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Arcus: il portafoglio di parenti e amici
1 Marzo 2010
Beni culturali
Negli articoli di Del Fra ed Emiliani i retroscena delle regalie di Stato a parenti ed amici dei potenti. Su l’Unità, 28 febbraio 2010 (m.p.g.)

Il segreto di Arcus La cassaforte dei ministeri

Luca Del Fra

Cade la manna dal cielo, sotto forma di un diluvio di 200 milioni di euro distribuiti da Arcus lungo il triennio 2010–2012: c’è già chi parla di un miracolo della Madonna di Pompei, per il suo santuario infatti arriveranno 3 milioni di euro, 16 per Cinecittà Luce, 3 e mezzo per la Valorizzazione del patrimonio diretta da Mario Resca. Niente miracolo però per la regione piegata dal terremoto e poi abbandonata: all’Abruzzo nel prossimo triennio vanno appena 3 milioni di euro, meno che alle istituzioni con cui collabora Elena Francesca Ghedini, ordinario di archeologia di Padova nonché sorella dell’avvocato di Silvio Berlusconi, il deputato Niccolò Ghedini. Gridano allo scandalo i sindacati Cgil e Flp Bac, e non senza motivo: a fronte dell’abbandono del centro storico de L’Aquila, oramai ridotto in poltiglia dall’inverno e pronto per ospitare una “new town” di quelle promesse a suo tempo da Berlusconi, il Lazio nei prossimi tre anni porta a casa circa 31 milioni di euro, 21 la Toscana del ministro Bondi, poi staccate le altre regioni, 14 il Piemonte, 12 la Campania.

Per ultime: 3 l’Abruzzo, 2,8 la Basilicata, 1 la Calabria. Fanno il pieno gli enti ecclesiastici che, oltre a cospicui restauri sempre pagati da Arcus e affidati alle Sovrintendenze o agli enti locali – è il caso del non bello (litote) santuario pompeiano –, ottengono finanziamenti per altri 20 milioni di euro direttamente erogati a parrocchie, conventi, congregazioni, ordini, diocesi e arcidiocesi. Qualcuno dietro questi fondi sente il passo felpato di Gianni Letta, una specie di risarcimento per le bagatelle del premier e per la campagna contro l’ex direttore di «Avvenire»: orate fratres. Ma anche le sorelle non se la passano male, e non pensiamo solo alle Clarisse di Santa Rosa (500 mila euro in tre anni), ma anche alla sorella di Niccolò, Francesca Ghedini, dal momento che l’università di Padova dove è ordinario ottiene 3 finanziamenti per il totale di 1 milione e 800 mila euro, ma anche la Scuola Archeologica di Atene e la fondazione Aquileia di cui è collaboratrice – come da pagina web della stessa Ghedini sul sito dell’ateneo patavino –, avranno rispettivamente 500 mila e un milione e mezzo di euro: totale 3 milioni e 800 mila. Quasi un milione più dell’Abruzzo. Spesso i progetti finanziati hanno titoli oscuri: «Roma fuori dai fori» oppure «Studi Cinetelevisivi Rodolfo Valentino».

E non sorprende: fondata nel 2004 Arcus è una Spa dello stato che ridistribuisce il 3% degli stanziamenti previsti per le infrastrutture, da investire in cultura. Inizialmente lo statuto prevedeva dovesse finanziare non la regolare attività delle istituzioni, ma progetti specifici e dal carattere innovativo. Una formula vaga, resa ancor più incerta da successivi ritocchi: nella prassi Arcus è la cassaforte dove i ministri che si sono succeduti alla cultura e alle infrastrutture hanno attinto per operazioni di facciata, disinvolte e talvolta anche opache. Tanto che nel 2007 Arcus è stata commissariata, e si scoprì che i soldi venivano erogati perfino per una tappa del giro d’Italia.

Ancora una volta la disinvoltura non manca: si finanziano teatri commissariati come il Carlo Felice di Genova o il San Carlo di Napoli, Mario Resca l’uomo assunto dal ministro Bondi alla Valorizzazione del patrimonio museale per attirare i capitali dei privati, per ora si prende quelli di Arcus, cioè dello stato, per la sua Direzione Generale e per l’Expò di Shanghai. I 16 milioni per Cinecittà vanno a un generico progetto di «Valorizzazione e rilancio della attività», senza considerare i 500 mila euro per la Fondazione Pianura Bresciana, in passato promotrice dell’indimenticabile Convegno sulle cinque razze autoctone dei suini. Ultimo paradosso, attraverso Arcus foraggia anche la Fondazione Banco di Napoli, vale a dire una di quelle fondazioni bancarie private che avrebbero per statuto quello di finanziare la ricerca, la cultura e così via. Altro che intervento dei privati nella cultura: questa è una pioggia gelatinosa di danaro pubblico.

ARCUS - La saga dei fratelli Ghedini

Vittorio Emiliani

Nella saga dei fratelli Ghedini l’avvocato del Cav, nonché deputato, Niccolò ha la faccia sempre più triste di chi proprio non la sfanga, poveraccio, con ‘sti giudici talebani, nonostante i “mavalà” lanciati in tv.

Sale invece e riluce vivido l’astro della sorella Elena Francesca, archeologa dalle mille attività ministeriali, a partire dal 2002. Prima di allora soltanto alcuni titoli accademici. Dal 2002, una fiumana, un’“esplosione”. E’ contemporaneamente nella commissione Infrastrutture con Lunardi ministro (l’uomo dei trafori), in quella della Protezione civile per i Beni culturali e nel CdA di Arcus, la “cassaforte” della cultura irrorata a pioggia. Di nuovo in ombra dopo il 2006, riemerge con le elezioni 2008: subito consigliere del ministro Bondi per le aree archeologiche; cooptata nel Consiglio Superiore quando Carandini rattamente accetta di subentrare al dimissionario Settis. Ma presiede pure la commissione per la gestione/valorizzazione dei Parchi Archeologici e figura nel gruppo di lavoro per riformare la Scuola di Atene.

Tralascio qualcosa? Certamente. Si fa prima a dire che, senza di lei, i beni archeologici non sanno stare. L’ambizione della superattiva Elena Francesca? “Riportare l’Italia al ruolo che le spetta nel panorama dei Beni culturali mondiali”. Una vera italiana, perbacco. E l’archeologia? “Salvo poche eccezioni, musei e aree archeologiche sono in condizioni disastrose”, poi si rende conto che le è scappata la mano e precisa: ”soprattutto per la comunicazione: didascalie spesso illeggibili e quasi sempre solo in italiano”. E se i milioni di Arcus li usassimo per ’ste benedette didascalie? Che dice, se po ffà?

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