrie della difesa». Su tutte Finmeccanica, presieduta oggi dall’ex capo del Sismi De Gennaro e dall’ex capo di stato maggiore della difesa Venturoni